Riforma pensioni: Quota 102 e 41 anni di contributi
Le opzioni di cui si parla
Il tema della riforma delle pensioni è sempre caldo, e non potrebbe essere diversamente, visto il numero di destini lavorativi che va a toccare. A tale proposito il governo è impegnato a trovare una soluzione valida per il dopo Quota 100, strumento destinato a concludere il triennio di sperimentazione col dicembre 2021. E lo scenario che va definendosi non sembra giocare a vantaggio di chi si augurava una maggiore flessibilità in uscita. Sembra infatti che le opzioni per la fuoriuscita dal lavoro attualmente in discussione siano due: la prima, prevedere il pensionamento con Quota 102; la seconda, consentirlo a chi può vantare 41 anni di contributi.
Ma vediamo più nello specifico di cosa si parla.
Quota 102
Nel primo caso si tratterebbe di aggravare la quota portandola da 100 (come quella attuale) a 102. Dal 2022 quindi potrebbero accedere al pensionamento i lavoratori con 64 anni di età e 38 anni di contributi, a patto di rinunciare a una quota dell’assegno (si calcola del 15%). Si replica insomma il meccanismo di Quota 100 ma si innalza l’età dai 62 ai 64 anni, con penalizzazione. Come risaputo, infatti, i fortunati in possesso dei requisiti possono attualmente accedere al pensionamento con 62 anni di età e 38 di contributi.
E’ vero che si evita in tal modo il famoso scalone, perché col venir meno di Quota 100 i lavoratori, con 62 anni a gennaio 2022, dovrebbero aspettare cinque anni per la pensione di vecchiaia (67 anni), ma siamo tuttavia ben lontani dalle enunciazioni sul rendere ancora più flessibile l’uscita dal lavoro, sia pure con penalizzazioni sull’assegno. Cosa che avrebbe - comunque se ne dica - un beneficio anche per i giovani in cerca di occupazione, che qualche posto libero in più potrebbero sicuramente trovarlo.
Pensionamento con 41 anni di contributi
Nel secondo caso (41 anni di contribuzione) si stabilisce una soglia per un pensionamento anticipato riservato in primo luogo ai lavoratori precoci.
Al momento la pensione anticipata contributiva prevede che gli uomini possano pensionarsi con 42 anni e 10 mesi di contributi e le donne con 41 anni e 10 mesi. Con questa Quota 41 si potrebbe invece lasciare il lavoro in anticipo, anche di quasi tre anni, con una penalizzazione del 10% sull’importo.
Per i precoci invece esiste la possibilità di andare in pensione con 41 anni, ma occorrono almeno 12 mesi di contributi versati prima dei 19 anni. La richiesta dei sindacati è di estendere Quota 41 anche ad altre categorie di lavoratori fragili, come immunodepressi, dializzati, diabetici e cardiopatici oltre a coloro che lavorano nella sanità e nei trasporti, per esempio, e che sono più esposti al contagio da Covid.
I requisiti
Ad oggi per accedere alle pensioni con Quota 41 bisogna avere taluni requisiti, come essere in disoccupazione, avere una invalidità superiore al 74%, aver svolto mansioni gravose o usuranti, assistere un familiare con disabilità anche grave di cui alla legge n.104/92.
La penalizzazione con Quota 102
Con Quota 102, in definitiva, alcuni potranno andare prima in pensione, rispetto alla vecchiaia (67 anni per ora), rinunciando dal 4% al 15% (se si anticipa di tre anni e otto mesi) del trattamento pensionistico rispetto a chi lavorerà fino alla soglia massima prevista. In soldoni è lo stesso meccanismo di Quota 100 ma con l’asticella posta più in alto in ragione del requisito dell’età.
Il problema dei lavoratori discontinui
Riguardo ai 41 anni invece, il vantaggio ci sarebbe per chi ha iniziato a lavorare presto, intorno ai 18-20 anni. Sarebbe, al contrario, un problema, poter godere di tal previsione, per chi (la maggioranza ormai) è costretto a svolgere lavori non continuativi, da precario, e inizia a lavorare tardi per motivi di studio. E’ vero che la laurea si può riscattare, anche in maniera agevolata, ma è pur sempre una spesa da affrontare. La categoria più avvantaggiata resterebbe in definitiva quella dei dipendenti pubblici, che hanno imboccato la strada di un lavoro a tempo indeterminato e continuativo subito dopo il diploma, una platea non certo maggioritaria.
Opzione donna e Ape sociale
Per completezza del discorso va segnalato che restano fruibili Opzione donna e Ape social, avendo trovato spazio nella Legge di Bilancio 2021.
Si vedrà comunque a fine mese, quando dovrebbe veder la luce la riforma, se le strade per i nuovi pensionamenti saranno queste o se ne tracceranno altre, magari più agevoli, per i lavoratori.
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