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Addio a Gerardo Bianco, una vita nella Democrazia Cristiana

L'ex ministro della Pubblica Istruzione ed ex segretario nazionale del Ppi, aveva 91 anni

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Gerardo Bianco, esponente storico della Democrazia cristiana, è morto stamane a Roma. Nato a Guardia Lombardi, in provincia di Avellino, il 12 settembre 1931, vincitore di una borsa di studio presso il Collegio Augustinianum dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, si laureò in lettere classiche a Parma, diventando poi docente universitario di storia della lingua latina e letteratura latina presso la facoltà di lettere e filosofia dell'università di Parma. In gioventù è stato attivo nella Federazione universitaria cattolica italiana.

Politico di lunghissimo corso, Bianco è stato deputato alla Camera tra il 1968 e il 2008 in 9 legislature (dalla V alla XV), 7 delle quali dal 1968 al 1994 con la Democrazia Cristiana, per la quale è stato segretario provinciale di Avellino, responsabile del settore della ricerca scientifica e dell’Ufficio Studi. 

Da sempre grande studioso, latinista, è stato condirettore della Enciclopedia oraziana presso l’Istituto della Enciclopedia Italiana. Considerato grande meridionalista, è stato presidente dell'Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d'Italia, fondata nel 1910, andando a ricoprire un ruolo che nel corso degli anni hanno ricoperto personaggi illustri come Giustino Fortunato, Benedetto Croce, Umberto Zanotti Bianco e Manlio Rossi Doria.

Nato politicamente vicino alla corrente della Dc «Base», composta prevalentemente da avellinesi e guidata da Fiorentino Sullo prima e Ciriaco De Mita dopo, se ne allontana nel 1978 per avvicinarsi a quella guidata da Carlo Donat-Cattin prima e Franco Marini dopo «Forze Nuove». Fu capogruppo a Montecitorio della Dc nel corso della VIII legislatura della Repubblica dal 1979 al 1983, dove collaborò con il Partito Radicale per approvare vari provvedimenti.

Durante la X legislatura della Repubblica è stato vicepresidente della Camera dei deputati dal 1987 fino al 1990, quando divenne Ministro della pubblica istruzione a luglio 1990 (fino a marzo ‘91) nel sesto governo Andreotti, che accettò contro la sua volontà su pressione di Arnaldo Forlani. Dal 1992 al 1994 ha presieduto nuovamente il gruppo della DC alla Camera. Personaggio di indiscussa moralità, è considerato nell'ambiente politico un uomo di cultura prestato alla politica. Ha caratterizzato la sua azione politica e di vita al rispetto delle istituzioni e dell’etica pubblica. Nel 1994, in seguito alla fine della DC, travolta dall'inchiesta di Mani pulite e dal processo per mafia a carico di Giulio Andreotti, aderisce al rinato Partito Popolare Italiano (PPI) di Mino Martinazzoli. Sempre nello stesso anno venne eletto Europarlamentare a Strasburgo del Partito Popolare Italiano (fino al 1999). Fu sempre affiancato dal suo principale segretario Francesco Cuoco detto Franco (mancato nel 2005). È stato direttore del quotidiano «Il Popolo», organo ufficiale della Democrazia Cristiana prima e del Partito Popolare Italiano poi, da agosto a settembre del 1995 e dall’ottobre 1999 all'aprile 2000.

Lo scontro con Rocco Buttiglione

Nel 1995 si schierò contro la virata a destra di Rocco Buttiglione, segretario del Partito Popolare Italiano, che l’8 marzo aveva deciso di allearsi con il Polo delle Libertà di Silvio Berlusconi in occasione delle elezioni regionali di quell’anno, in particolare in una lista unica insieme a Forza Italia, il Centro Cristiano Democratico (Ccd) e altri partiti con unione dei simboli, ignorando l’ipotesi di alleanze col Partito Democratico della Sinistra e il problema dell'impossibilità di formare alleanze con gli ex-missini di Alleanza Nazionale (AN), accettando de facto anche l'appoggio di An al secondo turno nelle elezioni amministrative del '95. Così Bianco raccolse intorno a sé una parte del centro e tutta la sinistra del partito, ottenendo la bocciatura della decisione del segretario dall'assemblea nazionale. Nei giorni successivi la votazione fu annullata dal collegio dei probiviri, ma tutto il Ppi procedette per vie legali ordinarie ed elesse lo stesso Bianco segretario. La lista scelta da Bianco venne denominata «Popolare» ed ebbe un simbolo inedito: un gonfalone bianco con sopra disegnato il profilo di uno scudo, il cui slogan adottato dai Popolari fu «lo scudo c'è, la croce aggiungila tu». Infatti l’uso del tradizionale scudo crociato era precluso dalla disputa in atto tra le due componenti per la proprietà del simbolo. Il 24 giugno 1995, a seguito di mesi e mesi di vertenze giudiziarie, venne finalmente raggiunta un'intesa tra le due componenti che facevano capo a Buttiglione e Bianco nel PPI: si sarebbero separati, dove quella di Bianco conserva il nome del partito (Partito Popolare Italiano) mentre quella di Buttiglione mantenne il simbolo storico (lo scudo crociato), con il quale a luglio diede vita ai Cristiani Democratici Uniti.

Politiche del '96 e presidente del PPI
Bianco ha guidato il partito per tre anni, contribuendo in maniera determinante alla nascita dell’Ulivo e all’elezione di Romano Prodi alla carica di Presidente del Consiglio. In quelle elezioni politiche del 1996, nell’ambito della coalizione dell’Ulivo, il partito ottenne il 6,8% dei voti e venne rappresentato nel governo Prodi I da tre ministri della Repubblica (Beniamino Andreatta, Michele Pinto e Rosy Bindi) e diversi sottosegretari, dove, come segretario del partito, avrebbe potuto candidarsi in qualsiasi collegio, ma scelse di rischiare candidandosi solo nel proporzionale. Nonostante la vittoria nazionale, Bianco non venne eletto parlamentare. Dopo quelle elezioni politiche del 1996, a gennaio del '97 lasciò la segreteria del PPI e viene nominato presidente del partito, carica che ricoprì fino al 2 ottobre 1999.

La Margherita di  Rutelli
Nel 2002 Bianco è uno dei principali rappresentanti della corrente contraria alla continuazione dell'attività politica all'interno de «La Margherita» di Francesco Rutelli, lista con cui il Partito Popolare si è presentato alle politiche del 2001. Secondo Bianco non si sarebbe dovuto operare rinunciando alle proprie bandiere, ma mantenendo ben manifesta le proprie identità e tradizione, senza la sospensione formale del Partito Popolare Italiano. Così, in parlamento aderisce al gruppo della Margherita, ma come indipendente. A novembre 2004 fonda, insieme ai parlamentari Alberto Monticone e Lino Duilio, il movimento Italia Popolare - Movimento per l'Europa, che, pur non essendo un partito, si propone di ridare una autonoma presenza organizzata ai cattolici democratici in Italia per non disperdere e mantenere viva l'anima ideologica che fu del Ppi. Alle elezioni politiche del 2006 è stato rieletto alla Camera dei deputati tra le liste dell'Ulivo ma così come non aveva condiviso la scelta di creare la Margherita, ancor meno condivideva la scelta di far sciogliere la stessa, insieme ai Democratici di Sinistra per dar luogo al Partito Democratico. Dopo l’elezione rimase per qualche tempo come indipendente nel gruppo parlamentare dell'Ulivo, per poi comunicare alle camere (il 15 febbraio 2008) attraverso la lettura di una lettera che suscitò gli applausi dell'intero parlamento, di non aderire al Pd e di passare al gruppo misto.

Rosa per l'Italia e Presidente dell'Associazione degli ex parlamentari
Successivamente, con il suo movimento Italia Popolare, e insieme a Savino Pezzotta e Bruno Tabacci, diede vita al progetto centrista della Rosa per l'Italia, partito svincolato dai poli e di ispirazione cattolica. Tale partito, nato a ridosso delle imminenti elezioni politiche è costretto a sposare l'idea di una lista unica con l'Udc di Pier Ferdinando Casini. Bianco decise di non ricandidarsi per favorire un rinnovamento, inserendo giovani del suo movimento. Ma nelle liste dei candidati dell’Unione di centro, cartello elettorale di Udc e Rosa Bianca, prevalse la scelta dell'Udc di affidare la composizione delle liste in Campania a Ciriaco De Mita, il quale si posizionò come capolista al Senato e candidò alla Camera un altro De Mita (nipote di Ciriaco). Entrambi, in quella tornata elettorale, non furono eletti. Successivamente è eletto presidente dell'Associazione Nazionale degli ex parlamentari che conta oltre 1500 parlamentari cessati dal mandato di ogni schieramento politico, carica che ricopre tuttora.Nel 2011 pubblica «La Balena Bianca. L’ultima battaglia 1990-1994» e nel 2012 «La parabola dell'Ulivo. 1994-2000».
Le reazioni
Il Quirinale ha inviato un messaggio: «Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha appreso con stato d'animo di tristezza la notizia della scomparsa di Gerardo Bianco, leale servitore delle istituzioni, politico appassionato, ricco di cultura e di umanità».

Mentre il senatore democratico, Dario Franceschini, commosso, commenta: «Gerardo Bianco era un uomo libero, colto, coraggioso, buono. Senza di lui non sarebbe nato l'Ulivo e soffriva che questo non gli fosse pienamente riconosciuto. Era antico e moderno insieme, custode della nobiltà della politica ma capace di capire il nuovo. Uno dei Grandi della Democrazia Cristiana. Per me un amico e un maestro. Ciao Gerardo».

E il segretario del Pg Enrico Letta: «Un uomo libero e coraggioso, ha avuto un ruolo fondamentale nella storia politica italiana. Anche grazie a lui è nato il centrosinistra che ha fatto tante cose buone nella seconda Repubblica. Gli devo molto e lo ricordo con grandissimo affetto e molta nostalgia». 

Queste le parole di Gianfranco Rotondi:«Gerardo Bianco è stato un maestro impareggiabile, il migliore dei democristiani, anche nel dissenso. La sua storia è stata quella di un grande uomo di libertà'. Per me è un momento di dolore assoluto che mi unisce alla famiglia e alla comunità di amici che non lo ha mai lasciato solo».

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
02/12/2022 06:06:48


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