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Melanoma, picco di casi fra i 40 e i 60 anni: attenzione all’estate

Il tumore della pelle e i suoi possibili segnali per prenderlo in tempo

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A guardare il meteo, i consigli sembrerebbero fuori stagione. Ma tra poco più di un mese sarà estate e, già da prima, dovrebbe iniziare l’assalto alle spiagge. Come da prassi, dunque, è in questo periodo che tornano a riecheggiare i consigli sulla prevenzione delle malattie della pelle.

Oggi si celebra il «Melanoma Day»: l’appuntamento è dunque un’opportunità per parlare del tumore cutaneo più aggressivo, anche se meno diffuso (rispetto ai basaliomi e ai carcinomi squamocellulari). Il melanoma, che ogni anno colpisce 14mila italiani, non dà particolari preoccupazioni se riconosciuto in tempo. Ma se invece la diagnosi avviene già in fase avanzata, nonostante le speranze alimentate dall’immunoterapia, la prognosi è spesso ancora infausta. Ecco perché occorre essere preparati sui possibili campanelli d’allarme.

Melanoma, prima regola: conoscerlo

Conoscere i propri nei, non ignorare la regola dell’«Abcde» (asimmetria anomala, bordi frastagliati anziché netti, colore variegato e non uniforme, dimensione superiore ai sei millimetri, evoluzione rapida), prepararsi al sole: sono questi i consigli degli esperti per ridurre le probabilità di ammalarsi di melanoma, malattia che fa registrare il proprio picco di diagnosi tra i 40 e i 60 anni. Nel «kit della prevenzione», occorre poi non perdere di vista anche alcuni sintomi: come il sanguinamento, il prurito o la secchezza di un neo preesistente, una «macchiolina» circondata da un nodulo o da un’area arrossata. Attenzione va posta poi se si effettuano lampade abbronzanti (che sarebbe meglio evitare), se ci si espone regolarmente al sole nelle ore più assolate (11-17), se si lavora all’aria aperta, se la propria pelle è chiara con lentiggini o nei e se non si fa un uso corretto di creme con filtri protettivi (da applicare nuovamente dopo ogni bagno o comunque ogni due ore).

A ciò occorre aggiungere alcune condizioni che possono predisporre al melanoma: come una familiarità nei confronti della malattia o l’essere affetto da una malattia nota come xeroderma pigmentoso. Alla tutela pratica, va unita la prevenzione clinica con viste a cadenza periodica regolare: almeno una l’anno, ancora meglio se prima o dopo l’estate, i due momenti più critici per l’insorgenza del melanoma. Un ruolo chiave nella gestione di questa problematica è svolto dal dermatologo. È lui la prima sentinella nell’individuare la presenza di un melanoma, oltre a essere un educatore riguardo i fattori di rischio per il suo sviluppo.

La scelta del centro può fare la differenza

Fare prevenzione, evitare il rischio di ammalarsi o scoprire la malattia in fase molto iniziale (diagnosi precoce), significa rendere il melanoma più curabile. «Rivolgersi a centri di eccellenza che dispongono al proprio interno di unità dedicate al melanoma fa la differenza nell’approccio alla malattia - precisa Alessandra Gennari, direttore della struttura complessa di oncologia medica dell’azienda ospedaliero-universitaria di Novara -. Qui è possibile prendere in carico il paziente avvalendosi, laddove necessario, della stretta collaborazione fra oncologi, dermatologi, chirurghi, radioterapisti e anatomopatologi. Tutto ciò che serve, di fatto, per diagnosticare e curare un eventuale melanoma a partire dalla mappatura dei nei fino alle eventuali necessità diagnostiche e terapeutiche, da decidere in funzione dello stadio iniziale o avanzato di malattia».

Le speranze per il melanoma metastatico

Oggi sempre più persone con melanoma metastatico sono vive ad anni di distanza dalla diagnosi. Uno scenario inimmaginabile sino al decennio scorso quando la malattia lasciava poche speranze. A cambiare radicalmente la situazione sono state l’immunoterapia e le terapie a bersaglio molecolare. «La svolta terapeutica nell’ultimo decennio - conclude Gennari - è stata rappresentata dall’introduzione di nuovi farmaci che hanno migliorato la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti. Tra queste le terapie a bersaglio molecolare e l’immunoterapia, che hanno ridotto l’utilizzo della chemioterapia nella malattia avanzata». Terapie spesso successive alla chirurgia che, in caso di malattia iniziale, presa in tempo grazie alla prevenzione, aumentano le probabilità di risolvere definitivamente la malattia. Mentre prima, con la sola chemioterapia, appena un quarto dei malati sopravviveva ad un anno dalla diagnosi.

Twitter @fabioditodaro

Notizia e Foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
14/05/2019 06:36:59


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