Fallimento Banca Etruria: l'istituto bancario trasformato in bancomat dai suoi vertici
Durissima la testimonianza di Giuseppe Santioni, liquidatore della banca aretina
Nel processo relativo al fallimento di Banca Etruria, Giuseppe Santoni, liquidatore della vecchia Banca Etruria, ci va durissimo: "Era diventata il bancomat dei vertici dell'istituto. Ben 198 posizioni di fido per un totale di 180 milioni deliberati di cui 80 in fumo". Il professore alla domanda di quanto ammontava il deficit dell’istituto bancario aretino, risponde in maniera perentoria “Circa 300 milioni”, cioè 600 miliardi del "vecchio conio”, quanto basta a dire le dimensioni di un crac epocale. Nella giornata di ieri, in aula vi erano anche Emanuele Gatti e Girolamo Di Veglia, i due capi-ispettori di Bankitalia che letteralmente sventrarono una banca già decotta di suo. Santoni divide le grandi sofferenze in due categorie. Quelle, diciamo così, derivanti da un calcolo errato della capacità di rientro dei prestiti (lo Yacht di Civitavecchia, 25 milioni in fumo, la San Carlo Borromeo del guru Armando Verdiglione, valutazione abnorme di 290 milioni per un singolo immobile, con un finanziamento concesso dalla centrale di Arezzo di 25 milioni (dopo che la filiale di Milano aveva detto no), di cui ben 22 andarono persi. C’è poi tutto il pianeta Intermedia del finanziere ex rosso Vincenzo Consorte, con i soldi andati anche a Pierino Isoldi e alla Hevea. Un altro disastro. Ci sono infine i crediti concessi in conflitto di interesse, cioè ad amministratori della stessa Bpel e alle loro società. Il più oneroso, in assoluto la maggiore sofferenza di Etruria, è quello andato ai cementifici Sacci dell’ex consigliere Augusto Federici: 49 milioni mai rientrati su 52 e non è neppure un calcolo definitivo. Il professore ci aggiunge anche la High Facing del vicepresidente Giorgio Guerrini e la Città Sant’Angelo dell’ultimo presidente Lorenzo Rosi, finanziamento concesso prima ancora che venisse costituita la società, dice lui). In tutto, dichiara Santioni, sono state aperte ben 198 posizioni di fido in conflitto di interessi, per un totale di 180 milioni deliberati e 140 erogati, 80 dei quali mai rientrati. Chi governava Etruria, accusa in aula e poi ribadisce nelle interviste alla fine, l’ha usata come un bancomat per i propri interessi personali.
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