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Caso Suarez, l’avvocatessa e l’esame farsa: “Avevo chiesto che il test avvenisse in presenza”

Maria Turco ha messo in contatto il calciatore con l’Università degli stranieri di Perugia

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E’ bastata un’intercettazione telefonica finita poi sui siti di tutti i giornali per far scoppiare il finimondo e perché i fari dell’opinione pubblica, inevitabilmente, si posassero su di lei. Lei è Maria Turco, l’avvocatessa che ha curato gli interessi di Luis Suarez, il calciatore del Barcellona chiamato a svolgere l’esame di B1 per ottenere la cittadinanza italiana. «Nelle mie funzioni di legale ho messo in contatto lo staff del calciatore Luis Suarez con l’Università degli Stranieri di Perugia. Tale contatto faceva seguito alla verifica dei requisiti necessari per l’ottenimento della cittadinanza italiana e alla constatazione che il calciatore non fosse in possesso del certificato B1, richiesto dalle normative in vigore». E’ l’introduzione di una lettera di una pagina e mezza che spiega che cosa è accaduto secondo la versione dell’avvocatessa. Che spiega, via via che si legge la lettera, che cosa a suo avviso è accaduto: «Quest’attività di contatto è riscontrata dalle mail intercorse tra l’entourage del calciatore e l’ente universitario, nelle quali, per pura cortesia, la sottoscritta è in copa ma non destinataria. In altre comunicazioni, dello stesso tenore, ho interloquiti con il Servizio Relazioni Internazionali Erasmus e Mobilità della stessa università per avere e trasmettere le indicazioni burocratiche circa l’erogazione del corso on line e l’eventuale successiva iscrizione all’esame in oggetto». E quindi arriviamo alla frase famosa intercettata dalla Guardia di Finanza e finita negli atti dell’inchiesta. Quel «vi porteremo altri giocatori» che potrebbe far pensare ad un interesse affinché l’esame di Suarez andasse in porto senza ostacoli. Ecco come Turco spiega quella frase: «Le mie parole, captate con intercettazione telefoniche, sono state oggi evidentemente per necessità di sintesi riportate fuori contesto e in maniera incompleta. Proprio nel corso di quelle conversazioni telefoniche, infatti, ho espresso chiaramente la richiesta che la procedura di esame avvenisse, come previsto, “in presenza” e senza alcun tipo di trattamento di riguardo rispetto a qualsiasi altro candidato». E aggiunge: «Un’analisi attenta di tali conversazioni potrà dimostrarlo senza ombra di dubbio».

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
24/09/2020 05:23:36


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