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Mario Baragli, da militare ad avvocato e sindaco di Sansepolcro

Una figura che è entrata di diritto nella storia della Città di Piero della Francesca

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Lo scorso 25 febbraio avrebbe compiuto 100 anni esatti. Un traguardo solo sfiorato dall’avvocato Mario Baragli, che si è fermato a quota 98 e 11 mesi, quindi a quasi 99. Una figura che è entrata di diritto nella storia di Sansepolcro, se non altro perché è stato il primo sindaco del dopoguerra. Una storia straordinaria, la sua: ricordato da tutti come l’avvocato (mezzo secolo di attività legale), era stato dapprima militare, poi sindaco e da sempre artista. Con un riconoscimento di assoluto prestigio: quello della Reale Società dell’Acquerello d’Inghilterra. Arte e cultura hanno accompagnato e arricchito l’esistenza di questo distinto signore che incuteva rispetto e persino soggezione in chi non lo conosceva, anche se era una forma involontaria di atteggiamento che pareva solo essere tale; in realtà, l’avvocato Baragli era un uomo coerente e ligio alla regola, ma anche signorile nel modo di fare e di rapportarsi. Era allo stesso tempo una persona umile, pronta a correggere chi tendeva a elogiarla, perché riteneva che esagerasse nei suoi confronti, ma aveva anche il senso dello “humour”, tipico di chi mette la propria intelligenza al servizio della battuta: spiritosa, arguta, persino pungente, ma mai cattiva. Il suo look era inconfondibile, almeno quando lo si incrociava fuori a passeggio: camicia, cravatta e giacca erano tre componenti fisse del suo abbigliamento. Ha conservato la lucidità e dipinto fino in pratica all’ultimo: si è arreso solo alla fine, quando purtroppo la sua esistenza terrena era arrivata al capolinea, anche se proprio questa molteplicità di interessi e l’amore per la pittura hanno contribuito in maniera determinante ad allungargli la vita a renderlo attivo anche a un’età avanzata. Il racconto di Mario Baragli è affidato alle due figlie, Franca e Carla, che contano presto di fare un qualcosa di rilevante con il grande patrimonio scritto, fotografico e artistico che il padre ha lasciato loro in eredità.

LA PARTENZA PER LA GUERRA E LA BATTAGLIA DI FILOTTRANO, CON TANTO DI CITTADINANZA ONORARIA

Mario Baragli nasce a Sansepolcro il 25 febbraio 1919 ed è il più giovane di tre fratelli: il maggiore si chiama Lino, poi viene la sorella Marisa e infine lui. Particolare significativo: Lino morirà a 97 anni, Marisa a 90 e Mario sfiorerà addirittura i 99. La longevità pare proprio insita nel dna di famiglia. Un anno dopo il conseguimento della maturità classica in collegio ad Arezzo, Baragli si arruola nell’Esercito il 30 agosto 1939, ad appena 20 anni e mezzo. E la combinazione degli eventi è singolare, perché il giorno successivo, il 31 agosto, scoppia la seconda guerra mondiale. Inizialmente, lui è in fanteria, poi il 7 agosto 1943 chiede il trasferimento al corpo paracadutistico e diventa tenente del 183esimo Reggimento Paracadutisti “Nembo”, Gruppo Combattimento “Folgore”. Nel 1945 si congeda e consegue la laurea in Giurisprudenza, che gli permette di esercitare fin da subito la professione di avvocato. Intanto, la vocazione artistica si è già manifestata: come pittore, allestisce la sua prima mostra proprio nel 1939, l’anno in cui diventa militare. In una intervista a suo tempo rilasciata, l’avvocato Baragli racconta di aver lavorato per alcuni mesi alla Buitoni con le mansioni di impiegato, inoltrando la domanda per il servizio militare con l’intenzione di riprendere a studiare alla fine dei 18 mesi previsti. Ad Arezzo frequenta il corso per allievi ufficiali, ma – come ricordato – il 31 agosto 1939 la Germania invade la Polonia e scoppia la seconda guerra mondiale. Il giovane tenente Baragli si trova al confine francese, poi in Jugoslavia, dove la divisione italiana viene posta a disposizione per l'eventuale sbarco a Malta, tant’è vero che viene richiamata in Italia per sostenere un addestramento specifico, fino a quando l'Inghilterra non riesce a inviare un intero convoglio a Malta e l'operazione salta. A quel punto, la destinazione era diventata l’Africa e lui si trova a Siena per sostenere alcuni esami universitari; la divisione riceve l’ordine di partire e si imbarca, ma Baragli non riesce a trovare un altro convoglio che potesse portarlo in Africa e quindi non parte. È stata la sua fortuna? I numeri dicono che, dei 7mila soldati paracadutisti recatisi laggiù, ne sono tornati soltanto 350. Baragli è poi inviato con il suo reggimento sul fronte a Bari per combattere i tedeschi: dopo l’armistizio, la divisione non si sfascia e gli alleati la prendono per i combattimenti; da sopra Bari, la divisione percorre l’intera linea adriatica e affronta diverse battaglie, fra le quali quella di Filottrano, sede principale della linea gotica, che dopo la presa della città comincia a spostarsi verso nord. Un combattimento durato oltre una settimana, motivo per il quale Mario Baragli si è visto conferire la cittadinanza onoraria di Filottrano, Comune di quasi 10mila abitanti situato nell’entroterra anconetano, a metà strada fra Jesi e Osimo. “La cittadina – aveva raccontato Baragli - era stata attaccata invano dall'esercito polacco per tentare di prenderla; venimmo a contatto con il comando americano e con quello inglese per vedere quale doveva essere la linea da tenere per liberare il centro. Gli inglesi volevano fare il bombardamento della città e quindi prenderla spianandola. Sarebbe stato un disastro, perché tutti i cittadini erano nelle cantine. Mi ricordo che con il generale Giorgio Morigi, comandante della divisione alla quale appartenevo, ci consultammo; io sostituivo l'aiutante maggiore del reggimento che era in ospedale. Dicemmo che avremmo tentato noi di prendere la città e infatti la mattina dell'8 luglio li attaccammo. Mi interessavo dei collegamenti fra il reggimento, la divisione e i vari battaglioni in una villetta all'inizio di Filottrano e mi ricordo che, mentre davo le istruzioni che erano necessarie, guardavo il paese che era sotto il bombardamento di preparazione. Ho fatto un acquerello di quella immagine, che poi è conservato nel Museo Storico della Battaglia di Filottrano”.

PRIMO SINDACO DEL DOPOGUERRA: LA RICOSTRUZIONE E IL NUOVO KO CON IL FORTE TERREMOTO DEL 1948

La carriera militare si interrompe, perché la situazione in cui era venuto a trovarsi Mario Baragli era un po’ intricata, anche se non per lui personalmente: il fratello prigioniero in Africa, il cognato non ancora rientrato dalla Russia e i genitori rimasti soli. È il marzo del 1945 quando sveste le stellette: ha 26 anni e la laurea in Giurisprudenza, presa durante il servizio di leva e da mettere ora a frutto con la professione, ma in quel periodo anche Sansepolcro deve guarire dalle ferite della guerra e c’è bisogno di una mano da parte di tutti. I tanti giovani che avevano svolto il servizio militare, fra i quali anche lui, vengono in aiuto alla popolazione: tutti fanno tutto, quindi. “Mi iscrissi al Partito Socialista – aveva raccontato in un’altra intervista l’avvocato Baragli - facemmo un po’ di propaganda e poi mi chiesero se me la fossi sentita di fare il sindaco. Non avevo idea: ero stato amministratore di un reggimento di paracadutisti e questo diventò un requisito per fare il sindaco”. Nel '46 si tengono le prime elezioni amministrative; il partito socialista conquista la maggioranza dei voti e Baragli è nominato sindaco. Tanto lavoro – come già evidenziato – ma nessun compenso: ad aggravare la situazione, quando la guerra è già passata da qualche anno, provvede il forte terremoto della mattina del 13 giugno 1948. Dapprima una scossa di magnitudo 4.9, della durata di 8 secondi, poi una seconda e altre di assestamento nel primo pomeriggio. Il bilancio: una giovane, originaria di Badia Tedalda, morta a causa del crollo di una parte della volta della chiesa di San Francesco; quindici case parzialmente distrutte e 2500 i senzatetto. Danni stimati in un miliardo di lire e accampamenti allestiti fuori Porta del Ponte, in viale Armando Diaz, in viale Vittorio Veneto e nelle vicinanza di Porta del Castello. Il governo invia tende e medicinali, il papa spedisce pasta, riso e zucchero. “Io mi ero messo in contatto con le autorità – aveva dichiarato Baragli – e una mattina avevo nell'ufficio del sindaco il Prefetto di Arezzo, il comandante capo del Genio Civile, il comandante del Corpo d'Armata di Firenze e il generale comandante del distretto per disporre come fare con le tende, con i viveri e con tutto quello che era necessario. Alle 11, venne una scossa di terremoto abbastanza forte che io, non so per quale motivo (forse per essermi alzato per prendere un foglio), non avvertii. Gli altri la avvertirono tutti e quando videro che io mi ero messo a sedere tranquillamente, guardandoli sorpreso, si rimisero a sedere. Il generale, comandante del distretto, che era stato a sua volta il mio comandante di reggimento durante il militare, mi disse poi due parole che non si possono ripetere. L’allora Presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi, assieme all'onorevole Amintore Fanfani venne a Sansepolcro a vedere e a dare assicurazioni per le riparazioni, che furono fatte celermente. Una volta mi hanno domandato come fossimo riusciti a fare le cose tanto in fretta; ho risposto che la tangente per noi rappresentava soltanto una linea nel punto in cui tocca una curva”. Come noto, questo termine si è spostato dalla geometria alla politica e sta a significare la somma in denaro pagata o riscossa in cambio di favori normalmente illeciti; la tangente ha poi conosciuto sinonimi altrettanti adoperati nel gergo comune, quali “bustarella” e in particolare “mazzetta”. L’impegno politico di Mario Baragli non si esaurisce dopo la parentesi da sindaco: per quattro legislature, infatti, ricopre la carica consigliere provinciale ad Arezzo, passando dal Psi al Partito Socialista Democratico Italiano (Psdi). Oltre che in politica, è impegnato anche sul versante dell’associazionismo: è lui il primo presidente della Società Balestrieri di Sansepolcro e balestriere a sua volta. L’appartenenza alla comunità era considerata un grande valore, tanto che dopo l’altro forte terremoto del 2 ottobre 1997 l’avvocato Baragli mette gratuitamente a disposizione il proprio studio per trasformarlo in ufficio del sindaco, che vi è rimasto fino al 2005. Dario Casini prima e Alessio Ugolini poi hanno ricevuto i cittadini nella sede del suo studio professionale, in via XX Settembre, a due passi da piazza Torre di Berta.

IL RIFIUTO DEL PETTEGOLEZZO E IL SENSO DELLA FAMIGLIA

Ricopre ancora il ruolo di sindaco, Mario Baragli, quando convola a nozze: il 7 agosto 1950 sposa Ofelia Gabrielli, insegnante di lingua francese. Soltanto da marito e moglie, Mario e Ofelia rimarranno insieme ben 60 anni. “La mamma è morta nel 2010 – ricordano le figlie Franca e Carla – e da fidanzati il loro rapporto è stato un “tira e molla” spesso classico fra i giovani, ma che ha evidentemente finito con il farli sentire più uniti”. Che tipo era vostro padre? “Un uomo tollerante e allo stesso tempo molto riservato. Odiava dicerie e pettegolezzi: non ricordiamo da parte sua una sola chiacchiera mirata a gettare discredito su qualcuno, nemmeno per scherzo quando eravamo riuniti a tavola. Nei confronti di noi figlie, ha sempre rispettato ogni scelta che abbiamo fatto, anche se in cuor suo poteva essere più o meno d’accordo, proprio perché la tolleranza era una delle sue virtù. Esemplare poi il comportamento tenuto verso i nostri mariti, che li ha sempre considerati come figli”. Franca ha sposato Giampiero Borchiellini e Carla è moglie di Corrado Lorenzi: Daniele e Sara sono i figli di Franca e Giampiero, Chiara e Marta quelli di Carla e Corrado. “Come ogni nonno – rimarcano – andava fiero dei suoi nipoti, ma poi sono nate anche le bisnipoti e, a parte Daniele, il contesto generale era composto da tutte femmine”. Il rapporto che avevate con vostro padre? “Diciamo che eravamo abbastanza in sintonia nel modo di vedere le cose e su determinati valori e principi la pensavamo alla stessa maniera. Uno dei grandi motivi di orgoglio per lui era quello di aver tenuto unita la sua grande famiglia, perché diceva che ai tempi d’oggi era purtroppo diventato un fatto inusuale e il “termometro” gli era stato fornito in questo senso sia dalla professione di avvocato che svolgeva, sia dalla conoscenza del mondo più in generale”. Oltre alla pittura, aveva altre passioni? “Quella della caccia. È stato un cacciatore, anche se non era un fanatico. Le scene di caccia sono di conseguenza il tema ricorrente nei suoi dipinti, tanto ad olio quanto ad acquerello. Era poi un lettore di quotidiani, perché comunque l’attualità di giornata era una sua esigenza e si dedicava al giardinaggio. Siamo venuti ad abitare qui (la villa è sulla collina che sovrasta Sansepolcro n.d.a.) nel 1959 e agli spazi verdi che abbiamo attorno provvedeva di persona, zappettando e falciando. Il senso della bellezza e dell’estetica era così innato in lui che amava osservare il giardino e il prato dalla finestra e se riteneva che qualcosa non fosse al suo posto, oppure che un qualche elemento non fosse in armonia, ne ordinava subito la rimozione. Nostro padre viene giustamente ricordato come pittore e acquerellista, ma è stato anche scultore; certamente, ha lavorato e prodotto di più con il pennello che con lo scalpello”.          

 

PITTORE ACQUERELLISTA, RICONOSCIUTO DALLA “ROYAL” INGLESE

Il 1939 – come ricordato - è anche l’anno nel quale Mario Baragli allestisce la sua prima mostra in via XX Settembre, in uno spazio appositamente allestito. Il Comune di Sansepolcro acquista per 80 lire un suo dipinto, nel quale è riprodotto un podere della collina di Sansepolcro. La passione per la pittura l’ha sempre avuta: anche quando studiava al liceo, si dilettava nel dipingere e negli ultimi due anni un professore gli comperava i quadri. Il prezzo era di 8 lire a quadro e con questi proventi contribuiva al rifornimento di benzina della Zelinda, auto di Brunetto Bucciarelli Ducci, il politico e magistrato che è stato anche giudice della Corte Costituzionale. Con lui e con altri due amici, Baragli era solito andare a ballare e a divertirsi durante l’inverno. Definiva la pittura come un modo per mettere a disposizione il suo spirito del momento; dipingeva a olio facendo delle nature morte e il tema più volte sviluppato dal suo pennello è stato appunto la caccia. Non è pertanto un caso che i suoi quadri siano stati usati come illustrazioni per le pubblicazioni dedicate allo specifico argomento, vedi la rivista Diana. Un disturbo alla spalla, causato da problemi ad alcuni tendini, gli aveva creato problemi nel dipingere a olio e quindi lo aveva di fatto costretto a dedicarsi in esclusiva all’acquerello. Lui stesso aveva spiegato: “L'acquarello lo posso fare tenendo una tavoletta sulle ginocchia mentre l'olio, avendo il cavalletto, mi obbliga a tenere il braccio alzato e il tendine mi impedisce di lavorare”. E con l’acquerello, Mario Baragli non si ispira ad altri pittori, ma opera secondo quelle che sono le sue sensazioni; anzi, è attraverso l’esercizio costante con questa tecnica artistica che apprende le varie nozioni. Nebbia e neve gli “agenti atmosferici” da lui preferiti nei suoi quadri più significativi, espressione di situazioni reali che si trova davanti. Dell’acquerello dice: “E’ una tecnica che non consente pentimenti. Quando hai dato una pennellata, difficilmente ci ripassi sopra”. E se un qualcosa gli cattura l’occhio, accosta l’automobile e si mette a dipingere dal vero; quando poi si trova impossibilitato a uscire di casa, dipinge con la fotografia davanti; magari, si reca sul posto con l’auto, scatta la fotografia del paesaggio che vorrebbe dipingere sul posto e poi lo riproduce. Alla precisa domanda sulla differenza fra la pittura dal vero o realizzata dentro lo studio, lui risponde che nella pittura dal vero emerge l’immediatezza dei colori che si hanno davanti, quindi vi è la possibilità di eliminare ciò che danneggia la impostazione del quadro e di conseguenza si va direttamente agli elementi più importanti, mentre con la fotografia tutto questo diventa impossibile, perché vi sono particolari che compaiono e che l’artista deve fedelmente riprodurre. Ragion per cui – conclude – l’acquerello con la ripresa dal vero è più bello di quello ricavato da una foto. C’è una storia curiosa legata ai primi importanti colori che ha avuto: quando era ancora ragazzo, un pittore russo alloggiava all’Albergo Fiorentino; era venuto a Sansepolcro per realizzare una copia della Resurrezione di Piero della Francesca e aveva lasciato dei colori. La proprietaria dell’albergo era una signora di Firenze, abitava a pochi metri di distanza da casa sua, in via Luca Pacioli e aveva visto che dipingeva con i colori a olio che il padre gli aveva comperato ad Arezzo, per cui la donna gli regala anche i colori di questo pittore. Questo, per Baragli, diventa uno stimolo in più. I ritratti sono un altro genere di suo gradimento, tanto che fino alla fine si diletta nel dipingerli; li ha fatti per quasi tutta la famiglia, comprese le bisnipoti che gli erano nate, ma a un certo punto si era messo a riprodurre – e molto bene – anche i volti di amici e di pittori, compreso Roberto Lanari, uno che con la sua mano di ritratti ne ha realizzati tanti e che per una volta si è ritrovato soggetto di un ritratto eseguito da un altro artista, vero e proprio maestro di acquerello. Al proposito, è da ricordare la mostra dal titolo “Acquerellisti in viale Michelangelo”, tenuta dal 12 al 22 aprile 2014 nelle sale della galleria dell’Associazione Franco Alessandrini; ebbene, in quella circostanza Mario Baragli espone assieme ai suoi allievi, persone conosciute: Adriano Cascianini, Massimo Moriani, Luigi Falasconi, Franco Vannini, Alessandro Fratini e Margherita Bernardini, che frequentano il suo studio in viale Michelangelo. Ma riavvolgiamo indietro il nastro fino al 1993, anno in cui partecipa – ed è l’unico artista italiano – alla “Summer open exibition” di Londra, organizzata dalla “Royal Watercolours Society” (istituzione inglese costituita da pittori che utilizzano la tecnica dell’acquerello), la cui presidente è la regina Elisabetta II d’Inghilterra. Siccome lui, per dipingere, adopera colori inglesi, la signora Fanny – donna di origine britannica che per anni ha abitato a Sansepolcro - gli dice di portare i quadri alla reale accademia degli acquarellisti; lui è però scettico e allora provvede il marito della signora Fanny a consegnarli. I quadri presentati sono in totale 2000: ne vengono scelti solo 168, fra i quali anche quello di Mario Baragli, che è l’80esimo. Nel 2013, l’avvocato vince a Sansepolcro la mostra collettiva "Campane e campanili" (in onore degli ospiti del 53esimo Raduno Nazionale Campanari d'Italia), che si tiene dal 19 maggio al 14 giugno nella sede distaccata del laboratorio artigiano "Cornici nel Borgo". Tante anche le mostre personali organizzate nella sua città, sia nella sede espositiva comunale di Palazzo Pretorio – in particolare negli anni ’80 e ’90 - che negli spazi della residenza storica di Palazzo Magi, ma ha partecipato anche alle mostre collettive della Compagnia Artisti, quelle che nella città biturgense animano il periodo più tradizionalmente natalizio, dal 24 dicembre al 6 gennaio di ogni anno. Da ricordare un’altra significativa personale allestita a Todi nel 1996 e la realizzazione del drappo del Palio della Balestra 1997 a Sansepolcro, che rimarrà per sempre nella sede della società di Gubbio, poiché ad aggiudicarsi quella edizione della sfida furono i tiratori della città umbra. Uno degli ultimi omaggi glielo ha riservato il celebre critico d’arte Vittorio Sgarbi, personaggio unico anche dal punto di vista mediatico, che ha tenuto una memorabile conferenza al teatro Dante il 30 marzo 2015, in occasione della visita al cantiere del restauro della Resurrezione di Piero, appena partito. Aveva visto le opere di Baragli e per mostrargli il suo apprezzamento gli aveva lasciato una dedica con tanto di firma nel libro “Gli anni delle meraviglie. Da Piero della Francesca a Pontormo”. Ecco la dedica: “A Mario Baragli, che l’anima negli occhi e la mano che la segue”.    

Notizia tratta dal periodico Eco del Tevere
© Riproduzione riservata
28/05/2019 09:21:58


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