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Il Papa a Mosul, dove l’Isis proclamò il califfato

“Mai è lecito uccidere in nome di Dio”

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Il Pontefice giunge nella ex roccaforte dei terroristi dell’autoproclamato Stato islamico. Un avvenimento dall’elevato valore simbolico oltre che storico. Il nome di Dio non può essere invocato per uccidere, ribadisce papa Francesco nella preghiera per le vittime della guerra a Mosul, dove l’Isis annunciò il califfato.

Oggi il Vescovo di Roma si sposta da Baghdad verso il nord dell'Iraq, tra il Kurdistan iracheno e la Piana di Ninive. È a Mosul per pregare per le vittime delle guerre, poi va a Qaraqosh per incontrare i cristiani che erano stati scacciati dalle loro case dai miliziani dell’Isis. Concluderà questo terzo e ultimo giorno di viaggio in Iraq a Erbil, in Kurdistan, con la Messa allo stadio. 

Jorge Mario Bergoglio è nella piazza delle 4 Chiese, dove sono ancora visibili le macerie della guerra. Le strade e le chiese della città portano i segni della devastazione. Mosul oggi è blindata, con strade vuote e una massiccia presenza di militari e polizia. Solo piazza delle Chiese vede la presenza di tante persone, tutte precedentemente registrate per partecipare all'evento.

 

Dice Francesco: «Il tragico ridursi dei discepoli di Cristo, qui e in tutto il Medio Oriente, è un danno incalcolabile non solo per le persone e le comunità interessate, ma per la stessa società che si lasciano alle spalle». Un tessuto «culturale e religioso così ricco di diversità è indebolito dalla perdita di uno qualsiasi dei suoi membri, per quanto piccolo. Come in uno dei vostri tappeti artistici, un piccolo filo strappato può danneggiare l’insieme».

 

Qui a Mosul «le tragiche conseguenze della guerra e delle ostilità sono fin troppo evidenti. Com'è crudele che questo Paese, culla di civiltà, sia stato colpito da una tempesta così disumana, con antichi luoghi di culto distrutti e migliaia e migliaia di persone, musulmani, cristiani, yazidi che sono stati annientati crudelmente per il terrorismo e altri sfollati con la forza o uccisi!». Oggi, malgrado «tutto, riaffermiamo la nostra convinzione che la fraternità è più forte del fratricidio, che la speranza è più forte della morte, che la pace è più forte della guerra». 

Prima di pregare «per tutte le vittime della guerra in questa città di Mosul, in Iraq e nell’intero Medio Oriente, vorrei condividere con voi questi pensieri: Se Dio è il Dio della vita – e lo è –, a noi non è lecito uccidere i fratelli nel suo nome. Se Dio è il Dio della pace – e lo è –, a noi non è lecito fare la guerra nel suo nome. Se Dio è il Dio dell’amore – e lo è –, a noi non è lecito odiare i fratelli».

E ora «preghiamo insieme per tutte le vittime della guerra, perché Dio Onnipotente conceda loro vita eterna e pace senza fine, e le accolga nel suo amorevole abbraccio». E anche per «tutti noi, perché, al di là delle appartenenze religiose, possiamo vivere in armonia e in pace, consapevoli che agli occhi di Dio siamo tutti fratelli e sorelle».

Ecco l’Invocazione: «Altissimo Dio, Signore del tempo e della storia, Tu per amore hai creato il mondo e non smetti mai di riversare sulle tue creature le tue benedizioni. Tu, al di là dell’oceano della sofferenza e della morte, al di là delle tentazioni della violenza, dell’ingiustizia e dell’iniquo guadagno, accompagni i tuoi figli e le tue figlie con tenero amore di Padre.

Ma noi uomini, ingrati per i tuoi doni e distolti dalle nostre preoccupazioni e dalle nostre ambizioni troppo terrene, spesso abbiamo dimenticato i tuoi disegni di pace e di armonia. Ci siamo chiusi in noi stessi e nei nostri interessi di parte e, indifferenti a Te e agli altri, abbiamo sbarrato le porte alla pace. Si è così ripetuto quanto il profeta Giona udì dire di Ninive: la malvagità degli uomini è salita fino al cielo (cfr Gn 1,2). Non abbiamo alzato al Cielo mani pure (cfr 1 Tm 2,8), ma dalla terra è salito ancora una volta il grido del sangue innocente (cfr Gen 4,10). Gli abitanti di Ninive, nel racconto di Giona, ascoltarono la voce del tuo profeta e trovarono salvezza nella conversione. Anche noi, Signore, mentre ti affidiamo le tante vittime dell’odio dell’uomo contro l’uomo, invochiamo il tuo perdono e supplichiamo la grazia della conversione: Kyrie eleison! Kyrie eleison! Kyrie eleison! Signore Dio nostro, in questa città due simboli testimoniano il perenne desiderio dell’umanità di avvicinarsi a Te: la moschea Al-Nouri con il suo minareto Al Hadba e la chiesa di Nostra Signora dell’orologio. È un orologio che da più di cent’anni ricorda ai passanti che la vita è breve e il tempo prezioso. Insegnaci a comprendere che Tu hai affidato a noi il tuo disegno di amore, di pace e di riconciliazione, perché lo attuassimo nel tempo, nel breve volgere della nostra vita terrena. Facci comprendere che solo mettendolo in pratica senza indugi si potranno ricostruire questa città e questo Paese, e si potranno risanare i cuori straziati dal dolore. Aiutaci a non trascorrere il tempo al servizio dei nostri interessi egoistici, personali o di gruppo, ma al servizio del tuo disegno d’amore. E quando andiamo fuori strada, fa’ che possiamo dare ascolto alla voce dei veri uomini di Dio e ravvederci per tempo, per non rovinarci ancora con distruzione e morte.

Ti affidiamo coloro, la cui vita terrena è stata accorciata dalla mano violenta dei loro fratelli, e ti imploriamo anche per quanti hanno fatto del male ai loro fratelli e alle loro sorelle: si ravvedano, toccati dalla potenza della tua misericordia».

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
07/03/2021 13:49:59


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