Pace fra Trump ed Erdogan, summit mercoledì 13 alla Casa Bianca
Posizioni più vicine sulla Siria, i curdi preoccupati chiedono aiuto alla Russia
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha accettato l’invito di Donald Trump e il 13 novembre sarà a Washington. A sbloccare la situazione una telefonata “molto positiva” fra i due leader nella tarda serata di mercoledì. Erdogan e Trump hanno discusso soprattutto della situazione in Siria. L’offensiva turca nel Nord-Est contro i curdi delle Ypg aveva innescato una crisi culminata con sanzioni imposte dalla Casa Bianca, poi ritirate dopo il cessate-il-fuoco mediato dal vicepresidente Mike Pence. Pochi giorni dopo, a Sochi, Erdogan aveva siglato un patto con il leader russo Vladimir Putin e le posizioni fra Stati Uniti e Turchia si erano di nuovo allontanate.
Alleato Nato fondamentale
Ma Washinton adesso cerca di recuperare, in quando non può perdere un alleato strategico, il pilastro della Nato in Medio Oriente. Domani arriverà ad Ankara l’inviato speciale sulla Siria James Jeffrey. Sono previsti incontri con rappresentanti del governo turco e i capi politici delle milizie arabo-sunnite che partecipano all’offensiva turca nel Nord-Est. Questo segna un riavvicinamento delle posizioni americane a quelle turche anche rispetto ai curdi siriani, che Ankara considera “terroristi” per i loro legami con il Pkk. Anche le milizie arabo-sunnite, un cartello di gruppo spesso jihadisti, rappresentano però un problema, in quanto si sono rese protagoniste di crimini di guerra, come l’efferata uccisione della 35enne politica curdo-siriana Hevrin Khalaf.
Nel Nord-Est si continua a combattere
I curdi, nel riavvicinamento turco-americano, rischiano di essere di nuovo i grandi perdenti. Erdogan si è anche lamentato che “né Usa né Russia” hanno mantenuto la promessa di far ritirare i guerriglieri curdi a 30 chilometri dalla frontiera e ha minacciato di riprendere l’offensiva se i patti non saranno rispettati. In realtà il cessate-il-fuoco non è mai stato rispettato. Oggi c’è stata una battaglia accanita in alcuni villaggi a Ovest di Ayn Issa, lungo l’autostrada M4 che collega Aleppo alla frontiera con l’Iraq e attraversa tutto il Kurdistan siriano. I guerriglieri curdi, con l’appoggio dell’artiglieria dell’esercito governativo, hanno ripreso alcune località ai miliziani arabi, a loro volta sostenuti dal fuoco dei cannoni turchi.
Curdi tra Mosca e Washington
Il comandante delle Forze democratiche siriane, Mazlum Abdi Kobani, ha però respinto l’invito di Bashar al-Assad a fondere le sue forze nell’esercito governativo. Il comandante, ricercato fra l’altro dai turchi per “terrorismo”, ha tenuto aperto un canale con gli americani e spiegato che collaborerà con loro nelle zone dove sono rimaste truppe statunitensi, al confine con l’Iraq. Ha poi ha aggiunto che “si fida dei russi”. Mosca sta mediando fra curdi e Damasco per un accordo politico-militare. I curdi chiedono che le loro forze armate, 60 mila uomini più 40 mila agenti di polizia, mantengano un ruolo autonomo all’interno di quelle governative. Stesso discorso per l’amministrazione civile, che dovrebbe godere di una sostanziale autonomia.
Commenta per primo.