Opinionisti Giacomo Moretti

Che ci faccio qui?

Noemi: una bambina che ha rischiato di morire per una ferita provocata dallo sparo

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“Sono Noemi, che ci faccio qui?”.

Sembra che siano queste le prime parole che la piccola Noemi ha pronunciato una volta riconquistata la libertà di respiro, libertà privata da tubi e tubicini che l’hanno tenuta in vita in questi interminabili giorni.

Noemi: una bambina che ha rischiato di morire in seguito ad una ferita che i medici hanno definito “da guerra”, una ferita provocata dallo sparo che un vile assassino nostrano, in quanto italianissimo, le ha inferto in pieno giorno.

Una colpa della piccola quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Ma questo posto “sbagliato” non si trovava a Bagdad o nel martoriato Yemen o in qualche posto del mondo dove il fallimento perenne della democrazia lascia spazio alle atrocità della guerra.

No, Noemi si trovava in pieno giorno in una meravigliosa città, Napoli. Era in un marciapiede e il vigliacco che le ha sparato le è passato sopra calpestandola due volte nel tentativo di colpire il “vero” bersaglio di questa azione criminale.

Non mi soffermo sul fatto che chi ha sparato a Noemi è un essere vile e spregevole che merita tutta la nostra condanna, etica, morale e civile in attesa della condanna che speriamo arrivi presto, forte e dura da un’aula di giustizia. O sul fatto che quella mano sia italiana, come purtroppo tante altre mani sporche di sangue in questo Paese, mani note e molte mani ancora sic., tristemente ignote.

Contrariamente ad altri episodi gravissimi che si sono verificati nel nostro Paese, non ho visto picchetti di protesta o i soliti movimenti o partiti pronti a strumentalizzare la cronaca nera per interessi di parte.

Però abbiamo visto la meravigliosa reazione dei napoletani che in forma civica e spontanea si sono ribellati, ci hanno messo la faccia, sono scesi in piazza gridando forte il proprio sdegno per la camorra.

Manifestazioni svolte proprio lì dove la camorra purtroppo opera e agisce, quindi manifestazioni coraggiose di chi il giorno dopo continuerà a vivere in quelle zone.

Ma quanto accaduto segna anche un fallimento.

Un fallimento, in primis, di quel sentimento di umanità che purtroppo in certi esseri non esiste, a prescindere dal colore della pelle e della nazionalità, e che al contrario mostrano sentimenti e azioni di disumanità inaccettabile.

Ma come si fa a sparare a una bambina e a calpestarne il corpicino martoriato?

Sì, cara Noemi, la domanda che ti sei posta è una domanda per tutti noi.

Anche noi non sappiamo perché in un Paese che si definisce moderno, una bambina possa finire in ospedale a rischio della vita con ferite da guerra.

Non abbiamo la risposta.

Però la reazione c’è stata.

Persone che spontaneamente si sono mosse, una Italia intera commossa, e lo Stato che ha dimostrato di esserci arrestando in poche ore quelle, scusatemi l’aggettivo, bestie che hanno concepito una azione simile.

Subito dopo, pare che la piccola abbia chiesto che gli venissero portate le sue bambole.

Mentre a lei portavano le bambole a quei delinquenti regalavano dei braccialetti in acciaio più comunemente chiamati manette.

La speranza è che la giustizia faccia in modo che questi assassini abbiano il privilegio di sentire la soave musica delle chiavi che chiudono le sbarre e lo sbattere delle porte blindate delle celle per tutta la loro esistenza.

Lo Stato deve garantire sicurezza ai più deboli e deve soprattutto disarticolare le associazioni criminali, nostrane o straniere che siano.

In tutto questo, resta il plauso alle nostre forze dell’ordine che in maniera coordinata hanno agito assicurando alla giustizia questi killer di mafia.

Il caso di Noemi è simile, tragicamente simile a quello di Manuel Bortuzzo.

Allora forse la domanda che ha fatto Noemi ci interroga.

Che ci facciamo noi?

Che tipo di reazione abbiamo davanti a simili fatti?

Certo, vicinanza e sdegno sono ottime reazioni, come ottima è stata la reazione dello Stato nel rispondere prontamente.

Colpisce il fatto che uno dei due vigliacchi sia stato fermato nella Siena-Bettole, tra la Provincia di Arezzo e quella di Siena.

Ciò dimostra che i fenomeni criminali non sono limitati a delle sole parti del Paese, che forse pensare che certi criminali siano concentrati solo in determinate zone ci fa sentire un pochino più sicuri ma non corrisponde a verità.

Insomma, quello che è successo riguarda tutti, ma proprio tutti, ed è impegno di tutti darsi da fare perché non succeda più che una bambina venga martoriata così.

Giacomo Moretti
© Riproduzione riservata
13/05/2019 09:07:05

Giacomo Moretti

Nato ad Arezzo – Dopo aver assolto agli obblighi di leva comincia subito a lavorare, dalla raccolta stagionale del tabacco passa ad esperienze lavorative alla Buitoni e all’UnoaErre. Si iscrive “tardivamente” all’età di 21 anni alla Facoltà di Giurisprudenza di Urbino dove conseguirà la laurea in corso. Successivamente conseguirà il Diploma presso la Scuola di Specializzazione per le professioni legali. Assolta la pratica forense, nel 2012 si abilita all’esercizio della professione forense superando l’esame di stato presso la Corte d’Appello di Firenze. Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Arezzo esercita la professione forense fino al dicembre 2016. Attualmente si è sospeso volontariamente dall’esercizio della professione di avvocato per accettazione di incarico presso un ente pubblico a seguito della vincita di un concorso. Molto legato al proprio territorio, Consigliere comunale ad Anghiari per due consiliature consecutive. Pur di non lasciare la “sua” Anghiari vive attualmente da pendolare. Attento alla politica ed all’attualità locale e non solo, con il difetto di “dire”, scrivere, sempre quello che pensa. Nel tempo libero, poco, ama camminare e passeggiare per la Valtiberina e fotografarne i paesaggi unici.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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