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Dalla Spagna alla Turchia il coronavirus non ferma l’“italian sounding” sul cibo

Il Mise ha segnalato cinque casi di uso illegittimo dell’immagine del nostro Paese

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Dalla pasta alla pizza surgelate. Il Coronavirus non ferma l’italian sounding sull’agroalimentare made in Italy. Anzi, l’aumento delle vendite on line rischia di aumentare l’uso di questa pratica sleale come dimostra la lettera inviata il 10 aprile dal ministero dello sviluppo economico all’Ispettorato centrale repressione frodi per segnalare cinque casi di «uso illegittimo a fini pubblicitari dell’immagine dell’Italia e della nota qualità delle nostre produzioni alimentari, con evidenti effetti anche sulla leale concorrenza fra le imprese». Nella lettera, firmata dal direttore generale Mario Fiorentino, si sottolinea come questi casi «rientrano infatti, a pieno titolo, nella pratica scorretta dell’Italian sounding, molto diffusa nei paesi extra UE, ma presente nello stesso mercato dell’Unione» e si chiede all’ispettorato di intervenire perché si tratta di «pratiche che recano un danno economico alle imprese e al tempo stesso ledono l’immagine del nostro Paese».

E la risposta dell’ispettorato non si è fatta attendere: «Le denunce italiane sono già on line sul sistema Rasssfd Acc della commissione europea e quindi già visibili dalle autorità locali degli stati membri coinvolti». Adesso tocca a loro intervenire perché come spiegano alcuni esperti del settore «in Europa dovrebbe essere applicata una disciplina armonizzata ma il problema è che negli altri paesi tali pratiche sono tollerate. La questione è politica: va posta una questione di coerenza all adesione ai principi di appartenenza europea e di condivisione di fini».

Secondo la direzione generale lotta alla contraffazione del Mise «il giro d’affari annuo dell’Italian Sounding è stimato in circa 54 miliardi di euro l’anno (147 milioni di euro al giorno), comunque oltre il doppio dell’attuale valore delle esportazioni italiane di prodotti agroalimentari (23 miliardi di euro). Quindi, almeno due prodotti su tre commercializzati all’estero si riconducono solo apparentemente al nostro Paese». Il danno per l’Italia è di oltre 90 miliardi di euro e di migliaia di posti di lavoro in meno. 

Il percorso per arrivare ad armonizzare le regole è pieno di ostacoli come dimostra la battaglia sull’obbligo di indicare l’origine delle materie prime nei prodotti alimentari anche se in alcuni casi, come la tutela dei prodotti Dop e Igp, le misure di contrasto possono funzionare perché «il problema è stato risolto solo a seguito dell introduzione dell istituto dell ex officio». Nel 2019, comunque, l’Ispettorato ha ha operato 3.276 interventi all’estero e sul web, compresi gli interventi sulle tre più grandi piattaforme web del mondo: Alibaba, Ebay e Amazon. L’Icqrf ha avviato procedure di contrasto a usurpazioni ed evocazioni che hanno riguardato 513 casi: 254 prodotti in vendita sul market place e-Bay, 65 quelli su Amazon e 21 su Alibaba; 17 casi hanno riguardato prodotti agroalimentari e 156 prodotti vitivinicoli in vendita sul web e in locali pubblici.

E l’attività di contrasto è andata avanti anche in queste settimane come ha spiegato la ministra dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, nel corso di un’informativa al Parlamento: «In questa fase emergenziale non sono mancate anomalie nei rapporti contrattuali che sembravano andare oltre i corretti rapporti di filiera. Ci sono stati segnalati diversi casi e per fermare da subito ogni potenziale pratica sleale abbiamo attivato un indirizzo di posta elettronica dedicata e monitorata dall'Ispettorato». Ad oggi «sono stati segnalati «una ventina di casi da approfondire. Complessivamente, dall'inizio del mese di febbraio, l’Ispettorato ha effettuato, su tutto il territorio nazionale, oltre 15.500 controlli anti-frode, e oltre 2.200 controlli analitici»..

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
19/04/2020 08:48:48


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