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I Mandrioli, una strada a cavallo tra Romagna e Toscana

E’ stata progettata da Alcide Boschi, ingegnere del circondario di Rocca San Casciano

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“La Strada Statale 71 Umbro Casentinese”, meglio conosciuta come “strada dei Mandrioli” è stata inaugurata nell’estate del 1882 e mette in comunicazione l’Alta Valle del Savio con il Casentino, attraverso proprio il Passo dei Mandrioli, che tocca una quota di quasi 1200 metri sul livello del mare. E’ stata progettata da Alcide Boschi, ingegnere del circondario di Rocca San Casciano, che ebbe il grande compito di redigere il faraonico progetto. Una volta portato a termine, il Comune di Bagno di Romagna - per dimostrare gratitudine all’ingegnere, che tanto fece alla rete stradale dell’Alto Savio - deliberò l’innalzamento di due lapidi, che però non vennero mai commissionate. Nel sedicesimo anniversario della sua morte, avvenuta il 16 luglio 1892, un gruppo di ammiratori pose sulla cantoniera del “Raggio” la lapide scritta in stampatello con la seguente dicitura: “Nato a Pisa il 2 settembre 1839, morto il 16 luglio 1892. Il cavalier ingegnere Alcide Boschi costruiva un monumento imperituro della sua sapienza artistica questa strada dei Mandrioli”. Con lui, inizia la nuova viabilità tra la valle dell’Arno e quella del Savio e si sviluppano regolari collegamenti e nuove prospettive economiche. La strada viene percepita come una grande impresa, con audaci tagli di roccia e ampi serpeggiamenti nei quali si evince un forte dislivello con andamenti e pendenze intorno al cinque e sette per cento; gli organi d’informazione dell’epoca definiscono un prodigio naturale e artificiale la costruzione di una rotabile in quelle particolari condizioni di avversità: un capolavoro ingegneristico, una sfida alla montagna, per alcuni troppo di lusso mentre per altri tra le più belle d’Italia. Subito entra in servizio da Bibbiena una diligenza con una vettura della posta a cavalli per recarsi giornalmente a Bagno; nel 1913 inizia il servizio autobus “Bagno di Romagna – Bibbiena” e dal 1917 alcune corse della Sita tra Firenze e Bagno di Romagna, che ben presto raddoppieranno. Oggi il servizio in bus è venuto meno: l’ultimo autista, Giuseppe Camagni, è andato in pensione qualche anno fa; le corse sono state cancellate e le ragioni sono legate alla difficoltà di trovare un nuovo autista che sappia affrontare con maggior impegno i saliscendi di montagna; un vero e proprio incubo per chi non è esperto di guida. La strada, documentata fin dal Medioevo, permetteva ai pellegrini di percorrere il sentiero millenario come le autostrade: la via più diretta tra il mare Adriatico e il Tirreno. Dopo aver imboccato il bivio sopra Bagno di Romagna inizia la salita e si attraversa il ponte sul torrente “Becca” per poi  continuare tra pareti rocciose e bosco; in mezzo alla curva, troviamo la rossa casa cantoniera oramai ridotta a un rudere pericolante. Qui inizia il tratto delle “Scalacce”: pareti nude formate da banchi di arenaria e marne plasmano - strato su strato - grandi gradoni, orizzontali o verticali a tavole di Mosè che balzano fuori dal verde paesaggio, dando alla valle l’aspetto di un immenso anfiteatro devastato, la cui sala teatrale sembra sprofondata in numerosi calanchi, come scrisse un viaggiatore nei primi anni ‘30. Un chilometro sopra, sulla sinistra, c’è il podere Recetto, fin dagli anni '70 dotato di impianti per la produzione di corrente elettrica con sistema eolico e fotovoltaico. Un paio di chilometri ancora e si attraversa il Villaggio Ravenna Montana; all’ingresso, c’è un imponente monumento in marmo dedicato a un motociclista morto in un incidente stradale. Sul bivio, la pista forestale piena di tornanti per Monte Castelluccio e per la vallata del Bidente di Pietrapazza. Proseguendo, il paesaggio circostante subisce una netta trasformazione: le marne cedono il passo a boschi di faggio e a pinete sempre più alte e folte, prime propaggini della foresta della Lama. Alla sinistra, sulla curva, la casa del pittore Giovanni Marchini, emigrato a Buenos Aires - in Argentina - per condizioni di grande povertà; lavorava come pittore e decoratore ma - quando tornò - soggiornò, dipinse e sognò (come si legge nella lapide apposta dai familiari) e attorno a lui aleggia per sempre lo spirito acceso dal francescano paesaggio.

LA FAMOSA “CASA DEL PITTORE”

La casa del pittore - così chiamata negli anni Cinquanta del secolo scorso - fu al centro di fenomeni paranormali. Infatti, si raccontava che spiriti maligni fossero entrati nell’abitazione, provocando rumori percepiti a lunga distanza e attribuiti ad anime defunte che non trovavano pace. Tant’è vero che per sciogliere il giallo si fece ricorso ad una equipe di studiosi americani, i quali liquidarono l’enigma in questo modo: “forti raffiche di vento fanno eco sulla parete della montagna sovrastante”. Qualche altro centinaio di metri e si arriva al piccolo albergo-ristorante "Raggio", il fabbricato più antico e suggestivo. Una lapide sul fronte ricorda la realizzazione del passo e il suo progettista lungo il percorso che fa tappa alla “Casetta del Raggio”, semplice rifugio per i viandanti, dove scorreva la vita dei contadini, carbonai, pastori e cantonieri. Si continua fino al rifugio “Nocicchio"; a lato, la strada forestale di Pietrapazza fino alla diga di Ridracoli. Di fronte al rifugio, dagli anni Novanta è stata edificata una maestà in pietra e, dentro la nicchia tutta in ceramica faentina, c’è la Madonna col Bambino in braccio: un segno di riconoscimento a Gastone Damiani per l’impegno svolto sulle terrecotte di Faenza e quale proprietario del locale. Si continua fino alla seconda cantoniera: dalla piazzola, si ammirano il fondovalle e, di fronte, il Monte Fumaiolo. Ancora avanti: sulla destra c’è l’ex ristorante “Tre Botti”, struttura oramai ridotta in macerie e utilizzata dai turisti nel periodo del boom economico, prima di passare dall’altra parte del valico. Sotto al terrazzo scalcinato del locale sono ancora visibili frammenti di graffiti che rievocano lo sbarco sulla luna avvenuto il 16 luglio del 1969. Finalmente, siamo arrivati in cima al Passo dei Mandrioli, porta d’ingresso per le foreste casentinesi: qui abbiamo diverse scelte per chi ama la natura e il trekking. E’ meta obbligata dopo il valico fare visita a Badia Prataglia, dove sono visibili i resti della famosa osteria “Cantoniera del Raggio”, largo edificio costruito solidamente contro le intemperie più turbinose. Qui - recitava la réclame – si potevano gustare “marsala e buon vino e fare una saporitissima merenda”, godendo “il paesaggio orrido” e - massimo conforto per il viaggiatore - dissetarsi a una sorgente freschissima: una bocca di colubrina e un getto impetuoso, che si rompe dentro un abbeveratoio largo e lungo come una tinozza. A pochi chilometri, il monastero di Camaldoli, luogo di vita e di preghiera; negli anni Trenta del secolo scorso vi soggiornò Giovanni Battista Montini, che sarebbe divenuto il futuro Papa Paolo VI.

I MANDRIOLI, PASSIONE E AMORE PER I MOTOCICLISTI

Per chi ama lo sport e le sue discipline - a seconda del versante che si percorre, dove diverso è l’insediamento del paesaggio – il Passo dei Mandrioli presenta tratti pieni di… adrenalina quasi studiati per atleti, ciclisti e motociclisti. Quello romagnolo s’inerpica per circa undici chilometri in un intreccio di tratti in forte pendenza alternati da tornanti e brevi rettilinei. Il versante toscano prima della vetta sale tra il verde di una natura familiare, con la crescente formazione al pendio pieno di vita. Siamo nel cuore pulsante dell’appennino tosco–romagnolo, nel vivo dell’itinerario fin troppo amato dai motociclisti. Una piega dopo l’altra si sale verso il passo, si ascolta il rombo del motore ruggire scalando le marce all’uscita di ogni curva: i bolidi risalgono i costoni delle montagne, rispettando sempre le regole del codice della strada, per oltrepassare il valico e andare dall’altra parte. Le attività di ristoro presenti lungo la strada oggi sono chiuse: una tristezza per tutti e soprattutto per la gente che vi faceva affidamento. Con la realizzazione della strada di grande comunicazione, ovvero la E45 che attraversa la valle del Savio, quello che in passato era un valico di primaria importanza nei collegamenti tra Romagna e la Toscana, oggi è solamente un tratto ridotto di modesta strada provinciale.

Eco del Tevere
© Riproduzione riservata
04/06/2018 10:46:39


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