I beni degli ex dirigenti e amministratori di Banca Etruria non si possono sequestrare
I sequestri milionari erano scattati il 28 marzo 2019
La vcenda relativa a un adelle pagine più brutte dell'economia aretina, il fallimento di Banca Etruria, riserva ogni giorno dei fati nuovi. E’ giusto sequestrare case, ville e terreni ad amministratori e dirigenti della vecchia Banca Etruria, ma bloccarli in modo indiscriminato (“tout court”) non si può. Va contro la legge. Lo ha stabilito la Cassazione, affermando che i patrimoni personali degli ex dirigenti accusati di bancarotta, non si possono bloccare - come invece era avvenuto - senza essere prima stimati e commisurati al risarcimento del danno lamentato. Eccole qui le tanto attese motivazioni della quinta sezione penale della Suprema Corte che il 10 ottobre scorso, a sorpresa, ha cancellato i sequestri che erano stati decisi dal tribunale di Arezzo su richiesta di Giuseppe Santoni, il commissario della vecchia Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio in liquidazione.
L’ordinanza della Cassazione da un lato ha sancito il pieno diritto della banca in risoluzione a promuovere il sequestro conservativo in vista di possibili risarcimenti, prima che spariscano i patrimoni di chi può uscire condannato dal processo in corso. Ma nello stesso tempo la Suprema Corte ha rilevato gravi “vizi” nel provvedimento aretino, rinviando al Tribunale del Riesame una nuova e più corretta stesura della misura cautelare. Palla in corner, quindi, per gli ex Etruria, e più avanti vedremo cosa succederà.
I sequestri milionari erano scattati il 28 marzo 2019 con grande eco mediatica, il 14 aprile il giudice Marco Cecchi aveva rigettato le impugnazioni delle difese e così la questione era approdata a Roma. I ricorsi esaminati in Cassazione sono stati quelli di Mario Badiali, Federico Baiocchi Di Silvestri, Alberto Bonaiti, Piero Burzi, Giovan Battista Cirianni, Giampaolo Crenca, Natalino Guerrini, Giovanni Inghirami, Alberto Rigotti, Lorenzo Rosi.
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