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Mondo Politica: intervista a Luciano Bacchetta presidente consiglio comunale di Città di Castello

"Luca Secondi sta lavorando bene soprattutto nella risistemazione degli edifici scolastici”

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È senza dubbio il personaggio politico tifernate con il miglior “pedigree” in assoluto e dalle indubbie capacità che tutti gli riconoscono. Luciano Bacchetta, che nell’amministrazione comunale di Città di Castello siede ininterrottamente dal 1993, ha ricoperto in pratica tutti i ruoli: consigliere, assessore, sindaco per 11 anni (dal 2010 al 2021) e ora presidente del consiglio comunale, non dimenticando la parentesi di presidente della Provincia di Perugia.

Bacchetta, dopo un anno di operato, in cosa si sta distinguendo la nuova amministrazione comunale tifernate?

“Ritengo che stia operando in coerenza con i contenuti di un progetto elettorale basato sulla concretezza, sulla condivisione degli obiettivi e sulla chiarezza progettuale. Poi, è normale che quando vi sia un cambio di amministrazione subentri una fase iniziale di rodaggio, anche se non mi sembra che vi siano state sbavature. Luca Secondi sta lavorando bene, vedi soprattutto il capitolo riguardante l’ammodernamento e la risistemazione degli edifici scolastici”.

Un consiglio comunale con molti volti nuovi, ma a distanza di oltre un anno dall’insediamento si può parlare di buon andamento dei lavori consiliari da Lei presieduti?

“Diciamo che si può essere soddisfatti dell’impegno che i consiglieri mettono. Intanto, rispetto alla precedente legislatura che mi ha visto nel ruolo di sindaco, vi sono meno “veleni” e meno posizioni preconcette. Le persone nuove sono presenti sia in maggioranza che all’opposizione e su entrambi i fronti stanno maturando la giusta esperienza. La migliore constatazione è l’atteggiamento costruttivo che tutti stanno tenendo in favore degli interessi della città”.

Qual è la scommessa più importante che Città di Castello deve vincere di qui a breve termine?

“Senza dubbio, quella della nuova piazza Burri e credo che con questa amministrazione andrà finalmente a compimento. C’è l’accordo con la Fondazione intitolata all’artista per un progetto che è insieme urbanistico e culturale, destinato anche a ridisegnare la città. Le basi per arrivare al traguardo ci sono: si tratta di rimettere in file le varie situazioni dopo due anni nei quali la pandemia ha imposto lo stop, anche se le volontà erano quelle di andare avanti”.

Quale valutazione esprime su una manovra del governo Meloni che, a detta soprattutto delle opposizioni, è una fra le peggiori in assoluto e penalizza le classi più deboli?

“E’ una manovra dettata dalle situazioni contingenti: il minimo sindacale. Viviamo tuttavia una fase molto complessa dal punto di vista nazionale e internazionale, per cui sarebbe ingeneroso bersagliare il governo con le critiche. Certamente, non è una manovra di ampio respiro: i suoi tratti distintivi sono delineati dallo stato di necessità; su questo occorre essere obiettivi. La crisi energetica in atto non consente di spiccare voli pindarici, anche se una maggiore attenzione verso le categorie meno abbienti avrebbe potuto e dovuto esservi. Un elemento negativo che ho colto è il clima di tensione che regna fra gli alleati: non è un segnale buono”.

Quale richiesta sente di avanzare nei confronti dei quattro tifernati che siedono in Parlamento?

“C’è bisogno di una loro presenza sul territorio, magari un po’ superiore rispetto al passato. Il discorso vale per tutti e quattro, anche se debbo riconoscere che – quando era sottosegretario – Anna Ascani ci ha dato una mano per ciò che riguarda le scuole. Una presenza auspicata, giusta e necessaria – la loro – dal momento che non abbiamo assessori di nostra provenienza in Regione e che non abbiamo più nemmeno il… Presidente della Provincia”.  

Redazione
© Riproduzione riservata
23/12/2022 11:15:21


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