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Guardia costiera libica spara a peschereccio italiano, ferito a un braccio il comandante

Il sindaco di Mazara: «Hanno sparato ad altezza d'uomo»

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Il peschereccio «Aliseo» della flotta di Mazara del Vallo, che era impegnato in una battuta al largo delle coste di Bengasi, è stato mitragliato da una motovedetta militare libica. I colpi d'arma da fuoco hanno ferito a un braccio il comandante, Giuseppe Giacalone. Lo ha confermato il figlio Alessandro. Il comandante sarà sottoposto a controllo sanitario e cure mediche da parte del personale medico a bordo di nave Libeccio. Lo rende noto la Marina militare.

I libici «hanno sparato ad altezza d'uomo». Lo riferisce il sindaco di Mazara del Vallo, Salvatore Quinci, riferendosi al ferimento del marinaio di un peschereccio avvenuto al largo della Libia. «E' una novità che episodi del genere accadano al largo di Misurata», ha aggiunto Quinci, alludendo al fatto che negli ultimi mesi e ancora qualche giorno fa minacce del genere erano arrivate da libici di Bengasi. Quinci ha aggiunto: «Sono in contatto con la Farnesina, attendo aggiornamenti». Lo stesso Aliseo - ricorda ancora la Marina Militare - insieme ai motopesca Artemide e Nuovo Cosimo, e facenti parte di un gruppo di sette pescherecci, tre giorni fa era stato oggetto di tentativo di sequestro nella Zpp libica in area Cirenaica, sequestro scongiurato dall'intervento della nave Alpino.

«La notizia degli spari contro un peschereccio italiano e del ferimento di un pescatore è molto grave e segnala una sempre maggiore instabilita' del Mediterraneo. Chiediamo al ministro degli Esteri Luigi Di Maio di riferire immediatamente sull'episodio e sullo stato dei rapporti con la Libia. Ad un primo superficiale sguardo sembrerebbe paradossale continuare ad addestrare la guardia costiera libica per riceverne in cambio continue segnalazioni di violenze sui migranti e colpi di mitraglia alle nostre navi. L'Italia ha il dovere di tutelare i propri interessi nazionali e far sentire la sua voce in modo piu' autorevole». Lo afferma il presidente di Noi con l'Italia Maurizio Lupi. 

 

Intanto la fregata Libeccio della Marina militare italiana, impegnata nell'operazione Mare Sicuro, è intervenuta nelle prime ore di oggi pomeriggio in assistenza ad un gruppo di 3 pescherecci italiani (Artemide, Aliseo e Nuovo Cosimo) intenti in attività di pesca nelle acque della Tripolitania all'interno della zona definita dal Comitato di Coordinamento Interministeriale per la Sicurezza dei Trasporti e delle Infrastrutture "ad alto rischio" (a circa 35 miglia nautiche dalla costa libica, a nord della citta' di Al Khums). L'intervento si è reso necessario per la presenza di una motovedetta della Guardia Costiera libica in rapido avvicinamento ai motopesca italiani. Nave Libeccio, che al momento della segnalazione si trovava a circa 60 miglia dalla scena d'azione, si è diretta alla massima velocità verso i motopesca e ha fatto levare in volo l'elicottero di bordo, che giunto in area ha preso contatto radio con il personale della motovedetta. Per verificare la situazione, è stato inoltre immediatamente dirottato in zona un velivolo da ricognizione P-72 della Marina militare italiana, il cui equipaggio ha riferito d'aver assistito ad alcuni colpi d'arma da fuoco di avvertimento da parte della motovedetta libica. La fregata Libeccio, giunta in prossimità dei motopesca, ha ricevuto notizia della presenza di un marittimo del motopesca Aliseo ferito ad un braccio. L'azione è tuttora in corso e dell'evoluzione della situazione è stato dato costante aggiornamento al ministro della Difesa, Lorenzo Guerini.

 

Gli attacchi ai motopesca negli ultimi anni

Gli attacchi subiti dai pescherecci italiani, come quello avvenuto giovedì al largo delle coste libiche, sono ormai una costante nel tempo. Lo stesso 'Aliseo', raggiunto oggi da alcuni colpi d'arma da fuoco, era stato oggetto tre giorni fa di un tentativo di sequestro nella Zona di Protezione della Pesca libica in area Cirenaica, sequestro scongiurato dall'intervento della nave Alpino. Ma nel corso degli anni sono stati numerosi gli episodi di aggressione di cui sono state vittime le nostre imbarcazioni, a volte anche con ricadute nei rapporti politici tra le autorità italiane e la Libia. Fece molto scalpore, ad esempio, quanto accadde la sera del 12 settembre del 2010, quando il peschereccio di Mazara del Vallo «Ariete» venne mitragliato da una motovedetta libica (una delle sei consegnate dal nostro Paese a Gheddafi tra il maggio 2009 e il febbraio 2010) con a bordo anche dei militari italiani perchè sospettato di essere impegnato in una battuta di pesca di frodo. La Libia - disse l'allora ministro dell'Interno Roberto Maroni - arrivò a scusarsi, con tanto di sospensione dal servizio del suo comandante, sostenendo di aver scambiato il peschereccio italiano per una barca che, non fermandosi all'alt, avrebbe potuto avere a bordo dei clandestini. Ma Gaspare Marrone, capitano del peschereccio mazarese 'Ariete' bersagliato di colpi, smenti' l'ipotesi dell'equivoco. La notte tra l'1 e il 2 dicembre del 2010, invece, fu il peschereccio 'Daniela L.' a essere dirottato dalle autorità libiche mentre pescava in un tratto di mare giudicato da Tripoli di sua competenza esclusiva. Per il rilascio del natante l'armatore pago' un'ammenda di 5mila euro. Il 18 novembre del 2011 fu sequestrato il peschereccio «Twentytwo» della societa' M.C.V Pesca Srl di Mazara del Vallo, e ormeggiato nel porto di Tripoli. Era stato sorpreso da una motovedetta libica mentre si trovava a circa 30 miglia dalle coste africane, in un settore marittimo rivendicato dalla Libia come sua zona di pesca esclusiva, senza alcun riconoscimento della pretesa a livello internazionale.

Il 17 aprile del 2015 il motopesca «Airone», di Mazara del Vallo, fu attaccato e sequestrato da uomini armati che lo abbordarono con un grosso rimorchiatore, in apparenza senza contrassegni militari: al momento del dirottamento si trovava a 40 miglia dalla costa di Misurata. Ma la situazione si risolse grazie all'intervento di una nave della Marina Militare che permise al natante italiano di fuggire e di dirigersi verso la Sicilia. Il 23 luglio del 2019 tocco' al peschereccio della marineria di Mazara del Vallo, «il Tramontana», finire sotto sequestro nel Golfo della Sirte da parte di una motovedetta libica: uomini armati salirono a bordo per dirottarlo verso il porto di Misurata. Anche in questo caso, secondo la Guardia costiera libica, l'equipaggio «non aveva le autorizzazioni per pescare in acque territoriali libiche». Non furono usate armi, ma fu, ugualmente, una vicenda che tenne l'Italia con il fiato sospeso quella che per 108 giorni, dal primo settembre al 20 dicembre 2020, vide diciotto pescatori - otto tunisini, sei italiani, due indonesiani e due senegalesi - trattenuti in Libia. Erano a bordo di due pescherecci di Mazara del Vallo, «Antartide» e «Medinea», sequestrati dalle motovedette libiche con l'accusa di avere violato le acque territoriali, pescando all'interno di quella che ritengono essere un'area di loro pertinenza, in base a una convenzione che prevede l'estensione della zona economica esclusiva da 12 a 74 miglia. Nei giorni seguenti al sequestro le milizie di Haftar contestarono, in modo infondato, anche il traffico di droga. Inoltre nel corso delle trattative con l'Italia sarebbe stata avanzata la richiesta di uno 'scambio di prigionieri', chiedendo l'estradizione di quattro calciatori libici condannati nel nostro Paese come scafisti di una traversata in cui morirono 49 migranti. La situazione si sbloccò il 17 dicembre, dopo un lungo lavoro diplomatico e degli uomini dell'Aise, quando l'allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, volarono a Bengasi.

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
07/05/2021 05:49:55


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