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Cinque domande con...Marco Donati ex deputato e ora esponente di Italia Viva

Il politico aretino non ha tradito la sua fede "renziana"

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È stato deputato dal 2013 al 2018 nelle file del Partito Democratico, poi nell’ottobre del 2019 ha aderito a “Italia Viva”. L'ex onorevole aretino Marco Donati, 40 anni, ha confermato con questo passaggio la sua fede “renziana”, anche se in questo momento è impegnato di più su un altro versante. A lui, il compito oggi di analizzare l’attuale situazione determinata dal Covid-19. 

Donati, con quale aggettivo si può definire il comportamento tenuto dagli italiani durante questa fase di emergenza sanitaria?

“Non so se dire esemplare oppure no. In una fase così complessa è stato chiesto a tutti di limitare la propria libertà, per cui credo che quantomeno quella degli italiani sia stata una risposta responsabile, come i dati stanno dimostrando. Certamente, occorre gestire bene le successive fette di libertà che ci riprenderemo, per quanto stia notando l’emergere di sentimenti contrastanti: da una parte, la voglia di ripartire perché c’è una seria preoccupazione sul futuro della nostra economia; dall’altra, la prudenza perché il virus potrebbe tornare a far sentire i propri effetti, ma al di là delle polemiche vedo come per esempio all’interno delle aziende l’attuazione delle disposizioni sia corretta”.

Un gestione saggia anche ad Arezzo e nell’Aretino?

“A livello generale, non vi sono appunti particolari a esponenti amministrativi del capoluogo e della provincia. Poi ci potranno essere stati episodi più o meno negativi, ma non influenti; semmai, il risvolto che ho trovato più debole durante il periodo dell’emergenza è stato l’incapacità di pensare a mettere insieme un qualcosa di utile per capire come il mondo sarebbe stato dopo il Covid-19. E il mondo cambierà con un’accelerazione forte ed epocale”.

Spesso, parentesi difficili come questa stimolano anche la creazione di nuove opportunità. Quella che ha messo in piedi lei in cosa consiste?

“Ho cercato di elaborare un qualcosa prendendo spunto dal settore del quale mi sto occupando ora, la formazione e mi sono detto: iniziamo a lavorare prediligendo logiche quali ad esempio la sostenibilità e la semplificazione. È così nata “Italia Agile”, che vuol promuovere idee e contenuti utili alla ripartenza; assieme a me, che sono il presidente, vi sono professionisti di diversi ambiti che hanno sposato questa filosofia della “snellezza” e l’operazione chiave è la trasformazione digitale, che sta diventando per tutti - pubblico e privato - una vera e propria esigenza”. 

Per molti, l’emergenza Covid-19 ha rappresentato il fallimento della globalizzazione. È d’accordo?

“Credo che già prima dell’arrivo della pandemia alcuni cardini della globalizzazione fossero venuti meno. Il Covid-19 ha accelerato il processo, per cui Paesi come l’Italia debbono capire di dover ritrovare un minimo di autosufficienza produttiva, evitando che determinati prodotti provengano da altri Stati, anche se adesso occorre una nuova organizzazione di base. Mi sembra però che ancora siamo lenti nel capirlo e scarsamente propositivi. All’Italia manca una “vision” di lungo periodo”.

Cosa prendere di insegnamento da questa parentesi di sacrifici e ristrettezze?

“Il ritmo della nostra vita era diventato tale che, presi dalle nostre necessità, non riuscivamo più ad apprezzare le cose importanti. La quarantena forzata ci ha fatti tornare ad avere una maggiore cura di noi stessi e a valorizzare tutto ciò che abbiamo intorno. Abbiamo capito che i ritmi forsennati non ci aiutano e allora diventa necessario disegnare un nuovo modello che sia sostenibile”.    

Redazione
© Riproduzione riservata
30/05/2020 13:38:59


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