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Aborto, indagine su 161 strutture: obiettori tra l’80 e il 100 per cento

L’indagine dell’associazione Coscioni rivela anche che 31 strutture sono totalmente obiettrici

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In Italia ci sono 31 strutture (24 ospedali e 7 consultori) con il 100% di medici ginecologi, anestesisti, infermieri e oss obiettori di coscienza. Quasi 50 quelle in cui gli obiettori sono oltre il 90% e oltre 80 le strutture con un tasso di obiezione superiore all'80%. È quanto emerge dall''indagine «Mai Dati!» condotta da Chiara Lalli, docente di Storia della Medicina, e da Sonia Montegiove, informatica e giornalista, e presentata oggi con l'Associazione Luca Coscioni in occasione di una conferenza stampa alla Camera dei Deputati per fare il punto sulla legge 194/78 a 44 anni dalla sua entrata in vigore. 

«Avere un quadro chiaro dello stato di salute di questa legge purtroppo non è facile, perché non abbiamo dati aggiornati e dettagliati», ha dichiarato Filomena Gallo, avvocato e segretario nazionale dell'Associazione Luca Coscioni. Dai dati che è stato possibile raccogliere per la ricerca è emerso tuttavia con chiarezza, secondo Gallo, che la legge 194 sull'interruzione volontaria della gravidanza (IVG) «è ancora mal applicata o addirittura ignorata in molte aree del nostro paese». Per l'Associazione avere dati certi e chiari è essenziale per garantire l'applicazione della legge, eppure l'indagine «Mai Dati «ha evidenziato ciò che la Relazione» sulla legge 194 che elabora annualmente il ministero della Salute ministeriale non fa emergere, pubblicando i dati chiusi e aggregati per Regione». Inoltre, evidenzia l'Associazione, «l'ultima Relazione del ministero della salute, presentata al parlamento lo scorso anno, si riferisce ai dati definitivi relativi al 2019».

Per Filomena Gallo una cosa è invece molto chiara: la legge 194 sull'interruzione volontaria della gravidanza (IVG) «è ancora mal applicata o addirittura ignorata in molte aree del nostro paese». Per questo l'Associazione Luca Coscioni, con Lalli e Montegiove, ha scritto una lettera al ministro della Salute Roberto Speranza e al ministro della Giustizia Marta Cartabia chiedendo «con urgenza» che «i dati sull'applicazione della legge 194 siano in formato aperto, di qualità, aggiornati e non aggregati» e, tra le altre cose, che «venga inserito nei LEA un indicatore rappresentativo della effettiva possibilità di accedere alla IVG in ciascuna regione».

Per Chiara Lalli e Sonia Montegiove dall'indagine «Mai dati» emerge, inoltre, come la valutazione del numero degli obiettori e dei non obiettori sia «troppo spesso molto lontana dalla realtà». E' infatti necessario conoscere «chi, tra i non obiettori, esegue realmente le IVG», dal momento che «in alcuni ospedali alcuni non obiettori eseguono solo ecografie, oppure ci sono non obiettori che lavorano in ospedali nei quali non esiste il servizio IVG, e quindi non ne eseguono».

Per Lalli e Montegiove, insomma, «la percentuale nazionale di ginecologi non obiettori di coscienza (che secondo la Relazione è del 33%) deve essere ulteriormente ridotta perché non tutti i non obiettori eseguono IVG». Per le autrici dell'indagine «ottenere un aborto è un servizio medico e non può essere una caccia al tesoro».

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
17/05/2022 14:18:28


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