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Intervista con Fabio Catacchini calciatore della Tiferno Calcio

Prima di attaccare le scarpette al chiodo vuole togliersi ancora delle soddisfazioni

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Reduce da una eccellente carriera nel calcio professionistico, a 36 anni compiuti Fabio Catacchini ha intenzione di togliersi le ultime soddisfazioni da giocatore. Dal Sansepolcro alle giovanili del Parma, di nuovo al Sansepolcro in D, poi la C1 con la Pistoiese, la B con il Rimini ed esperienze in prestigiose piazze italiane: Frosinone, Catanzaro, Forlì e Prato, con il ritorno a Sansepolcro prima del passaggio al Trestina e ora al Tiferno, con la squadra prima in classifica nel campionato di Eccellenza umbra al momento della sospensione per l’epidemia del Covid-19. Adesso, anche lui è ai box nella sua di casa di Fighille di Citerna, con il piacere comunque grande di stare in famiglia.  

Catacchini, chi avrebbe mai pensato a una cosa del genere?

“In effetti, non era proprio da immaginare, anche considerando le tante disponibilità scientifiche e tecnologiche del momento. Il coronavirus ci ha “riportato” sulla terra e ci ha tolto una bella fetta di certezze. Occorre quindi studiare la verità di questo fenomeno, che lascia ancora più stupiti se andiamo a vedere che ha colpito le zone più ricche d’Italia e del pianeta”.

È stato allora giusto porre uno stop immediato a qualsiasi genere di attività sportiva e ai campionati delle varie discipline, anche se agli alti livelli del calcio si preme per ripartire?

“Penso proprio sì: ognuno dice la sua, ma adesso è fondamentale il rispetto a 360 gradi delle regole dettate dalle nostre pubbliche istituzioni. Così mi hanno educato a fare: fermarsi è stato allora doveroso. Lo sport è prima di tutto un veicolo sociale, per cui era logico che andasse così, poi si sa che il calcio ai piani superiori è anche un veicolo di tanti soldi. Stavo appunto leggendo che chi spinge più di tutte è l’Uefa, la quale insiste con la Champions League ad agosto. E la Serie A sta pensando a un modo per ripartire”.

Come dovrà essere la ripresa anche nel mondo dello sport?

“Graduale. A mio parere, se la Serie A dovesse ripartire, ci starebbe per una questione di maggiore sicurezza, perché con le altre società (io ho giocato in B e in C) la differenza è marcata e quindi queste ultime farebbero più fatica a ottemperare alla serie di accorgimenti e sacrifici imposti. Molto dipenderà da come evolverà la “fase 2”, specie per ciò che riguarda i dilettanti. È questo il vero dramma: c’è infatti chi vuol ripartire, ma ci vogliono le giuste condizioni”.

Quale la vera preoccupazione attorno a una macchina più complessiva che si è all’improvviso fermata?

“Sono un padre di famiglia e quindi cerco di proteggere il più possibile la mia famiglia. Penso che tutto sommato sia stato compiuto un discreto lavoro per far operare al meglio i sanitari, anche se noi italiani siamo un popolo non facilmente gestibile. Ora, tutti hanno fretta di finire la stagione in corso, quando al momento è in dubbio anche la prossima. Adoperando una metafora, lasciamo passare le nebbie del “terremoto” e vediamo quanti danni questo ha provocato. C’è il serio rischio che possa essere condizionata anche una parte della prossima stagione. Si guarda al risvolto materiale della situazione e non alla salute: questo mi preoccupa più di qualsiasi altra cosa”.

Cosa ci ha insegnato il “lockdown” derivante dall’emergenza coronavirus?

“A riscoprire quelli che sono i veri valori: la famiglia, l’amicizia. Ci ha insegnato che ora è necessario fare un passo indietro per poi farne tre in avanti. Siamo andati troppo avanti, ma con quale risultato? Non parlo per me, che ho avuto la fortuna di giocare al calcio, ma immaginate una persona che si alza ogni mattina presto per tornare tardi dopo una giornata di corse e affanni per portare a casa lo stretto necessario. Sarebbe opportuno far vivere meglio anche chi sostiene quotidianamente enormi sacrifici. Spero che questo periodo abbia tolto di mezzo sentimenti quali invidia e freddezza, che avevano preso troppo campo, per lasciare il posto alla collaborazione. La tecnologia è bella, straordinaria e importante, ma i rapporti umani – quelli veri – debbono riprendersi il loro spazio”.  

Redazione
© Riproduzione riservata
22/04/2020 07:46:10


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