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Legno e arredamento, le imprese della provincia di Arezzo col fiato corto

La voce di tre artigiani di CNA alle prese con la scarsità del lavoro e le tasse da pagare

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Sono formalmente aperti ma sulla loro attività pesano molte incognite, causate dall’emergenza Covid e dai suoi effetti collaterali. Sono gli artigiani del settore legno, che in queste settimane stanno vivendo una situazione ai limiti del paradossale. A parlarne è Maurizio Vecchio, casentinese portavoce legno arredamento CNA: “L’andamento di questo 2020 è altalenante. Se durante la primavera siamo stati completamente chiusi, alla riapertura c’è stata una piccola rinascita. Intendiamoci, non sono state raggiunte le vette dei momenti migliori, ma c’è stato un po’ di movimento il che, partendo da zero, è già una vittoria. Un po’ di movimento dà una visione in prospettiva. Sulla scia di quel buon momento, adesso il lavoro non manca: non vendiamo abbigliamento, per realizzare le nostre opere serve tempo, si passa dalla progettazione, ai preventivi alla realizzazione, dunque adesso stiamo andando avanti con le commesse arrivate nei mesi passati. Il guaio è che da un paio di settimane i telefoni sono silenziosi, il che significa che tra qualche tempo – smaltite le commesse – non avremo più lavoro. Dunque sì, siamo aperti ma la porta è socchiusa. Stando così le cose, troverei giusto che i ristori del Governo pensati per le aziende siano rimodulati: ora siamo aperti e stiamo lavorando, ma la situazione a breve sarà di nuovo problematica. In più, serve una mano anche dal settore bancario: per ripartire c’è bisogno di investimenti, pubblicità, serve insomma un supporto. Le regole per l’accesso al credito non possono essere quelle solite, in una situazione così peculiare”.

Alle preoccupazioni di Vecchio fa eco quella di Roberto Caneschi, dirigente CNA titolare di un’azienda di arredamento di Arezzo: “L’emergenza Covid tocca le imprese non solo in termini di chiusure ma anche dal punto di vista sanitario, a questo non sembra pensare mai nessuno. Attualmente, di dieci operai che abbiamo in produzione, otto sono bloccati per isolamento, quarantena e altri problemi. Restiamo, in pratica, i due soci: io e mio fratello. Ci stiamo sobbarcando tutto il lavoro e, nonostante una buona base di commesse, adesso ci troviamo in affanno. A corollario di tutto, io non posso attingere a nessun aiuto, perché la mia è un’azienda che sta producendo. Per quanto ne so, non sono l’unico imprenditore ad avere questi problemi, ma non c’è una previsione specifica per chi si trova in questa situazione, quindi a noi toccherà pagare tutte le tasse, i contributi e le altre spese, senza sperare in un ristoro. Così la crisi diventerebbe insostenibile”.

C’è anche un altro aspetto a rendere la vita difficile agli artigiani del legno: quello psicologico. Ne parla Luca Crafa, associato CNA titolare di un’azienda di Monte San Savino e figlio d’arte, visto che ha seguito le orme del padre: “Stiamo avendo qualche difficoltà con i clienti, ci sono alcuni non troppo contenti di avere operai in casa per montare i mobili. Gli stessi dipendenti sono stressati e nervosi, perché non si riesce più a lavorare con la serenità di un tempo. Aggiungiamo che le commesse fuori dalla Toscana sono state tutte disdette da quando siamo diventati zona rossa, e il quadro è completo.  Troppa tensione, troppo stress. Servirebbe una ventata di ottimismo, ma al momento sembra la cosa più difficile”.

Redazione
© Riproduzione riservata
19/11/2020 16:09:36


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