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Cinque domande con...l’onorevole del Pd Walter Verini

Dopo l’esperienza di giornalista ha intrapreso una brillante carriera politica

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Un esponente politico senza dubbio autorevole che proviene da Città di Castello: l’onorevole Walter Verini, 64 anni, che dopo l’esperienza di giornalista ha intrapreso una brillante carriera politica all’interno del Pci, poi Pds e Ds e adesso Partito Democratico. Ha ricoperto incarichi istituzionali al Comune di Città di Castello, poi ha continuato la sua ascesa con la svolta a fianco di Walter Veltroni (del quale è stato segretario nel periodo in cui era sindaco di Roma) e dal 2008 la sua presenza è fissa alla Camera come deputato del Pd. Gestione del coronavirus, modello di sanità e rapporto con l’Europa nel consueto “focus” quotidiano della nostra redazione.

Onorevole Verini, come si spiegano questi ritardi del governo nazionale su cassa integrazione, bonus e sostegni alle imprese?

“Abbiamo affrontato una emergenza drammatica e nuova, che ha sconvolto le nostre certezze. Gli stessi scienziati hanno fatto fatica nel venire a capo della situazione e le loro tesi, spesso discordanti, non ci hanno di certo dato una mano. A mio avviso, il governo si è mosso bene: abbiamo cercato di far vedere agli italiani che in un momento di paura eravamo presenti e che abbiamo adottato provvedimenti significativi; ci sono stati poi degli errori – è vero – vedi appunto i ritardi su cassa integrazione e bonus e delle banche sui prestiti garantiti dallo Stato, ma è anche vero che ora di mezzo c’è la burocrazia. Questa è l’Italia: nessun governo – di centrodestra, centrosinistra, gialloverde e giallorosso che fosse – è stato finora capace di scardinare un apparato burocratico che blocca la velocità di esecuzione degli interventi. Anche l’Europa lo ha capito e stanno arrivando risorse importanti; abbiamo messo sul piatto qualcosa come 80 miliardi di euro complessivi di misure che hanno il valore di 4 finanziarie. A questo punto, la nuova emergenza da risolvere è quella della lentezza: pubblica amministrazione, giustizia, sanità e credito debbono usufruire di procedure più semplici e veloci, ma sempre ovviamente trasparenti. Attenzione poi: se non eroghiamo soldi in fretta, le mafie piomberanno come avvoltoi, prestando soldi a tassi usurai e il pericolo al quale potremmo andare incontro è fin troppo chiaro”.

Si stanno riaprendo, seppure parzialmente, i confini fra Toscana e Umbria. Di recente, Lei ha criticato l’atteggiamento della presidente della Regione dell’Umbria, Donatella Tesei: troppo prudente o poco coraggiosa?

“La Tesei sarà pure governatrice dell’Umbria da soli sette mesi, ma è una donna che ha esperienza dal punto di vista sia politico che amministrativo. Proviene dal Senato e prima è stata sindaco del Comune di Montefalco, ma in questa fase ha preferito distinguersi per attaccare il governo centrale, quando invece avrebbe potuto fare qualcosa con i poteri che la sua carica Le assegna. Si è pertanto scrollata di dosso quelle responsabilità che altri governatori si sono presi: Lei le ha volute eliminare”.

Condivide l’opinione di chi in questi ultimi tempi ritiene necessaria una revisione della sanità?

“La condivido in pieno. Se in Umbria e in Toscana l’emergenza sanitaria del Covid-19 è stata affrontata meglio che da altre parti, è perché non vi è stato lo smantellamento della sanità pubblica in favore di quella privata. Nelle nostre regioni è stato privilegiato il modello ospedaliero con la medicina territoriale diffusa: una rete sanitaria che ci ha permesso di reggere la botta. Anche in questo caso, la governatrice Tesei dovrebbe riconoscere che il modello Lombardia ha fallito. L’insegnamento da trarre è quindi il seguente: la nuova normalità dovrà cancellare gli aspetti negativi di prima e potenziare le linee che tutelano il sistema universale di sanità, senza divisione fra ricchi e poveri e fra figli e figliastri”.

E il rapporto con l’Europa?

“Deve intanto essere un’Europa più sociale e meno finanziaria. Vedo comunque segnali importanti, come la sospensione del patto di stabilità e il grande ruolo che sta assumendo la Bce, ma anche le risorse per il sostegno del lavoro e per gli ammortizzatori sociali. Le stesse aperture della Merkel e di Macron sul “recovery fund” sono la dimostrazione del fatto che l’Europa ha capito che occorre rilanciare il lavoro e, con esso, la dignità del lavoro. La pandemia ha cambiato il modo di pensare: anche i sovranisti italiani adesso non parlano più di migranti e di Europa per farsi propaganda. L’Europa ha capito che Paesi come l’Italia stanno andando a picco, con famiglie che non arrivano in fondo al mese, con commercianti che non riaprono i negozi e con aziende che stanno per chiudere: questo non deve succedere e allora i Paesi in difficoltà debbono essere aiutati, pena un crollo dal punto di vista economico e sociale. Non solo: Cina, Stati Uniti e Russia vogliono riconquistare i mercati e allora solo un’Europa solidale e più forte, nella quale ogni nazione ha il suo beneficio, può mettersi in competizione con i grandi colossi”.

Quando si potrà recuperare la piena normalità?

“E’ chiaro che così sarà quando arriverà il vaccino. Occorre pertanto una internazionale scientifica: in questo senso la globalizzazione, che pure ha i suoi rischi e risvolti negativi, ha anche delle virtù. Se deve servire per una conoscenza globale, ben venga la globalizzazione e fino a quando non vi sarà il vaccino non si potrà nemmeno parlare di sicurezza. Un vaccino accessibile per tutti, non tenuto sotto scacco dal mercato. Allo stesso tempo, però, dobbiamo riaprire il Paese e le relazioni: penso non soltanto alle aziende, ma anche ai giovani, la categoria più provata da questa emergenza, perché ha avvertito gli effetti della mancata socializzazione. Occorre quindi che ciò avvenga: con fiducia, con la massima sicurezza e nel rispetto delle regole, perché un passo falso ora può essere pericolosissimo. Come Italia, abbiamo dato un’ottima dimostrazione: continuiamo su questa strada!”.     

Redazione
© Riproduzione riservata
24/05/2020 07:32:49


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