Caso Regeni, Pignatone: “Giulio è morto dopo essere stato torturato a lungo”
«La collaborazione tra le autorità egiziane e quelle italiane è stata altalenante»
Mentre proseguono le mediazioni e le trattative del governo italiano per fare uscire dalle carceri egiziane Patrik Zaki, oggi si è tenuta la commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni. «Noi al momento del ritrovamento del cadavere non avevamo dati, solo un corpo sull’autostrada. Solo l’autopsia ha descritto un quadro di morte frutto di torture durate per settimane e incompatibile con l’ipotesi della banda dei rapinatori». Lo ha chiarito l'ex procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, attuale presidente del tribunale Vaticano durante l’audizione. Una vicenda, quella di Regeni, costellata di bugie e depistaggi che non hanno mai permesso di chiarire quello che è accaduto realmente al giovane ricercatore ucciso in Egitto. «Il primo blocco di dati oggettivi che hanno aiutato a smontare e smentire la cosiddetta ipotesi del pulmino si è avuta con l'autopsia» ha spiegato Pignatone. «Un’altra cosa importante - ha aggiunto - è stato il ruolo della famiglia e del mondo delle organizzazioni e associazioni che hanno sostenuto e sono state accanto alla famiglia perché non c'è dubbio che ha esercitato sia sul governo italiano, sia a livello di opinione pubblica mondiale». Una pressione che in certi momenti si è rivelata decisiva. Alcune cose non hanno funzionato alla perfezione e tra queste c’è la collaborazione tra l'autorità egiziana e quella italiana a livello giudiziario: «Si è trattato di un andamento altalenante. Credo che sia giusto riconoscere che una collaborazione fattiva c'è stata, ma non è stato dato tutto quello che si poteva dare o che è stato chiesto» ha confermato Pignatone. Risulta agli atti che le rogatorie sono state evase solo in parte o con grandissimo ritardo e «prima di avere i tabulati telefonici e il traffico delle celle in alcune zone ci sono state decine di mai e telefonate».
Commenta per primo.