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La Piscina, l’Afra e “Lo Scorpione”: i luoghi indimenticabili della gioventu’ a Sansepolcro

e… delle amicizie vere ancora oggi in piedi

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Nessuna pretesa nostalgica di tornare agli anni ’70, per quanto belli siano stati: il mondo è cambiato, ma i valori di fondo rimangono gli stessi e non passano attraverso i social

Alcuni giorni fa, andando alle Piscine di Sansepolcro per un pranzo di lavoro (fra l’altro, debbo fare i complimenti alla cucina e ai gestori del ristorante per l’ottimo pesce che mi hanno servito), la memoria mi è tornata indietro di oltre 40 anni, un po’ come mi succede ogni anno quando metto piede in questo luogo magico. Noi 60enni di oggi ci siamo cresciuti, ci abbiamo trascorso la gioventù nel periodo estivo ed era il nostro mare di casa. Nuotate, tuffi – ricordo quelli spettacolari di Olinto Gherardi, che ci ha lasciato poco tempo fa e che ha collaborato con la nostra agenzia – e poi le mangiate in pineta e la partita a tennis. E come dimenticare le serate domenicali a ballare nel dancing della piscina, luogo delle prime avventure? Qualcuno potrà dire che ci divertivamo con poco, ma erano altri tempi rispetto a ora e – se mi permettete – gli anni ’70 sono stati i più belli dal dopoguerra a oggi: avevamo pochi soldi in tasca (parlo di noi giovani, perché a Sansepolcro in quel periodo l’economia andava a gonfie vele e nella maggioranza delle famiglie entravano due stipendi), ma tanta voglia di stare in allegria e di divertirsi. Anche nei contesti lavorativi c’era voglia di mettersi in gioco: d’altronde, le possibilità erano ampie. Non c’erano i social (per fortuna!) e i luoghi di ritrovo erano i bar, il corso e la piscina in estate. Ovviamente – come già ricordato appena sopra – di soldi ne avevamo pochi e allora se non era possibile qualche volta andare in piscina per mancanza di denaro c’era subito il luogo alternativo naturale: il Tevere e soprattutto l’Afra, torrente che tutti i ragazzi di allora frequentavano in estate; anzi, spesso i primi bagni sull’acqua corrente dell’Afra li facevamo persino a fine maggio, non appena l’anno scolastico era arrivato agli sgoccioli, tanto più che per qualche appassionato questo era anche il torrente nel quale andare a pesca. Chi di noi – intendo i 60enni – ha mai toccato l’acqua dell’Afra o addirittura non vi ha mai fatto il bagno? C’erano solo l’imbarazzo della scelta fra il Gorgo del Ciliegio (il punto più conosciuto e frequentato), il vicino Gorgo Buio, così chiamato perché è talmente riparato che il sole ci batte pochissimo nell’arco della giornata, oppure l’altrettanto conosciuto Cadutone, che si trova più sotto e che spesso era la meta di chi amava regalare performance con i tuffi. Spesso, l’Afra era frequentata quanto la piscina, specie quando c’era chi voleva stare in bella compagnia senza dare troppo nell’occhio. Nel ripensarci, mi viene in mente quanto l’esuberanza giovanile e la voglia di misurarsi contro il mondo ci abbia talvolta spinto a compiere gesti un tantino audaci, ma tipici di un’età nella quale siamo in genere più sfrontati e la sfida con il rischio ci esalta. Oggi, quelle stesse cose non le rifaremmo nemmeno se ci pagassero lautamente! Ma anche questo pizzico di sciagurataggine è alla fine servito per farci crescere, per farci maturare, per farci diventare uomini e per iniettare dentro di noi quella tempra che nella vita inevitabilmente serve. E ci ha lasciato anche un prezioso regalo: in quei tempi sono nate e sono state coltivate le amicizie che tuttora rimangono in piedi. Amicizie vere, quindi: erano momenti forti di condivisione, anche se questa parola – oggi comunissima – allora non era di moda, forse non era nemmeno presente come tale nel nostro vocabolario personale. A proposito quindi di amicizie – tema molto inflazionato – quelle erano vere anche perché non costruite sui social (il cui avvento era ancora lontano), né condizionate da motivi di convenienza. Amicizie vere perché amicizie pure. Oggi, invece, un’amicizia nasce meno in forma spontanea; o meglio, può anche nascere, purchè diventi utile in prospettiva, altrimenti è considerata una mezza perdita di tempo. Quando si affronta l’argomento, resta valido e saggio quel consiglio dei nonni o delle persone più grandi di noi, che poi è divenuto il principio cardine: gli amici veri si vedono nel momento del bisogno. La nostalgia di quei tempi non può far altro che riportare alla mente anche un altro aspetto: quello di una Sansepolcro che ha vissuto il suo momento di gloria. La città biturgense era un punto di riferimento per i giovani della vallata (quindi parlo di parte toscana e umbra), ma anche per quelli di Arezzo e di Perugia. La discoteca “Lo Scorpione” in inverno, la piscina in estate e il passeggio lungo il corso di via XX Settembre erano le grandi attrattive del Borgo per i ragazzi di quelle generazioni. Della serie: non ce n’era per nessuno. Venire a Sansepolcro era un piacere per chiunque, anche per chi non vi risiedeva e voleva far conoscere la bellezza della città all’amico di fuori che era venuto a trovarlo. Per i giovani, poi, nel fine settimana Sansepolcro era diventata di fatto una “esigenza”. Un motivo ci sarà stato. Nostalgia di quei tempi? Tanta, anche se mi rendo conto che il solo pensare di poter tornare indietro e riavvolgere il nastro sia un puro sogno. Sono cambiati i tempi, sono cambiate le dinamiche, sono cambiati i sistemi di gestione delle attività (il nostro amato corso ha perso tanti pezzi, anche storici, a livello di offerta commerciale), ma soprattutto è cambiata la gente, che oggi è portata a vedere il male da tutte le parti: da una parte perché c’è magari qualcuno che è stato bravo nel raggiungere determinati obiettivi, dall’altra perché è proprio una tendenza oramai radicata, quella di tenere atteggiamenti sostanzialmente prevenuti e suggeriti da un mondo che, quando c’è un qualcosa da conseguire a tutti i costi, si sta dimenticando persino dei valori etici. La mentalità individualista, forse stimolata anche dai media, ha avuto il sopravvento. Quel periodo a cui faccio riferimento è da ricordare anche per le grandi rivalità di campanile (lo sport non c’entra) con Anghiari e Città di Castello, i cui giovani avevano la caratteristica di essere molto “solidali”. Se insomma ti azzardavi a “toccare” un castellano o un anghiarese, si muoveva l’orda di compaesani, mentre sotto questo profilo al Borgo – lo debbo dire – eravamo meno uniti. Chi non si è mai imbattuto, in piscina come a “Lo Scorpione”, in quelle scazzottate che periodicamente si verificavano e non soltanto per apprezzamenti sulle ragazze? A volte, tutto originava dal tasso alcolico un po’ sostenuto di qualcuno. Ciononostante – e senza assolutamente giustificare la violenza, perché è sempre sbagliata – era un contesto più sano; prova ne sia che con tante persone un po’ più “attacchine”, con le quali ti eri scontrato, sono poi nate delle belle amicizie. Anche Città di Castello aveva il suo “mare” a due passi: il Sasso, un luogo bello – nulla da eccepire – ma non attrattivo come la piscina, che nella città tifernate sarebbe stata costruita a inizio degli anni ’80. Insomma, c’erano i “patrizi” e i “plebei” della situazione; il problema è che oggi i virtuali ruoli si sono invertiti: i primi sono divenuti i secondi e viceversa. Sto parlando non di persone ma dei contesti cittadini, ossia di Sansepolcro e di Città di Castello, che ha avuto la capacità di ribaltare la situazione a scapito di una Sansepolcro che si è un po’ troppo “seduta” sui propri allori e che ancora non ha smesso del tutto di “specchiarsi”. Chiusa la parentesi, arrivo alle conclusioni: impensabile tornare al bello scenario degli anni ’70 che ho descritto, vuoi perché adesso siamo adulti fino al punto che molti miei coetanei (sottoscritto compreso) sono già in pensione, vuoi perchè il mondo è cambiato, per certi versi in meglio e per altri in peggio. Abbiamo internet, che allora non c’era; abbiamo i telefonini che ci permettono di dialogare e di ritrovarci, mentre allora era un tantino più complicato. E abbiamo anche i social, che allora non erano nemmeno nei nostri sogni. La tecnologia è stata una grande invenzione, della quale però non bisogna abusare, esattamente come con il vino: un bicchiere a pasto è salute, una sbornia giornaliera può portare a conseguenze assai delicate. E allora, almeno nel periodo estivo che è meno frenetico di quello centrale per il lavoro e lo studio, cerchiamo per quanto possibile di far riposare i vari canali: adoperiamoli solo per pure esigenze di servizio, evitando il brutto vizio di servirsene anche come pericolosa valvola di sfogo. Riscopriamo la bellezza del contatto diretto con le persone, del dialogo con esse e non attraverso sigle e abbreviazioni adoperate nelle chat compulsive alle quali ci siamo abituati. La spersonalizzazione è la più grossa deriva alla quale rischiamo di andare incontro, Le stesse amicizie che, nate quando ancora ero ragazzo, riesco a coltivare tutt’oggi è perché sono reali, non filtrate attraverso computer e telefonino. E se durano, è perché in forma altrettanto reale si sono sempre alimentate.    

Domenico Gambacci
© Riproduzione riservata
28/07/2023 17:16:57

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Imprenditore molto conosciuto, persona schietta e decisa, da sempre poco incline ai compromessi. Opera nel campo dell’arredamento, dell’immobiliare e della comunicazione. Ha rivestito importanti e prestigiosi incarichi all’interno di numerosi enti, consorzi e associazioni sia a livello locale che nazionale. Profondo conoscitore delle dinamiche politiche ed economiche, è abituato a mettere la faccia in tutto quello che lo coinvolge. Ama scrivere ed esprimere le sue idee in maniera trasparente. d.gambacci@saturnocomunicazione.it


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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