Notizie Locali Attualità

Piazza Garibaldi a Citta’ di Castello: da Piazza Marsala a…Piazza Alberto Burri

È stata in passato il salotto buono dei tifernati

Print Friendly and PDF

Nel gergo comune dei tifernati e anche della gente del vicinato è la piazza dei pullman, o delle corriere che dir si voglia, perché è il luogo nevralgico del trasporto su gomma. Ma piazza Giuseppe Garibaldi è assai di più per Città di Castello: il suo destino sarebbe quello di trasformarsi in piazza Alberto Burri, obiettivo che l’amministrazione comunale – vedi in ultimo quella del sindaco Luciano Bacchetta – è tornata a perseguire, non solo quale doveroso omaggio a colui che è considerato il più grande artista contemporaneo e che a Città di Castello era nato, ma anche quale soluzione urbanistica di pregio per una piazza nella quale di affacciano l’imponente Palazzo Vitelli a Sant’Egidio e il vicino Palazzo Albizzini, sede di uno dei musei dedicati proprio a Burri, che proprio per questo luogo aveva in mente il suo sogno da realizzare. 

In principio - siamo nel 1861, anno della proclamazione dell’unità d’Italia – a Giuseppe Garibaldi era stata intitolata l’attuale piazza Venanzio Gabriotti, più conosciuta come la “piazza de sotto”. D’altronde, in ogni città era normale che la toponomastica tenesse in considerazione i personaggi del patrio Risorgimento, vedi Camillo Benso conte di Cavour, Giuseppe Mazzini, Vittorio Emanuele II, Vincenzo Gioberti e il generale Manfredo Fanti. La piazza della quale parliamo esisteva dal ‘500: proprio lì c’era la vecchia Porta Sant’Egidio e le mura di cinta vennero abbattute nella seconda parte del secolo per fare posto all’ultimo Palazzo Vitelli di stampo rinascimentale. La costruzione dell’edificio, il più importante della famiglia Vitelli, coincide in pratica con la storia della piazza, che nel 1890 venne denominata Marsala, nel ricordo della città siciliana in cui sbarcarono i Mille, per cui l’attinenza con Garibaldi c’era già allora. Ed era anche la piazza prospiciente l’antica stazione ferroviaria lungo la tratta Arezzo-Fossato di Vico, nella quale era stata collocata la statua in onore dell’eroe dei due mondi vicino al caffè o bar Appennino, ma in una posizione centrale a mo’ di aiola spartitraffico. Il cambio di denominazione avvenne in maniera definitiva nel 1896 e piazza Marsala divenne appunto piazza Garibaldi, nonché il nuovo baricentro della vita cittadina; la statua era già stata inaugurata il 3 luglio 1887, quando ancora si chiamava piazza della stazione ed è opera dell’artista lucchese Arnaldo Fazi. La cerimonia ebbe un successo che andò ben oltre le aspettative: fin dalle prime ore del mattino, un gran numero di cittadini si era riversato nella piazza e i treni di passeggeri erano accolti dal suono della banda cittadina. Racconta lo storico locale Dino Marinelli: “Si formò un corteo che da Porta Santa Maria imboccò il corso pavesato a festa con tante bandiere che sventolavano dalle finestre gremite di persone. Arrivati in piazza Garibaldi, oggi piazza Gabriotti, il lunghissimo corteo si avviò alla piazza del monumento. Qui giunte, le autorità presero posto al centro. Circa 600 erano i forestieri, presenti per tutte le associazioni cittadine. La piazza, come tutte le vie del centro, era addobbata da fiori e bandiere. Alle 11.30 avvenne lo scoprimento della statua. Le sembianze dell’eroe sono salutate dal suono di sette bande riunite. Commozione generale”. La costruzione della ferrovia e della stazione furono all’origine del primo intervento urbanistico dopo l’unita d’Italia. Acceso il dibattito sulla soluzione logistica, poi alla fine la commissione incaricata dal consiglio comunale – siamo nel 1880 - optò per l’area fuori Porta Sant’Egidio, ritenuta la migliore poiché vicinissima alle tre piazze principali della città. Tuttavia, ciò avrebbe comportato la sostituzione dell’antica Porta Sant’Egidio con una barriera e la sistemazione della piazza e delle vie di accesso, con l’avallo della principessa Rondinelli-Vitelli. Il Comune garantì che di fronte alla facciata del palazzo non vi sarebbero state edificazioni, per cui l’idea di piazza era evidente. Nel 1927, il Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti diede il permesso per la demolizione dei due “torrini” di Porta Sant’Egidio e del tratto di mura nell’antico giuoco del pallone, corrispondente all’attuale giardino di piazza Garibaldi. Il podestà di allora, Luigi Mignini, fece notare il contrasto fra il lato “ridente” di Palazzo Vitelli e quello “deserto” che si trova di fronte, ragion per cui vi venne appunto allestito il giardino, che avrebbe conferito decoro e razionalità alla zona, come ebbe a rimarcare lo stesso podestà. L’abbattimento dei “torrini” rese più ariosa la piazza, anche se l’aumentata mole di traffico finì con il rendere penalizzante la posizione in cui si trovava la statua, che nel 1935 venne trasferita al centro del giardino, quello accanto al noto bar Tassi. E anche la stazione avrebbe di lì a poco cambiato posto, in previsione dell’allungamento della ferrovia da Umbertide fino a Sansepolcro. “Negli anni ’40 – racconta Dino Marinelli – si andava lì per vedere la principessa Rondinelli, che amava indossare i guanti fino al polso, poi si fuggiva in questa piazza, nella quale dalla parte opposta era stato costruito il convento dei Gesuiti, nello stabile in cui oggi c’è l’agenzia di una nota banca, ma i dissapori esistenti con i signori di rimpetto costrinsero i Gesuiti a murare le finestre che davano sulla piazza; soltanto nel secondo dopoguerra sarebbero state riaperte”. Che piazza Garibaldi occupasse un ruolo centrale nella vita cittadina è ancora Marinelli a confermarlo: “Era qui che per lungo tempo si è tenuto il grande appuntamento con la tombola nel secondo giorno di svolgimento delle fiere di agosto; tanto e tale era il richiamo di questo evento che veniva gente anche da Sansepolcro e da Anghiari: le damigelle del posto, bellissime e ben vestite, si recavano al caffè Appennino per consumare il gustoso gelato. Solo all’indomani dell’ultimo conflitto mondiale, anche in questo caso, la tombola si sarebbe spostata in piazza Matteotti. Era un giorno di festa grande – prosegue Marinelli nel suo racconto integrato da aneddoti – e in una edizione della tombola la banda musicale cittadina si era schierata vicino al palazzo prima dell’estrazione dei numeri, occupando il territorio degli eredi dei Vitelli, che – molto contrariati - chiamarono polizia e carabinieri e fecero condurre in prigione tutti i musicanti. Nell’arco della stessa giornata, però, la questione fu chiarita, scoppiò di nuovo la pace e gli eredi dei Vitelli regalarono un caratello di vino. Per un lungo lasso di tempo, piazza Garibaldi è stata il salotto buono di Castello e l’Appennino, che al momento è desolatamente vuoto in attesa del nuovo gestore (peraltro, si è chiamato in ultimo “Agorà”), era il locale di ritrovo per i ceti medio-borghesi che vi andavano a degustare il caffè e a mangiare il gelato. Durante il ventennio fascista, ogni volta che si teneva il funerale di un camerata il corteo era solito fermarsi in silenzio davanti a Palazzo Vitelli, dove si mettevano tutti sull’attenti nel momento in cui si citava il nome del defunto, poi ripartivano alla volta del cimitero”.

Palazzo Vitelli a Sant’Egidio e Palazzo Albizzini: sono i due grandi edifici che si affacciano su piazza Garibaldi. Il primo è uno dei quattro che l’omonima famiglia fece costruire a Città di Castello dalla fine del XV secolo alla seconda metà di quello successivo. Fatto erigere dal condottiero Paolo I Vitelli, che era al servizio del Papato, è espressione della grandezza della città durante il periodo rinascimentale e della potenza della famiglia Vitelli. Progettato con ogni probabilità da Giorgio Vasari, risente nello stile architettonico dei legami con Firenze e sia nei portici che nella decorazione pittorica c’è molto di toscano. Le volte e le pareti sono state affrescate da Cristofano Gherardi di Sansepolcro e da Prospero Fontana. Al piano nobile c’è un complesso decorativo manierista da parte di una bottega emiliana di Prospero Fontana, oltre che del Pomarancio. La facciata posteriore si affaccia sui resti di un giardino all’italiana che comprendeva grotte e stalattiti, con a lato un boschetto di querce e allori delimitato da edifici annessi, fra i quali l’antica chiesa della Madonna della Neve, oltre alle antiche mura delle fortificazioni e il progetto architettonico del ninfeo, nelle cui nicchie vi sono 14 statue in terracotta rappresentanti le Virtù. Il complesso è completato dalla Palazzina Vitelli. Palazzo Albizzini, sede della Collezione Burri e della Fondazione, è separato da Palazzo Vitelli da una strada: si tratta di un altro elegante immobile della seconda metà del secolo XV, che oggi ospita una sezione di circa 130 opere di Alberto Burri, quali i primi catrami, le muffe e i sacchi degli anni ’50; nelle venti sale in cui sono allestiti i pezzi, seguendo l’ordine cronologico, si trovano poi legni e ferri, plastiche e cretti e grandi cellotex. A Palazzo Albizzini, aperto nel 1981, hanno sede anche la biblioteca, la fototeca e l’archivio con la bibliografia dell’artista, mentre l’altra grande esposizione dedicata a Burri si trova negli ex Seccatoi del Tabacco.    

Ai ricordi di Dino Marinelli, preziosa memoria storica tifernate, si aggiunge adesso un altro “storico” relativo alla piazza: quello di natura tecnico-urbanistica. Nel corso dei decenni, sono state soltanto due le mosse che ne hanno modificato l’aspetto: della prima, ossia lo spostamento nel giardino del monumento a Giuseppe Garibaldi avvenuto nel 1935, abbiamo già riferito. La seconda è relativa alla Fontana della Pace, una vasca di forma ellittica con cinque getti di acqua che venne realizzata negli anni ’50 proprio al centro, con un perimetro esterno verde che ne faceva un’aiola e che costituiva una sorta di biglietto da visita per chi entrava deviando dalla vecchia statale 3 bis. L’unica volta nella quale il divieto di tuffarvisi non è stato rispettato è stata in occasione del campionato del mondo di calcio vinto dall’Italia nel 1982: in quella nottata fra l’11 e il 12 luglio, nella quale un’intera nazione si abbandonò ai festeggiamenti, a Città di Castello alcuni decisero di fare il bagno in questa singolare piscina, che però avrebbe avuto davanti una vita breve. Di lì a poco, infatti, fu eliminata anche per motivi legati alla sua pericolosità: era recintata con un muretto alto appena una quarantina di centimetri e anche un bambino piccolo avrebbe potuto tuffarsi e finire dentro di essa, per cui si decise di fare prevalere la ragione della sicurezza. A questo punto, che cosa avviene? “Che matura l’idea di una sistemazione della piazza assieme ad Alberto Burri – dichiara l’ingegner Eugenio Bruschi, per anni dirigente del settore urbanistica e lavori pubblici del Comune di Città di Castello – ma il grande rammarico è quello di non aver capito il valore dell’opera. Il piano particolareggiato da tradurre in pratica, su idea proprio di Alberto Burri, risale all’oramai lontano 1984, per cui si parla di quasi quarant’anni fa. La sua finalità era quella di conciliare il progetto con le esigenze della città”. Burri aveva previsto un edificio in vetro al posto dell’immobile, oggi fatiscente, che ha ospitato la scuola elementare; il versante è quello della ex statale Tiberina, mentre al centro era prevista l’installazione della scultura delle tre “emme”, una più grande dell’altra. Anche la viabilità avrebbe subito modificazioni, poiché la piazza sarebbe divenuta soltanto pedonale. “Nel 1984 mi sono visto sei volte con Burri per studiare la soluzione – dice l’ingegner Bruschi - e insieme all’architetto Tiziano Sarteanesi abbiamo iniziato a redigere il piano, poi due anni più tardi, nel 1986, è stata approvata la convenzione fra il Comune e la Fondazione Albizzini, ma da quel momento nessuno ha fatto più niente. Peccato, perché saremmo stati gli unici ad avere tradotto in pratica un progetto urbanistico di Burri, richiesto da lui e comprendente la sistemazione di viabilità e parcheggi. La sua idea è insomma rimasta tale, senza prendere corpo e gambe, per cui si tratta di una grande occasione non sfruttata al momento giusto”. Negli ultimi anni, però, l’obiettivo della realizzazione di Piazza Burri è tornato di attualità; risale al giugno del 2018 l’approvazione in consiglio comunale dell’accordo di programma integrativo fra il Comune e la Fondazione Palazzo Albizzini-Collezione Burri, che intende ridisegnare piazza Garibaldi; al posto della scuola, è prevista una struttura di colore nero del volume di 16mila metri cubi, alta 20 metri nel punto massimo, con una lunghezza di 50 metri e una profondità di 16; a distanza verrà collocata l’opera TeatroScultura, ovvero cinque arcate su base circolare con diametro di 14 metri e altezza di 9, che unirà in una ideale linea retta i manufatti a Palazzo Albizzini sulla base del modellino a suo tempo realizzato dal grande artista. La struttura sarà in materiali moderni a tre piani di 735 metri quadrati e uno interrato, per un totale di 3mila metri quadrati. È l’ultimo sogno di Alberto Burri non ancora realizzato dopo il catalogo generale, i tre musei, il Teatro Continuo di Milano e il Cretto di Gibellina. Il costo ammonta a 15 milioni di euro, più gli altri 15 della valutazione di mercato del Teatro Scultura. Sarà finanziata dalla Fondazione e dalla società accreditata ad operare per interesse istituzionale dalle autorità degli Emirati Arabi, che insieme, dentro la struttura, gestiranno Alveare, un centro internazionale per la promozione di grandi progetti e grandi talenti. Piazza Burri sarà un “unicum” sotto diversi punti di vista: culturale, urbanistico ma anche procedurale. Il Comune manterrà in capo il controllo, si impegna a rivedere ed adeguare la viabilità. La realizzazione è prevista dal piano regolatore in adozione e dal piano di mobilità urbana, entrambe nel contesto del quadrante che comprende i Molini Brighigna e la zona retrostante l’attuale piazza Garibaldi. I tempi di completamento erano previsti allora per la primavera del 2020, ma ovviamente sono slittati. C’era stata una proroga al giugno 2021, ma vuoi per la pandemia, vuoi per altro, il desiderio di Burri è ancora lontano dall’essere esaudito, tanto più che da quella primogenitura sono già trascorsi oltre 35 anni. La speranza è che riesca quanto prima a prendere corpo: solo la traduzione in pratica di quell’idea può restituire (con interessi) a piazza Garibaldi il ruolo che occupava in passato per Città di Castello. E stavolta, la sua riqualificazione sarebbe determinante per la valorizzazione stessa dell’opera e della figura di Burri, nonché per la stessa città che gli ha dato i natali nel 1915. Dopo piazza della Stazione, piazza Marsala e piazza Garibaldi, l’area in questione è destinata a cambiare denominazione per l’ennesima volta. Certamente, un domani – quando il sogno di Burri sarà diventato realtà, ce lo auguriamo – non sarà più la piazza delle corriere, ma un nuovo punto di riferimento forte, che andrà a concludere il capitolo forse meno bello di una piazza nella quale lo spostamento del monumento e l’eliminazione della fontana, con anche il caffè Appennino chiuso (qualcosa vorrà pur dire), ha finito con il togliere ad essa le sue antiche prerogative, facendone un luogo di passaggio nel quale ancora si erge la maestosità di Palazzo Vitelli. Che ovviamente merita anch’esso un contesto diverso. 

Notizia tratta dal periodico l'Eco del Tevere
© Riproduzione riservata
04/07/2023 07:07:41


Potrebbero anche interessarti:

Ultimi video:

Crea un account o accedi per lasciare un commento

Bisogna essere registrati per lasciare un commento

Crea un account

Crea un nuovo account, è facile!


Registra un nuovo account

Accedi

Hai già un account? Accedi qui ora.


Accedi

0 commenti alla notizia

Commenta per primo.

Archivio Attualità

Inaugurata la struttura polivalente di Monterchi: al taglio del nastro il presidente Giani >>>

Weekend in Altotevere per Monica Bellucci tra Anghiari e Città di Castello >>>

Due nonne centenarie in Altotevere >>>

Cresce il Museo della Battaglia e di Anghiari: pronte anche nuove mostre >>>

La dea bendata bacia Monterchi: 100mila euro vinti al "10 e Lotto" al Duri's Cafè >>>

Anghiari e questa volta La Scampanata continuano a fare presa su Wiki Pedro >>>

Sansepolcro, antiche fondamenta scoperte durante i lavori in piazza Dotti >>>

L’ISIS Fermi di Bibbiena tra i vincitori di HealthBot 2025 >>>

Tiberina 3Bis: avviato il cantiere per il ripristino tra Valsavignone e Canili >>>

Lidia Tralci ha festeggiato 106 primavere a Cortona >>>