Opinionisti Claudio Cherubini

Ferie d'agosto

Anacronistiche e troppo lunghe

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"Giorno d'estate, giorno fatto di sole, vuote di gente son le strade in città… Giorno d’estate, giorno fatto di vuoto, giorno di luce che non si spegnerà…. Giorno d’estate, giorno fatto di niente, grappoli d’ozio danzan piano con me" così cantava Francesco Guccini descrivendo la calura di un pomeriggio estivo. L’estate, per molti la bella stagione, in Italia raggiunge la sua massima espressione nelle tre settimane centrali di agosto quando questo Paese decide di chiudere per ferie.

Ciò poteva avere un senso quando i ritmi della vita erano scanditi dalla natura e l'economia era basata sull'agricoltura: dopo la mietitura del grano c'era la vendemmia e poi la semina, operazioni  molto faticose e impegnative del lavoro dei campi e allora in mezzo c'era il riposo di agosto. 

Tutto iniziò con l'imperatore Cesare Ottaviano che ottenuti i pieni poteri fu proclamato "Augustus", cioè imperatore e venerabile, dal Senato nel 18 a.C. e lui per festeggiare dichiarò per tutto il mese le Feriae Augusti. Era il sesto mese dell'anno perché l'anno iniziava a primavera con la rinascita della natura e aveva trenta giorni. Poi nell'8 a.C. anche il mese fu chiamato Augustus in onore dell'imperatore e nella stessa occasione fu aggiunto un giorno, forse togliendolo a febbraio, perché avesse gli stessi giorni di luglio, mese dedicato a Cesare. L’imperatore Ottaviano Augusto istituì anche il Ferragosto in cui si abbellivano con fiori gli animali e si risparmiava anche a loro la fatica del lavoro, ma era tradizione che si organizzassero gare con animali da tiro e corse di cavalli. Il Palio di Siena del 16 agosto si inserisce in questa tradizione ed è dedicato alla Vergine assunta in cielo perché dal IV secolo, come era consuetudine del cristianesimo, la festa pagana fu trasformata in una festività religiosa.

Così per molti secoli agosto è stato il mese del riposo estivo, in cui l’intensità del lavoro nei campi diminuiva.

Con l’avvento dell’industria alla fine dell’Ottocento il "rilassamento" di agosto venne decisamente minacciato per coloro che avevano lasciato l’agricoltura ed erano entrati in fabbrica, dove per loro il ritmo sessagesimale dell'orologio si era sostituito al ciclo del sole e delle stagioni. Per tutti, sia contadini che operai, la sospensione del lavoro era un periodo di riposo e non da intendersi come invece viviamo oggi le vacanze. Al massimo si poteva parlare di villeggiatura. Ancora negli anni del Fascismo, il periodo massimo di riposo per un lavoratore era di una settimana per gli operai e di quindici giorni per gli impiegati. Il basso reddito, se non proprio uno stato di povertà, e gli scarsi mezzi a disposizione per gli spostamenti (pressoché nessuno aveva un automobile) costringevano tutti a spendere le proprie vacanze intorno casa. Gli abitanti della Valtiberina, lontani dal mare e ancora di più dalle Dolomiti, erano avvantaggiati rispetto a molti altri italiani perché avevano la possibilità di mandare i figli nelle colonie marine e montane organizzate dal dopolavoro della Buitoni. Ma era l’unica opportunità che si aveva per uscire dalla valle. Soltanto la piccola borghesia, in Valtiberina come nel resto d’Italia, parlava di progetti per la villeggiatura estiva, “ma spesso, alla vigilia delle partenze, fiorivano le giustificazioni suggerite dal buon senso” che portavano a elogiare le bellezze incomparabili dei posti dove già si abitava tanto che non conveniva andare in posti diversi, magari peggiori: “La geografia della penisola confortava la povertà” (cfr. G. F. Venè, Mille lire al mese. Vita quotidiana della famiglia nell'Italia fascista). Tuttavia nelle classi borghesi si stava affermando progressivamente il bisogno sociale della villeggiatura e, spesso con sacrificio, un numero sempre maggiore di famiglie nei mesi tra giugno e settembre lasciava la propria abitazione per una meta di vacanza. In ogni caso le destinazioni erano quelle più vicine, anche per le famiglie più abbienti.

Con il boom economico degli anni Cinquanta-Sessanta del XX secolo tutto cambiò e il popolo iniziò, in numero di anno in anno crescente e per più giorni, a lasciare il luogo di residenza abituale fino ad arrivare a metà degli anni Ottanta quando il 46% della popolazione italiana spendeva le proprie ferie in una vacanza lunga, trascorsa soprattutto nel mese di agosto. Le grandi città erano deserte, tutto chiuso per ferie dal piccolo negoziante alla grande fabbrica, mentre i luoghi di vacanza erano  traboccanti di gente.

Dopo trent'anni le vacanze del singolo italiano non sono più lunghe come allora e si sono accorciate a una settimana o poco più, ma ancora vengono trascorse soprattutto in agosto con la cattiva abitudine di chiudere le attività economiche. Questi “strani” italiani così partono per le ferie d’agosto tutti insieme, perdendo un sacco di tempo nel traffico, villeggiando in località affollatissime (soprattutto al mare) e spendendo più del doppio. Ancora oggi l'Italia, dai primi di agosto alla fine del mese, si ferma. Eppure a scuola ci aveva insegnato che l’azienda è una realtà dinamica… In Italia questo vale fino all’inizio dell’estate, poi da giugno si inizia a rinviare tutto a settembre. Questo costringe anche chi vorrebbe lavorare a fermarsi o quantomeno ridurre la propria attività. Il fatto è che siamo in un’economia globalizzata e negli altri Paesi l’attività produttiva continua. Qualcuno dovrebbe calcolare quanto costa all'economia italiana fermarsi ad agosto! Non è che negli altri Paesi i lavoratori non facciano vacanza, ma i loro giorni di riposo non sono spesi tutti insieme ad agosto. In Germania il calendario scolastico aiuta le famiglie ad andare in vacanza anche durante gli altri mesi dell'anno: a Pasqua per due settimane, altre due settimane tra settembre e novembre per le ferie autunnali, poi c'è la settimana bianca e poi altri giorni che allungano la sosta delle festività religiose e civili; un calendario che varia da länder a länder permettendo così di andare in vacanza tutto l'anno, non tutti insieme, senza affollamenti e senza interruzioni nell'attività produttiva e nella fornitura di servizi. Anche in Francia c'è un sistema analogo.

In fondo chi vuole andare in vacanza, desidera "staccare la spina", svagarsi e riposarsi e quindi non è meglio farlo più volte nel corso di un anno invece che concentrare tutto nel mese di agosto? Durante le tre settimane di ferie spese ad agosto, citando ancora una volta Guccini, "non si lavora agosto, nelle stante tue oziose ore" e così prende il senso di vuoto e di noia. Di questo se n'è accorta anche la pubblicità televisiva che proprio in questi giorni offre modellini da costruire: quest'anno è la volta dei carri armati in miniatura. Ribelliamoci a certi hobbies paranoici e tentiamo anche per quanto riguarda le ferie di agosto una sprovincializzazione dell'Italia.

Claudio Cherubini
© Riproduzione riservata
24/08/2018 18:33:41

Claudio Cherubini

Imprenditore e storico locale dell’economia del XIX e XX secolo - Fin dal 1978 collabora con vari periodici locali. Ha tenuto diverse conferenze su temi di storia locale e lezioni all’Università dell’Età Libera di Sansepolcro. Ha pubblicato due libri: nel 2003 “Terra d’imprenditori. Appunti di storia economica della Valtiberina toscana preindustriale” e nel 2016 “Una storia in disparte. Il lavoro delle donne e la prima industrializzazione a Sansepolcro e in Valtiberina toscana (1861-1940)”. Nel 2017 ha curato la mostra e il catalogo “190 anni di Buitoni. 1827-2017” e ha organizzato un ciclo di conferenza con i più autorevoli studiosi universitari della Buitoni di cui ha curato gli atti che sono usciti nel 2021 con il titolo “Il pastificio Buitoni. Sviluppo e declino di un’industria italiana (1827-2017)”. Ha pubblicato oltre cinquanta saggi storici in opere collettive come “Arezzo e la Toscana nel Regno d’Italia (1861-1946)” nel 2011, “La Nostra Storia. Lezioni sulla Storia di Sansepolcro. Età Moderna e Contemporanea” nel 2012, “Ritratti di donne aretine” nel 2015, “190 anni di Buitoni. 1827-2017” nel 2017, “Appunti per la storia della Valcerfone. Vol. II” nel 2017 e in riviste scientifiche come «Pagine Altotiberine», quadrimestrale dell'Associazione storica dell'Alta Valle del Tevere, su «Notizie di Storia», periodico della Società Storica Aretina, su «Annali aretini», rivista della Fraternita del Laici di Arezzo, su «Rassegna Storica Toscana», organo della Società toscana per la storia del Risorgimento, su «Proposte e Ricerche. Economia e società nella storia dell’Italia centrale», rivista delle Università Politecnica delle Marche (Ancona), Università degli Studi di Camerino, Università degli Studi “G. d’Annunzio” (Chieti-Pescara), Università degli Studi di Macerata, Università degli Studi di Perugia, Università degli Studi della Repubblica di San Marino.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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