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Sestino ha ricordato la figura di Vittorio Dini

Al Teatro "Pilade Cavallini" si sono ritrovati esperti in materia

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Nel teatro “Pilade Cavallini” si sono ritrovati docenti universitari, autorità, studiosi, nonni, famiglie. L’evento era un fatto intrigante: cosa vuol dire centenario della nascita di Vittorio Dini per Sestino?

Dopo il saluto del sindaco Franco Dori e del Prefetto di Arezzo, Clemente Di Nuzzo, che veniva a Sestino per la prima volta e sottolineava l’interesse suscitato da inimmaginati reperti archeologici, si susseguivano sul palco studiosi del settore sociologico, storico e umanistico, coordinati da Marco Renzi. Il Presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, telefonava al sindaco Dori, che, non potendo essere presente, sarebbe venuto presto a Sestino.

Vittorio Dini, docente di sociologia alle università di Urbino e di Siena, viaggiava settimanalmente tra Arezzo e Urbino, e quell’andare tra gli Appennini, in una stagione in cui le trasformazioni socio-ambientali – nei paesaggi di Piero della Francesca e di Raffaello - erano ormai evidenti dovette sentire più urgente salvare una “umanità” che rischiava la dimenticanza. Sestino era su quegli Appennini.

Incontrò sestinati e li indirizzò verso una “pedagogia” della “memoria”. Dopo un lavoro di prima organizzazione e divulgazione della sua proposta, si può dire che l’idea di Vittorio fu ufficializzata a Sestino. Il 26 febbraio 1978 fu organizzato, infatti, a Sestino un incontro “per esaminare il progetto di un erigendo Centro Studi per la Civiltà Appenninica”. sVittorio illustrò i tratti fondamentali della iniziativa e rilevava la necessità di una istituzione, che, prima, in Italia e in Europa, realizzi analisi socio-culturali in una fascia antropo-geografica delimitata, elevandola, quindi, a zona pilota; analisi che consentano di fare il punto storico sul passato, per recuperare i valori delle culture subalterne, dimenticate dalla cultura elitaria”.

L’idea prese campo, suscitò interesse nei Comuni e nelle Comunità Montane della Toscana, dell’Umbria, delle Marche e della Romagna. Sestino si trovò al centro di attenzioni plurime e, insieme a Monterchi, fu “zona pilota”.

Le ricerche coinvolsero giovani, anziani, scuola, istituzioni. Se al centro ci furono le “voci” delle persone, non furono secondari gli aspetti pratici del mondo rurale: la vita quotidiana, gli strumenti del lavoro, le case contadine, i lavori e il ruolo delle donne, le tradizioni religiose. Il mondo della cultura nazionale si ritrovò a Sestino, perché quelle centinaia di interviste, le migliaia di documenti cartacei e fotografici interrogavano tutti, costituivano reperti fondativi di una umanità in transizione. E per Sestino erano diventati elementi di una economia attrattiva ma anche lo stimolo a non perdere aspetti della propria identità.

Vittorio Dini era docente universitario ma il metodo era quello di “proporre” affinché dai territori sorgessero operatività, presa di coscienza.

Veniva spesso a Sestino: per condividere le ricerche, per partecipare a giornate indette dalla amministrazione comunale, per presentare volumi editi dall’Istituto Interregionale o con la sua partecipazione. Il mondo universitario e della cultura nazionale si incontravano a Sestino e – negli anni - hanno partecipato alle attività dell’Istituto.

Le attività di Dini e dell’Istituto Interregionale di Studio e di Ricerche della Civiltà Appenninica oggi rivivono uno straordinario interesse. Merito di Silvia Calamai e della sua Università di Siena e di Chiara Celata della Università di Urbino. Con un progetto finanziato da fondi PNRR sono stati digitalizzati i documenti sonori, riorganizzati gli archivi, avviati stimoli per ulteriori ricerche socio-antropologico-linguistiche perché il mondo non è mai statico.

Tutto questo lavoro - dopo una conferenza ad Arezzo - è stato illustrato appunto nel convegno di Sestino da Silvia Calamai, dai suoi collaboratori Fabio Ardolino, Lorenza Brasile e da Chiara Celata, della Università di Urbino, da Francesco Angelini - della Università di Bologna. Il progetto universitario, denominato STOA, così ha restituito con tecniche moderne i “reperti” socio-antropologi frutto del progetto Dini, in parte conservati presso l’ateneo del Campus di Arezzo, mentre analogamente circa 500 video-cassette sono tornate a Sestino.  Ma il gruppo di ricerca ha condotto anche una ricognizione linguistica e socio-linguistica contemporanea nei territori della Valtiberina toscana, mentre l’Università di Urbino ha avviato una moderna ricerca dialettologica in un’area tosco-umbro-marchigiano-romagnola, raccogliendo nuove testimonianze. A ciò si aggiunga che sono state progettate passeggiate sonore dall’invitante argomento: “Folclore e leggende al Sasso di Simone” e “Sestino, luoghi e storie”.

Il cammino per la conoscenza della “civiltà appenninica” riprende così un nuovo corso.

Redazione
© Riproduzione riservata
20/11/2025 10:13:08


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