Opinionisti Claudio Cherubini

Il Borgo che vorrei

Tanti musei per non perdere l’identità culturale

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Il “Borgo che vorrei”, per usare un’espressione di una mia “amica di facebook”, è quello che non dimentica la propria identità. Allora dietro a Piero della Francesca che ha reso famoso il Borgo Sansepolcro nel mondo è necessario aggiungere qualcos’altro. Vanno bene anche le feste popolari che rievocano come recentemente è successo gli anni ’50 o che in altre occasioni si prendono a pretesto varie idee per aggregare i borghesi lungo le vie del centro storico. Vanno benissimo le iniziative artistiche come quelle dei Laboratori permanenti, di Kilowatt e della Casermarcheologica, anche perché il Borgo ha bisogno di uscire dal provincialismo in cui spesso cade. Come mi piace ricordare che tutto ciò che viene fatto con passione è utile alla città, siano manifestazioni messe su alla buona o kermesse sofisticate. Queste iniziative costano sacrificio e impegno, così lo sforzo di tanti deve essere sempre giustamente tenuto in considerazione sia che piacciano sia che non incontrino i propri gusti, sia che si trovino dei difetti sia che se ne vedano i limiti.

Ma al “Borgo che vorrei” manca qualcosa che ricordi al turista e ai borghesi più distratti, soprattutto quelli delle ultime generazioni ma non solo, l’identità di questo paese. Nel mio ultimo viaggio in Islanda una cosa che mi ha colpito è stata la presenza di tanti musei (peraltro tutti a pagamento) che raccontano la cultura del luogo. Prendo ad esempio  Borgarnes, un piccolo centro di neppure 2000 abitanti. La guida della Lonely Planet mi aveva condotto lì perché è un luogo, molto antico, in cui erano approdati alcuni famosi colonizzatori dell’isola e dove c’è il Centro Studi sulla Colonizzazione con un importante museo sui primi insediamenti vichinghi dell’Islanda e sull’era delle saghe. Ma poco distante c’è un anche piccolo museo comunale dedicato alla storia dei bambini islandesi negli ultimi cento anni, raccontata attraverso fotografie e oggetti della vita quotidiana (fra cui anche la cameretta di inizio Novecento messa a confronto con quella di oggi). Questo è un luogo ricco di emozioni! Ma anche in villaggi meno popolosi (di poche centinaia di abitanti o addirittura poche decine), ci sono piccoli musei che narrano di qualcosa del luogo e trasmettono quel forte desiderio di raccontare l’identità degli abitanti ai visitatori: dal museo della magia e della stregoneria di Hólmavik al museo del Rock ‘n’Roll di Keflavik, dal museo marittimo Ósvör di Bolungarvík al museo dello squalo di Bjarnarhöfn, dal museo dei mostri marini islandesi di Skrímslasetur (nei pressi di Bildudalur) al museo di Minjasafn Egils Ólafssonar sulla pesca e la storia della penisola di Látrabjarg, dal museo dei tessuti di Blönduos al museo dell’allevamento ovino nei pressi di Hólmavik, dal museo dell’aringa di Siglufjörður al museo della fattoria in torba di Glambær, dal museo commemorativo del patriota Jón Sigurðsson a Hrafnseyri fino al museo delle schiocchezze di Flateyri. 

Noi abbiamo una storia millenaria, ma forse Piero della Francesca ci fa dimenticare che ci sono altri personaggi di rilievo da valorizzare nella storia del Borgo e la luce di Piero abbaglia anche il paesaggio d’intorno e non ci fa vedere che esistono tante realtà più o meno grandi da mostrare. E allora perché non allestire un museo su Luca Pacioli? Ma anche su Dionisio Roberti? Oppure su quella genia di artisti che furono gli Alberti? Perché non valorizzare la nostra storia contemporanea? Aboca ha già pensato da tempo di presentare la sua identità attraverso il museo delle piante officinali, arricchendo così Sansepolcro di un interessante richiamo anche turistico legato alla sua storia attuale. Allo stesso modo il museo della vetrata, quello della Resistenza e quello del merletto (questi ultimi andrebbero maggiormente valorizzati e resi fruibili) sono esempi già esistenti del “Borgo che vorrei”. Il museo che il CRAL Buitoni sta cercando di creare è un’ottima iniziativa perché dovrà documentare, oltre la storia del pastificio e della famiglia Buitoni, la cultura delle famiglie di Sansepolcro che si è formata nell’800 e ha pervaso il ‘900 identificando Sansepolcro con la sua fabbrica conosciuta in tutto il mondo. Ma pensando alle nostre campagne si potrebbero organizzare tanti spazi per documentare il passaggio dalla civiltà contadina a quella industriale, dalla famiglia mezzadrile a quella degli operai della Buitoni, dal lavoro dell’Agenzia Tabacchi a quello dei primi opifici come la fabbrica di ceramiche Tricca, la cementeria Bertuzzi, la distilleria U.V.A., le fabbriche di mattonelle, ecc. Ci sono tante memorie fotografiche (alcune talvolta postate sui social) conservate nelle case di Sansepolcro che potrebbero essere esposte per riferire chi eravamo. E poi il Borgo in questi ultimi due secoli è stato ricco di associazioni e allora perché non far raccontare, almeno alle associazioni ancora presenti nella vita della città, la loro storia attraverso oggetti e immagini: la Società Filarmonica dei Perseveranti ha tanti documenti, strumenti musicali e bellissimi ricordi che meriterebbe fin da subito un museo dedicato alla musica di Sansepolcro; ma si potrebbe pensare anche alle associazioni di mutuo soccorso di fine Ottocento per arrivare alle organizzazioni sindacali e politiche e alle cooperative alimentari e non; si potrebbe inventare uno spazio dedicato ai tanti abitanti del Borgo emigrati in tutto il mondo e magari collegarli alle immigrazioni di oggi; poi si potrebbero coinvolgere anche associazioni come i Balestrieri e gli Sbandieratori che potrebbero organizzare spazi attraverso la storia dei loro costumi, della balestra, della bandiera e delle loro esibizioni. E chissà, pensandoci ancora, quante altre idee possono venire in mente! E tutte possono essere fattibili con poca spesa coinvolgendo le associazioni in un progetto complessivo.

In fondo l’amministrazione comunale di Sansepolcro sta perseguendo l’idea della strada dei musei lungo via Aggiunti. In quest’ottica tutto il complesso del Palazzo Pretorio, come qualcuno già sostiene, è la naturale prosecuzione del museo civico e qui si possono creare spazi museali permanenti gestiti da cittadini volontari e dalle associazioni. Inoltre si potrebbero utilizzare anche i locali dell'ex Agenzia Coltivazione Tabacchi, vicino al museo della vetrata... (sarebbe l'occasione per rivalorizzare e rendere fruibile al pubblico il pregiato soffitto ligneo della chiesa degli Osservanti).

L’idea è semplice e si può costruire per gradi. Ora occorrerebbe un coordinatore per elaborare un progetto tutti insieme e l’assessore comunale competente come sponsor politico.

Claudio Cherubini
© Riproduzione riservata
18/06/2018 09:33:40

Claudio Cherubini

Imprenditore e storico locale dell’economia del XIX e XX secolo - Fin dal 1978 collabora con vari periodici locali. Ha tenuto diverse conferenze su temi di storia locale e lezioni all’Università dell’Età Libera di Sansepolcro. Ha pubblicato due libri: nel 2003 “Terra d’imprenditori. Appunti di storia economica della Valtiberina toscana preindustriale” e nel 2016 “Una storia in disparte. Il lavoro delle donne e la prima industrializzazione a Sansepolcro e in Valtiberina toscana (1861-1940)”. Nel 2017 ha curato la mostra e il catalogo “190 anni di Buitoni. 1827-2017” e ha organizzato un ciclo di conferenza con i più autorevoli studiosi universitari della Buitoni di cui ha curato gli atti che sono usciti nel 2021 con il titolo “Il pastificio Buitoni. Sviluppo e declino di un’industria italiana (1827-2017)”. Ha pubblicato oltre cinquanta saggi storici in opere collettive come “Arezzo e la Toscana nel Regno d’Italia (1861-1946)” nel 2011, “La Nostra Storia. Lezioni sulla Storia di Sansepolcro. Età Moderna e Contemporanea” nel 2012, “Ritratti di donne aretine” nel 2015, “190 anni di Buitoni. 1827-2017” nel 2017, “Appunti per la storia della Valcerfone. Vol. II” nel 2017 e in riviste scientifiche come «Pagine Altotiberine», quadrimestrale dell'Associazione storica dell'Alta Valle del Tevere, su «Notizie di Storia», periodico della Società Storica Aretina, su «Annali aretini», rivista della Fraternita del Laici di Arezzo, su «Rassegna Storica Toscana», organo della Società toscana per la storia del Risorgimento, su «Proposte e Ricerche. Economia e società nella storia dell’Italia centrale», rivista delle Università Politecnica delle Marche (Ancona), Università degli Studi di Camerino, Università degli Studi “G. d’Annunzio” (Chieti-Pescara), Università degli Studi di Macerata, Università degli Studi di Perugia, Università degli Studi della Repubblica di San Marino.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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