Crac Banca Etruria: Guerrini, Rigotti e Federici accettano di farsi interrogare

L'ex presidente Lorenzo Rosi e il suo vice Giovanni Inghirami invece rinunciano
La vicenda del crac di Banca Etruria, una delle pagine più brutte dell’economia aretina, riserva nuove sorprese. Sembra infatti che tre big abbiano deciso di farsi interrogare, si tratta dell’ex vicepresidente Giorgio Guerrini, Alberto Rigotti, il finanziere trentino che da consigliere d’amministrazione espresse il voto decisivo per la defenestrazione del vecchio padre-padrone Elio Faralli, ed Augusto Federici, membro del Cda e amministratore delegato di Sacci, il gruppo cementiero che ad Etruria ha lasciato una sofferenza di una sessantina di milioni. Rinunciano invece a parlare altri imputati eccellenti come l’altro vicepresidente Giovanni Inghirami e l’ultimo presidente Lorenzo Rosi, che ormai si è trasferito all’estero quasi in pianta stabile. Il rischio è alto ma a questo punto alcuni di loro non hanno più niente da perdere, viste le ombre pesanti su operazioni come lo Yacht di Civitavecchia, la San Carlo Borromeo, la stessa Sacci e i tanti altri finanziamenti su cui i Pm hanno seminato il dubbio. Quindi la settimana prossima l’udienza sarà aperta da Giorgio Guerrini, che sulle spalle ha molti capi di imputazione per proseguire con Rigotti, che con la sua Abm ha lasciato più di un cratere nei conti di Bpel ma che è in particolare accusato di aver architettato la complessa manovra attraverso la quale sarebbe rientrato dalla sua esposizione nei confronti di Etruria tramite finanziamenti della stessa banca, recuperando così il diritto a votare la cacciata di Faralli.
Nella foto l'ex vicepresidente Giorgio Guerrini
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