"Punito per aver condannato il razzismo", l’ammonizione che imbarazza la Bundesliga
Cartellino giallo a Sancho del Borussia Dortmund per aver mostrato la scritta “giustizia per Floyd”
«Giustizia per George Floyd», è il messaggio scritto sulla t-shirt che Jadon Sancho indossava sotto la maglia ufficiale quando ha segnato il gol del raddoppio al Paderborn. L’attaccante del Borussia Dortmund lo ha mostrato alle telecamere e l’arbitro Daniel Siebert lo ha ammonito. Regolamento alla mano, il cartoncino giallo è un atto dovuto quando un giocatore in campo si toglie la maglietta per festeggiare. Ma Sancho rischia una sanzione più severa, perché il calcio vieta ogni sorta di messaggio politico, religioso o anche soltanto personale. La norma è in vigore dal 2014, anche se le sanzioni sono lasciate a discrezione delle varie leghe. Achraf Hakimi, compagno di squadra di Sancho, non è stato punito quando ha segnato e mostrato la stessa scritta «Giustizia per George Floyd», l’afroamericano ucciso dalla polizia a Minneapolis. Nel campionato tedesco, il primo e più importante ad avere ripreso a giocare dopo l’epidemia, hanno manifestato per Floyd anche McKennie dello Schalke e Thuram del Borussia Mönchengladbach. «Punire un giocatore che si è espresso a favore di un uomo ingiustamente ucciso è comunque sbagliato - sostiene Piara Powar, della Rete antidiscriminazione nel calcio -. Non c’entrano i partiti e non è una minaccia per lo sport. Sancho ha espresso preoccupazione e solidarietà». Mentre i vertici della Bundesliga per adesso non commentano, Sancho insiste su twitter: «Dobbiamo essere uniti e batterci per la giustizia». La sua ammonizione in campo ha scatenato la reazione di altri sportivi e delle associazioni che si battono contro le discriminazioni. «Un intervento discipilinare di fronte a una manifestazione per i diritti umani è l’ultima cosa che ci vorrebbe - lamenta alla Ap Brendan Schwab, di World Players Association -. Tre anni fa la Fifa aveva dichiarato il proprio impegno per il rispetto dei diritti umani dove vengono ospitati i suoi eventi. Negando ai giocatori la libertà di espressione negli stadi è in diretto contrasto con quella dichiarazione».
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