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Badia Tedalda del vento: un danno incalcolabile all’ambiente e alla sicurezza del territorio

"Giustificare uno scempio sotto il nome di una falsa transizione ecologica é ridicolo"

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A breve, la “Conferenza dei Servizi” delibererà in merito all’impianto eolico industriale Badia del vento. Cittadini e alcune delle principali associazioni che operano nel territorio dell’Alta Valmarecchia e della Val Tiberina, impegnate nella valorizzazione e nella tutela del patrimonio ambientale e culturale, hanno depositato numerose osservazioni, accompagnate da un corredo di contributi tecnici che hanno evidenziato gravi criticità per un intero ecosistema. L’impianto così subdolamente denominato, infatti, non solo andrebbe a violare le norme nazionali e regionali poste a tutela del paesaggio, come già evidenziato nel parere negativo pubblicato dalla Soprintendenza di Siena, Arezzo e Grosseto, ma andrebbe a determinare un concreto rischio di disastro ambientale connesso alla sicurezza del territorio e alle modifiche irreversibili che andrebbero a concretizzarsi in caso di autorizzazione dell’impianto. È fondamentale ricordare che la documentazione presentata dalla società proponente non contiene infatti elementi sufficienti a colmare gravi carenze progettuali. Dal punto di vista geologico, non sono state infatti eseguite le PROVE IN SITO prescritte dalla regione Toscana con la surrettizia motivazione che le aree di intervento non risultano accessibili con mezzi meccanici, se non con auto fuoristrada. Come riportato da parte del Comitato Scientifico del CAI della Toscana nell’osservazione presentata a fronte delle integrazioni presentate dalla ditta proponente, «invece di eseguire le indagini essenziali a tutela del territorio prima di iniziare i lavori, si cerca addirittura di dare una giustificazione alla completa assenza di indagini geognostiche dirette, essenziali in un contesto di estrema variabilità geologica e di intensa tettonizzazione orogenica appenninica come quello scelto per ubicare l’impianto industriale eolico di notevole incidenza. Sembra che solo adesso ci si accorga che le aree di intervento non sono facilmente accessibili con i mezzi meccanici, ma questo fatto era noto anche al momento della infelice scelta di voler realizzare, in questo fragile contesto geomorfologico, il progetto in questione». A ulteriore dimostrazione dell’alta criticità delle condizioni idrogeologiche della zona, proprio in uno dei versanti a pochi chilometri e di fronte al Monte Loggio in cui insisterebbe l’impianto, lato Emilia Romagna, in Loc. Poggio Ancisa (Casteldelci), va ricordato che, nel dicembre 2009, si è verificato uno dei movimenti franosi più vasti degli ultimi 50 anni (frana, ancora oggi visibile, che ha spazzato via un intero versante, trascinando con sé la strada comunale tuttora impraticabile). Anche in data 16/05/2023, a seguito dell’alluvione che ha colpito i territori della Romagna, tra i tanti, si è registrato un ulteriore importante dissesto, verificatosi nello stesso limitrofo Comune di Casteldelci vicino all’abitato della Villa di Fragheto, anche in questo caso a poca distanza da dove si vorrebbe realizzare l’impianto. Nonostante tutto questo, si pretende di installare gigantesche pale eoliche alte quasi due volte il grattacielo di Rimini con tutto il loro indotto, sui fragilissimi crinali che franano ogni volta che si verificano i sempre più frequenti eventi metereologici di forte intensità.

L’impatto sul territorio sarebbe inoltre devastante considerato il necessario stravolgimento della viabilità per raggiungere i crinali. La viabilità esistente, costituita in buona parte da mulattiere, sentieri o strade vicinali «dovrà essere adeguata alle esigenze dei mezzi eccezionali per permettere il trasporto dei componenti delle turbine; la sede stradale dovrà essere ampliata fino a una larghezza MINIMA di 5,00 m» (SI BADI BENE MINIMA E NON MASSIMA). Negli stessi elaborati progettuali sulla viabilità è inoltre prevista la cementificazione dei tratti di strada con pendenza superiore al 18 %. Va inoltre tenuto conto delle previste significative alterazioni della componente forestale, con abbattimento del bosco. Negli elaborati presentati dalla proponente non vi sono, infatti, elementi di valutazione che consentano di computare i mq di aree boscate da abbattere per il passaggio dei cavidotti, per la creazione della viabilità infraparco ed extraparco e di aree boscate prospicenti a quelle prative in cui verrebbero posizionati gli aerogeneratori, anch’esse da abbattere. Il calcolo delle aree boscate da abbattere per la posa del cavidotto, risulta inoltre sottostimato in quanto non tiene conto degli spazi effettivi necessari al passaggio dei mezzi di movimentazione (escavatori, ruspe, ecc.) che entrerebbero in azione sui tracciati di interramento attualmente costituiti in gran parte da sentieri e mulattiere. Ci sembra evidente dedurre che gli abbattimenti sarebbero ben più ampi rispetto al perimetro dichiarato. Giustificare la realizzazione di questa opera equivale a gr, dove in ragione di un possibile abbattimento delle emissioni di anidride carbonica si prospetta il concreto abbattimento di ettari di bosco (fingendo di ignorare che gli alberi, nel loro ciclo vitale, assorbono la stessa anidride carbonica per creare sostanza organica e fingendo di ignorare che il regno vegetale, oltre a sostenere il mondo animale, è un grande serbatoio di biodiversità). Ambiente e biodiversità sono concetti indissolubili. Non è più accettabile che li si diversifichi o che li si contrapponga e giustificare “il sacrificio” del paesaggio, come se il paesaggio fosse un fattore meramente estetico e non, come va invece considerato, l’ecosistema nella sua interezza e complessità. Il concetto di sostenibilità è qui invece ridotto a mero slogan. Gli impianti di energie rinnovabili dovrebbero essere concepiti secondo semplici principi: essere collocati in aree idonee (zone industriali o da riqualificare, ai bordi delle autostrade, sopra i parcheggi etc), limitando il consumo di suolo, ed essere di dimensioni proporzionate. L’impianto Badia del Vento sarebbe invece un’operazione meramente devastante poiché previsto in prossimità di aree naturali protette e a ridosso di beni tutelati e non trova giustificazione alcuna proprio a partire dalla volontà della ditta proponente di secretare i dati del potenziale eolico, impedendo cioè a chiunque di verificarne la metodologia di rilevazione e la reale consistenza. La motivazione facilmente deducibile è che sui crinali appenninici il vento non è costante, prerogativa invece indispensabile perché le pale funzionino in modo efficace e redditizio.

Ripetiamo da mesi e non ci stancheremo di ripetere che L’impatto sul territorio sarebbe inoltre devastantei, nemmeno sotto il cappello della transizione ecologica.

Redazione
© Riproduzione riservata
28/08/2023 12:32:16


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