Maxi evasione da 26 milioni di euro con le case di riposo: cala la parola fine ad Arezzo
Mini condanne per tutti
Cala la parola fine ad Arezzo nel processo Reses ex Agorà, la maxi evasione da 26 milioni di euro con le case di riposo in mezza Italia. Ultima sentenza quella emessa giovedì 14 novembre del gup Giorgio Margheri, con giudizio abbreviato, per i reati che i due imputati principali - furono anche arrestati e messi ai domiciliari - non avevano potuto patteggiare.
Questo l’esito: 4 mesi di reclusione per il patron del consorzio di cooperative Daniele Mazzetti, che porta così la condanna complessiva a 1 anno e 10 mesi; 2 mesi e 20 giorni per la stretta collaboratrice Letizia Beoni che arriva ad un totale di 1 anno 2 mesi e 20 giorni.
La vicenda fece molto rumore nel 2019: veniva contestata l’associazione per delinquere finalizzata a plurime evasioni fiscali, un sistema truffaldino verso lo Stato, fatto di acquisizione di risorse per cooperative che poi fallivano e venivano sostituite da altre, senza onorare gli impegni con l’Erario. Mazzetti, considerato deus ex machina della associazione, è assistito dall’avvocato Luca Fanfani.
La difesa, che ha limitato le conseguenze del processo, è intenzionata a proporre appello una volta depositate le motivazioni. Lo stesso può fare Beoni, assistita dall’avvocato Roberto Alboni. Nel processo celebrato con rito ordinario era stato assolto Roberto Vasai, ex presidente della Provincia, sempre difeso dall’avvocato Fanfani. Vasai, che collaborava con le cooperative, dopo il verdetto parlò di “fine di un incubo”.
Nel caso Reses Agorà, la sentenza più pesante è stata inflitta al commercialista Alessandro Corsetti, 2 anni e 6 mesi in primo grado, con ragioni difensive da proporre in appello. Nel percorso processuale molti indagati della prima ora sono stati assolti in abbreviato perché semplici prestanome, altri sono stati archiviati nel corso delle indagini.
Il caso scoppiò nel giugno del 2019 quando i militari della guardia di finanza eseguirono ordini di custodia cautelare nei confronti dei vertici della società. Secondo gli investigatori, risaliti con le indagini fino al 2013, ben 10 cooperative sarebbero state costituite e poi fatte fallire dalla stessa cooperativa madre, meccanismo che secondo la procura consentiva di evadere 26 milioni di euro.
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