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Spunta la lista per la pensione: chi va via prima

L'Ape sociale sarà allargata ad una platea più ampia di lavori gravosi

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I primi a "vedere" quella che potrebbe essere la nuova riforma pensionistica saranno i lavoratori con gli impieghi più duri: prende corpo, infatti, l'ipotesi di allargare l’Ape sociale e renderla strutturale come forma per anticipare la pensione dopo la fine di Quota 100 il prossimo 31 dicembre.

Cosa cambia per i lavori gravosi

Istituita dal governo Gentiloni all’inizio del 2018, la Commissione sui lavori gravosi presieduta dall'ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano, ha chiuso una prima istruttoria. L'elenco delle professioni "pesanti" è stato allargato da 15 a 57 gruppi e da 65 a 203 mansioni o sottogruppi. L'obiettivo sarà quello di dare la possibilità a più lavoratori di anticipare la pensione a 63 anni con 36 di contributi ma solo se avranno svolto quella mansione per sei anni negli ultimi sette o sette anni negli ultimi dieci con l’indennità "ponte" chiamata Ape sociale (massimo 1.500 euro lordi al mese). Dal 2017 al 2020 ne hanno usufruito soltanto 4.300 lavoratori a cui si aggiungono i “gravosi” della categoria precoci (circa 20 mila) impegnati in mestieri pesanti iniziati da minorenni e con almeno 41 anni di contributi. Lo scarso successo, fino a questo momento, è stato dovuto ai codici identificatori delle mansioni considerati "troppo specifici ed escludenti": negli ultimi 4 anni sono state respinte ben il 61% delle domande, 9.604 su 15.783 presentate. Ecco su cosa sta lavorando la Commissione: cambiare strada, allargare il raggio d'azione e correggere questi errori.

Quali sono i nuovi criteri

Saranno tre gli indici che l'Inail, Istituto Nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, ha stilato: frequenza degli infortuni rispetto alla media, numero di giornate medie di assenza per infortunio e numero di giornate medie di assenza per malattia. Ad esempio, per la fascia dei lavoratori tra 56 e 63 anni escono fuori 108 mansioni “gravose” relative a 26 classi professionali divise in due blocchi: il primo presenta tutti e tre gli indici sopra la media, il secondo due indici su tre. Così facendo, una parte del mezzo milione di lavoratori che rientrano tra i requisiti quasi mezzo milione di lavoratori, non potranno accedere all’Ape perché occorre avere anche 36 anni di contributi, requisito spesso proibitivo per le donne che sono soltanto un terzo dei beneficiari di Ape negli ultimi 4 anni.

Agli indici Inail si aggiungono poi anche due "mini liste" redatte dall’Inps (definite “codici rossi” e “codici bianchi”) per definire le "mansioni siamesi", tutte quelle mansioni gravose simili alle attuali e coperte dall’Ape sociale ma fin qui escluse: tra queste compaiono anche gli operatori socio sanitari ma anche i conducenti di bus e tram, insegnanti delle elementari, portantini, forestali, magazzinieri. Il compito dell' Inps sarà quello di fare una sintesi delle tabelle e calcolare l’impatto sui conti delle varie ipotesi.

Ecco le altre proposte

Per Cesare Damiano "il lavoro fatto è prezioso perché si afferma il principio che non tutti i lavori sono uguali e l’uso dell’Ape non solo in chiave di anticipo della pensione, ma anche di prevenzione degli infortuni per lavoratori molto esposti a rischi", come si legge su Repubblica. Tra le altre proposte della Commissione c'è il requisito di scendere a 30 anni di contributi (almeno per gli edili), prolungare l’Ape al 2026, togliere l’attesa di tre mesi dopo la Naspi per accedere all’Ape, introdurre norme di vantaggio per donne, lavoro notturno e disoccupati di lunga durata. Insomma, la carne al fuoco è tanta ma Cisl e Uil mostrano di apprezzare il lavoro della Commissione. Il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli, ritiene però "molto grave che il governo non abbia ancora avviato il confronto sulla previdenza per dare risposta alla fine di Quota 100 e agli altri temi della piattaforma sindacale".

Notizia e foto tratte da Il Giornale
© Riproduzione riservata
21/09/2021 06:45:06


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