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Cinque domande con...Lucia Vitali consigliere comunale a San Giustino

Commercialista di professione, con lei analizziamo gli effetti del Covid-19 nell'economia

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Nella primavera di un anno fa, è stata protagonista della consultazione elettorale a San Giustino. Paolo Fratini è stato confermato sindaco e lei è stata la sua diretta avversaria: si tratta di Lucia Vitali, esponente della lista Patto Civico, che rappresenta in consiglio comunale con il ruolo di capogruppo. Nella vita professionale, la Vitali lavora nello studio commerciale di famiglia e quindi diventa interlocutrice indicativa per parlare degli effetti del coronavirus anche dal punto di vista economico.

Consigliere Vitali, come valuta la gestione dell’emergenza Covid-19 a San Giustino?

“Fortunatamente, il nostro territorio è stato solo sfiorato dal problema. Ovviamente, però, era necessario affrontarlo di petto, perché sarebbe bastato un solo caso per creare difficoltà. Come gruppo di opposizione, ci siamo relazionati in termini informali con la maggioranza: vi sono state interazioni e il sindaco ci ha sempre informati sull’andamento della situazione, anche se poi sono subentrati contrasti su alcuni aspetti dai noi fatti presenti ma non tenuti in considerazione”.

La sua famiglia è titolare di uno studio commerciale nel quale lavora anche Lei. Dopo l’emergenza sanitaria, ci sarà da fare i conti anche con quella economica?

“La vera preoccupazione è questa. Una preoccupazione che avrebbe dovuto marciare di pari passo con quella sanitaria, anche se all’inizio era giusto che quest’ultima avesse la priorità, ma si sapeva benissimo che le ripercussioni sarebbero state anche di ordine economico e pesanti nella loro portata. Seguendo un trend pessimistico, avevo stimato le perdite intorno al 30%: la realtà dice che siamo intorno al 15-20% in meno, ma si tratta di un calo pur sempre consistente. La vera situazione di crisi emergerà più avanti, quando non arriveranno più gli ammortizzatori sociali (che già tardano ora) e le tasse rimarranno ugualmente da pagare. Anzi, ora arriveranno gli adempimenti di giugno: a cosa serve un posticipo a settembre, allora? Ad accumulare una cifra totale consistente, perché rinviare le tasse non vuol dire cancellarle. Una risposta non adeguata a livello nazionale dal punto di vista economico e fiscale, che si farà sentire anche in ambito sociale”.

A suo parere, è da rivedere il rapporto dell’Italia con l’Europa?

“Andrebbe definito in maniera univoca. Mi capita di leggere e di notare atteggiamenti differenti: quanto cioè viene detto dall’Italia (maggioranza od opposizione governativa che sia a parlare), non trova spesso rispondenza nei documenti di provenienza comunitaria. È necessario allora un dialogo con l’Europa anche attraverso fonti ufficiali e non una informazione che poi viene mediata. Ciò detto, l’Unione Europea andrebbe ripensata proprio concettualmente come idea, perché quelli che erano i principi fondanti sono andati con il tempo sempre più scemando: non esiste un’unità economica e anche sul piano sociale non si può riassumere il tutto con la Convenzione di Schengen”.

Un anno fa le elezioni comunali a San Giustino, che l’avevano vista scendere in campo come avversaria del sindaco uscente Paolo Fratini. Quale bilancio stila del primo anno di mandato alla testa dell’opposizione?

“Debbo dire che è stato un anno abbastanza “agitato”, se pensiamo che in ottobre si sono tenute le elezioni anticipate in Regione, poi è stata la volta del referendum per la riduzione dei parlamentari, alla fine saltato perché con l’inizio di marzo tutto è cambiato a causa dell’emergenza coronavirus. Un anno pieno di trambusti, quindi, nel quale non è stato possibile concentrarsi nei vari ambiti, ma si tratta comunque di una esperienza positiva. Dobbiamo intanto auspicare che il capitolo Covid-19 si chiuda prima possibile e poi tornare a occuparsi tutti del territorio: abbiamo davanti quattro anni per perseguire gli obiettivi che ci eravamo prefissati in campagna elettorale. San Giustino ha acquisito con il tempo una propria identità, data dall’incremento della popolazione e dalla presenza di importanti realtà imprenditoriali che conferiscono al nostro Comune un peso significativo anche dal punto di vista economico. Siamo poi la “porta dell’Umbria” per chi viene da nord e allora dobbiamo essere considerati il territorio del benvenuto”.

Cosa ci ha insegnato questo periodo di ristrettezze e sacrifici?

“Vorrei dividere questa risposta in due parti. La prima riguarda l’aspetto amministrativo: sono stati toccati i nervi scoperti della nostra nazione, ovvero l’attribuzione delle competenze fra Stato e Regioni (causa di confusioni in più di una circostanza) e poi la burocrazia, che per noi è un autentico handicap. La seconda parte è relativa ai risvolti di natura sociale: abbiamo subito una fortissima limitazione della libertà personale, che abbiamo accettato in nome della salute pubblica. Speravamo inizialmente in una riscoperta di valori umani e di solidarietà, che in effetti c’è stata, poi però – non per la cattiva volontà delle persone – è subentrato un clima di evidente tensione, generato dall’incertezza sul futuro, dovuta anche alla mancanza di un preciso indirizzo istituzionale. È tutto questo ha tolto tranquillità alla gente”.         

Redazione
© Riproduzione riservata
04/06/2020 10:34:03


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