Nel Foggiano due donne picchiano in strada un’avvocatessa: “Temevo di non farcela”
La professionista presa a calci e pugni da mamma e figlia
«Ho pensato di non farcela, ho temuto per la mia vita e pensavo solo a proteggermi la testa». È il racconto drammatico dell’avvocatessa aggredita a Cerignola, nel Foggiano. Appena uscita dall’ospedale, con svariate ferite, dopo essere stata presa a calci e pugni da due donne. Il referto è già nelle mani dei carabinieri che hanno avviato le indagini. Maria Pia Bonavita conosceva chi l’ha aggredita. Si tratta di mamma e figlia, controparti di una causa legale in cui la professionista cinquantenne è impegnata da tempo. Non contente del suo operato, a loro sfavorevole, l’hanno bloccata in strada, minacciandola anche di morte. «Ero dalle parti del mio studio - ci racconta - e a un certo punto me le sono ritrovate accanto. Hanno iniziato a insultarmi, facendo preciso riferimento a un provvedimento in corso di esecuzione». Poi, è scattata la violenza. «Ho gridato aiuto, ero sola contro due persone». Qualcuno si è avvicinato, l’ha soccorsa, mentre le due donne si allontanavano. «Con tutta calma e senza correre, una cosa sconcertante».
Sul posto sono intervenuti i carabinieri e i sanitari del 118 che l’hanno trasportata in ospedale. Nella zona, inoltre, sembra siano presenti alcune telecamere di videosorveglianza che potrebbero fornire elementi utili alla ricostruzione dei fatti. Di sicuro, contro queste due donne, l’avvocatessa ha alcune pratiche in corso. Questo il motivo scatenante della loro ira. Dalla categoria piena solidarietà. «Non e’ possibile esercitare la professione ed essere minacciati di morte, aggrediti in strada, subire lesioni fisiche, finire in ospedale». Così, sul suo profilo Facebook, l’avvocato Luigi Leo. «Saremo sempre attivamente vigili ed al fianco di qualsiasi collega subisca abusi e soprusi, arbitrari, gratuiti, illeciti». Numerosi i commenti e la vicinanza alla professionista per quanto accaduto, sottolineando anche le difficoltà di operare in determinati contesti. «Se capita che i propri o altrui clienti decidono di reagire così- dice la sua amica e collega Laura Raffaelli- è come se ci fosse un senso di impunità, che si aggiunge alle difficoltà di ogni giorno nelle aule di tribunale».
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