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Stiamo assistendo a una fra le campagne elettorali in assoluto più “mosce” di sempre

Politica sempre più social e sempre meno in mezzo alla gente: che tristezza!

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 Dieci giorni soltanto alla consultazione elettorale che vedrà tutti gli italiani andare al voto per le Europee e una bella fetta di essi esprimere il proprio orientamento anche per il rinnovo di sindaci e consigli di numerosi Comuni. Ebbene, ora che siamo quasi in dirittura di arrivo, lo possiamo dire: stiamo assistendo a una fra le campagne elettorali in assoluto più “mosce” di sempre, che testimonia ancora una volta la disaffezione e la mancanza di fiducia dei cittadini verso la politica e verso coloro che la rappresentano. Basterà prendere l’esempio dei piccoli Comuni di montagna, non solo in Valtiberina ma anche in qualche realtà del Casentino: municipalità quali Badia Tedalda, Sestino e Chiusi della Verna andranno al voto con addirittura un candidato sindaco unico, non dimenticando che la stessa situazione caratterizza ben 11 Comuni dell’Umbria; un fatto a suo modo gravissimo, perché viene a essere rimesso in discussione il concetto stesso di democrazia, non essendovi una opposizione che possa fungere da garante sull’operato di chi amministra. La perdita di fiducia verso la politica è avvenuta negli ultimi dieci anni, in particolare per tutti gli scandali che hanno riguardato i vari esponenti e soprattutto per il fatto che da tempo i partiti non hanno più il coraggio di esporre i loro simboli, camuffandosi in liste civiche. Gli stessi candidati, che hanno una connotazione politica ben chiara, si arrabbiano se qualcuno parla di schieramento: alle comunali tutto diventa espressione civica perché prevale la convinzione che il termine “civico” sia elettoralmente più accattivante. E quindi le stesse coalizioni politiche, anche con l’inserimento di una sola persona proveniente dalla cosiddetta “società civile”, diventano in automatico civiche e adoperano motti del tipo “Insieme per …”, “Uniti per …”, oppure frasi con significato a doppio senso nelle quali “comune” è sia nome che aggettivo. Così facendo – e parliamo soprattutto a livello locale – si permette ai partiti di attaccarsi fra essi e allo stesso tempo ai loro esponenti di avere le mani libere, prendendosi a braccetto con gli avversari come se nulla fosse. L’ultimo esempio viene dalla Sicilia, dove in qualche Comune hanno vinto sindaci sostenuti da Pd e Forza Italia insieme. Ovviamente l’elettore – che non è uno stupido - tira le proprie conclusioni, dichiarando: “Sono tutti uguali, in quanto destra e sinistra si nascondono dietro le liste civiche per conquistare le poltrone e quindi è forse inutile andare a votare”. Questo fa sì che ogni volta il numero di coloro che si recano alle urne siano sempre meno. Ma così si sta facendo il gioco della politica, ovvero ci sono sempre i pochi eletti che  controllano i centri di potere. Un’altra cosa che non piace minimamente ai cittadini è il fatto che la politica sia diventata negli ultimi anni sempre più… social e sempre meno contatto diretto con la gente, eccezion fatta per i mesi (e in qualche caso le settimane) della campagna elettorale. La televisione, da oltre venti anni, riveste un peso alquanto limitato: l’applicazione della “par condicio”, con domande uguali per tutti e tempo di risposta cronometrato, ha infatti ingessato il contradditorio e tolto quindi sale e pepe al confronto politico. Ecco allora i social in azione: vedere politici che si esprimono con termini da scaricatori di porto (con immenso rispetto per questo dignitosissimo mestiere, sia chiaro!) non fa certamente tornare la voglia alla gente di fare politica o di interessarsi a ciò che sta intorno, a parte la politica del lamento. E su questo, in maniera furbesca, giocano alcune componenti politiche - o quello che rimane - per arrivare diretti alla pancia della gente. Ma quando si ragiona solo con la rabbia, non cioè a mente lucida, si rischia di fare più danni che guadagni. Cosa succede, quindi? Che per cinque anni tutti si lamentano, che tutti vorrebbero cambiare, ma che quando si arriva al “dunque” nessuno vuol metterci la faccia, perché intanto nei cinque anni di legislatura non si lavora su programmi e persone; ci si riduce a farlo solo all’ultimo istante, quando il tempo è oramai molto stretto e spesso esce fuori un candidato che va a competere più per costrizione che per amore, anche perché i partiti non lavorano più come prima; e se il tempo si riduce troppo, si verificano situazioni paradossali come quella dell’aspirante unico alla carica di sindaco in diversi Comuni, ragion per cui a gareggiare rimangono i soliti noti. E poi, diciamolo francamente: è troppo facile contestare senza decidere di impegnarsi di persona, adducendo come scusa il fatto che “tanto la politica non è più una cosa seria”: troppo comoda questa patente, signori, per lavarsene le mani. In fondo, un conto è entrare in lizza e “scannarsi” per un posto da consigliere regionale (oltremodo remunerativo), un altro è sfidarsi per un incarico di consigliere comunale in un piccolo Comune, dove si prende un misero gettone e le rotture di scatole esistono ugualmente; anche nel Comune più piccolo, vi è inevitabilmente il cittadino che viene a bussare alla porta del sindaco perché è senza lavoro, oppure senza casa. Purtroppo, se non vi sarà una inversione di rotta, ricominciare a fare politica seriamente sarà dura; e per politica seria intendiamo una netta distinzione fra destra e sinistra con eliminazione di quelle piccole componenti che creano solo disturbo, attraverso un innalzamento della percentuale di sbarramento minimo. Se non accadrà questo, difficilmente Regioni, Province e Comuni potranno avere un governo stabile e difficilmente la gente – parliamo di individui con gli attributi – tornerà a occuparsi di politica, la quale (piaccia o meno) è quella che fa girare la nostra economia, da anni arroccata su un sistema stagnante ed è inutile che alcuni mezzi di informazione divulghino notizie su crisi finita, su Pil in aumento e altre “novelle”: è sufficiente fare un giro nei centri storici e nelle zone industriali per trovarsi di fronte a una miriade di esercizi commerciali e aziende in chiusura. Alcune, poi, sono così talmente “strozzate” dalle banche che vorrebbero chiudere, ma non possono farlo.                               

Redazione
© Riproduzione riservata
16/05/2019 09:46:24


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