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Piccole e medie imprese aretine strozzate della burocrazia: è rischio chiusura

Confartigianato, Papini: "Portare le imprese fuori da questo sistema asfissiante e ingestibile"

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Ripartenza?.. Fase2?..Fase 3?.. Rilancio dell’attività delle imprese? “Nelle condizioni attuali l’unica certezza è il gravissimo rischio di chiusure di massa, di rinunce: quale imprenditore vorrà più assumersi il rischio d’impresa se questo non è solo economico ma anche penale? E se la burocrazia da pesante che era è diventata assolutamente asfissiante, impedendo di fatto all’artigiano di portare avanti la propria attività?”

Sono parole di Alessandra Papini, segretario generale di Confartigianato Arezzo, che descrive uno scenario nel quale le piccole e medie imprese aretine e toscane sono, mai come ora, sull’orlo del baratro. “Tutto ciò a causa soprattutto dell’incredibile, dannoso e inatteso inasprimento della burocrazia legata alla ripresa dell’attività imprenditoriale a seguito dell’attenuazione delle pandemia covid19”.

Siamo di fronte al solito caos all’italiana, troppi i soggetti in causa che si  sovrappongono gli uni agli altri ognuno con proprie regole, criteri, funzioni e procedure. E ognuno chiede alle imprese cose diverse o, se chiede le stesse cose, le chiede con modalità diverse o chiedendo documentazione diversa.  Una cosa però le accomuna: scaricare sulle imprese le loro inefficienze magari spacciandole per semplificazione. Un esempio di questi giorni è aver imposto la modalità on line – purtroppo ancora non accessibile in autonomia da tantissime imprese - come obbligo per la compilazione e inoltro dei protocolli anticontagio previsti dall’ordinanza n.48 della Regione Toscana, escludendo la possibilità dell’inoltro via pec come previsto fino ad ora.

“Una disposizione che ci ha immediatamente allarmato e preoccupato – e fin da subito il sistema Confartigianato si è attivato a più riprese presso la Regione - inducendoci a chiedere di ripristinare la procedura dell’invio della Pec o comunque di prevedere soluzioni alternative a quelle prospettate che, sapevamo bene, sarebbero state impraticabili in autonomia da molte imprese, e ingestibili da coloro ai quali le imprese si sarebbero rivolte per chiedere assistenza”.  

Senza entrare in dettagli troppo tecnici, Alessandra Papini spiega anche che “in parole povere siamo di fronte a un’incomprensibile e ingiustificabile soffocamento da parte della burocrazia: in questa situazione qualsiasi complicazione evitabile deve essere evitata e, se vogliamo responsabilizzare le imprese, dobbiamo fare di tutto per contribuire a creare un contesto che le aiuti e che trasmetta loro fiducia, senza inutili vessazioni burocratiche. Abbiamo già chiesto a gran voce di ripristinare al più presto l’invio tramite pec o tramite e-mail dei protocolli e, alla luce delle tante incertezze e  problemi interpretativi che stanno venendo fuori in questi giorni, chiediamo che venga  prorogata la scadenza del 18 maggio”.

Ma non basta. Sugli imprenditori, in particolare edili, grava un altro incubo, questo non di origine toscana ma direttamente governativo: “L’articolo 42 del decreto Cura Italia, al comma 2, prevede infatti  - spiega ancora Papini - che se un lavoratore è contagiato dal Covid-19 il  caso è iscritto nel registro dell’Inail come infortunio sul lavoro. E’ chiaro che la priorità assoluta è la tutela della salute, ma il rischio è di  cadere in un ginepraio legale:  ritenere a priori il contagio come infortunio sul lavoro automaticamente implica contenziosi con le aziende, che potrebbero portare a gravi sanzioni, sia in sede civile che penale, in quanto potrebbero configurarsi, in capo al datore di lavoro, varie ipotesi di reato, dalle lesioni gravissime fino all’omicidio colposo. Ma per quale motivo il datore di lavoro dovrebbe assumersi responsabilità che di fatto non ha, in particolar modo quando ha rispettato in pieno gli standard previsti per il contenimento dell’epidemia?”. 

E ancora non basta. Al di là dei controlli che le aziende subiscono dalle varie autorità locali e forze dell’ordine, ora la documentazione e o i protocolli di cantiere inerenti l’adozione delle misure anti-contagio del Covid19 dovranno essere resi disponibili per l’analisi anche ai Comitati territoriali e di cantiere, partecipati dai sindacati:  ogni singolo Comitato potrà individuare e utilizzare sistemi di comunicazione, informazione e di archiviazione documentale accessibile ai rispettivi membri per la relativa presa di visione e, ai fini della verifica dell’adozione nei cantieri delle disposizioni dei protocolli nazionali, potrà accedere alla visione dei documenti di cantiere utili a questo fine. Ai Comitati è anche consentito l’accesso alle notifiche preliminari di apertura dei cantieri e alle denunce di apertura dei cantieri presso le Casse Edili competenti”.

“O riusciamo a far capire alle autorità - conclude allora Papini - che un simile sistema è assolutamente impraticabile, e riusciamo a portare le imprese fuori da queste procedure asfissianti e ingestibili, oppure assisteremo alla fine di un sistema imprenditoriale di grande valore, con tutte le conseguenze occupazionali e quindi anche sociali che questo comporta”.

Redazione
© Riproduzione riservata
11/05/2020 16:19:01


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