Fu uccisa, uomo condannato ma per lo Stato è ancora viva. L'assurdo caso del giallo di Guerrina

Il suo corpo non è mai stato ritrovato
Sono trascorsi undici anni dalla scomparsa di Guerrina Piscaglia, la donna di 49 anni originaria di Cà Raffaello, frazione di Badia Tedalda (Toscana), per la cui morte è stato condannato in via definitiva a 25 anni di carcere il frate congolese padre Gratien Alabi. Nonostante la condanna confermata anche in Cassazione, Guerrina, il cui corpo non è mai stato ritrovato, risulta ufficialmente non deceduta per lo Stato italiano.
Questa anomalia burocratica ha conseguenze concrete: il conto corrente bancario della donna, aperto presso un istituto di credito a Novafeltria, in provincia di Rimini, risulta ancora bloccato. Senza un certificato di morte, la banca non può procedere alla chiusura del conto né consegnare le somme ai familiari.
Il quotidiano Il Resto del Carlino torna oggi sulla vicenda che, oltre al dramma umano, si intreccia con un paradosso legale. Guerrina Piscaglia scomparve il 1° maggio 2014, dopo essere uscita di casa per incontrare padre Gratien, con il quale avrebbe intrattenuto una relazione. Accusato di omicidio e occultamento di cadavere, il frate sta scontando la pena nel carcere romano di Rebibbia, continuando però a professarsi innocente.
Nel frattempo, la famiglia di Guerrina continua a chiedere giustizia. Attraverso i propri legali, il marito Mirco Alessandrini rinnova l'appello: "Padre Gratien dica la verità: vogliamo sapere dove si trova il corpo di Guerrina per poterle dare un degno funerale".
Parallelamente, si avvicinano alla conclusione le cause civili avviate contro la Diocesi di Arezzo. Il marito e il figlio di Guerrina, trasferitisi a Sansepolcro, chiedono un milione di euro di risarcimento, somma richiesta anche dalle sorelle della vittima.
La vicenda di Guerrina Piscaglia continua a rappresentare una ferita aperta per la sua famiglia e per l'intera comunità di Badia Tedalda, che non ha mai smesso di cercare la verità.
Guerrina Piscaglia e il frate congolese padre Gratien Alabi condannato per l'omicidio
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