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Annamaria Ferrandu, balestriera di Sansepolcro e… arciera di Gubbio

La storia dell’unica donna ad aver gareggiato in oltre 400 anni di Palio della Balestra

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Come il Palio di Siena ha avuto nella sua lunga storia un fantino donna, così anche il secolare Palio della Balestra ha fatto registrare un tiratore in gonnella. Nessuna pretesa di mettere a confronto le due manifestazioni, comunque dotate di una loro storicità, ma sotto questo profilo esiste fra di esse un comune denominatore. A Siena, il 16 agosto 1957 – nel Palio dell’Assunta – Rosanna Bonelli ha corso in piazza del Campo per la contrada dell’Aquila; il suo soprannome era “Diavola”, anche se lei vuol farsi ricordare come “Rompicollo” e oggi è una distinta signora di 84 anni. Tre anni prima, l’8 settembre 1954, un’altra giovane ragazza aveva fatto altrettanto nel Palio della Balestra a Sansepolcro: si chiamava Annamaria Ferrandu e da qualche anno ci ha lasciati. Il cognome non è certamente di origine biturgense, anche se lei lo era e qui ha sempre vissuto; era stato il padre, che faceva parte della Guardia di Finanza, a trasferirsi a suo tempo dalla Sardegna. Eravamo negli anni ’50, quindi, con due donne poco più che ventenni a cimentarsi in ambiti prettamente maschili: l’audace Bonelli a cavallo, in mezzo alle tante insidie del Palio di Siena; la Ferrandu sul banco di tiro a prendere le mire con un’arma micidiale per scoccare la verretta dai 36 metri in mezzo ai colleghi più anziani ed esperti. A pensarci bene, sono state due donne persino coraggiose, in periodi nei quali determinati confini erano ancora ben marcati, anche se in quelle circostanze vennero abbattuti; non solo, da allora, nessun rappresentante del “gentil sesso” ha mai più corso a Siena, né ha mai più tirato con la balestra a Gubbio e a Sansepolcro. Rosanna Bonelli e Annamaria Ferrandu rimangono quindi a loro modo due storiche “meteore” della situazione; se la mettiamo su questo piano, gli anni ’50 sono stati paradossalmente più “avanzati” di quelli attuali. Anni nei quali la conclusione della guerra era ancora abbastanza “fresca” e anche la voglia di divertirsi era più forte. È chiaro che la frequentazione degli ambienti (la contrada su un versante, la società armigera sull’altro) abbia agevolato questo avvicinamento delle due giovani, che non sono passate inosservate nemmeno negli ambienti cinematografici. D’altronde, Rosanna e Annamaria non hanno solo fatto la storia dei due Palii, ma le loro imprese sono state un evento eccezionale anche dal punto di vista mediatico. E la stampa di allora non perse l’occasione per raccontare, infiocchettare e soprattutto “romanzare” le rispettive storie. Risultato finale: i pezzi di verità si sono mescolati con i frangenti creati ad hoc per rendere personaggi queste due ragazze e lasciare il perenne dubbio sull’attendibilità di situazioni inappuntabili dal punto di vista del racconto, ma forse più mitizzate sul piano reale. Annamaria – questo sì - non è stata tentata dalle sirene della celebrità che per lei sarebbe potuta arrivare grazie alla partecipazione al Palio: ha preferito il ruolo di moglie di Athos Fiordelli, politico impegnato nonché sindaco di Sansepolcro per un paio di anni e di madre di famiglia. Certa rimane una cosa: in oltre quattro secoli di Palio, lei è stata l’unica “balestriera” fra le due città antiche rivali e amiche.     

ESEMPIO DI EMANCIPAZIONE: QUESTA L’IMMAGINE DIPINTA SUGLI ORGANI DI STAMPA

Ad Annamaria Ferrandu, quale unico balestriere donna della storia, hanno dedicato pagine e documentari gli appassionati di storia locale. È il caso di Roderico Grisak nel secondo volume della sua serie “Sansepolcro – I muri raccontano” e di una puntata del ciclo di documentari dal titolo “C’era una volta al Borgo”, curati da Michele Rossi Flenghi. Annamaria è stata balestriera di Sansepolcro e nello stesso tempo “arciera di Gubbio”. Per quale motivo? Semplice: anche la stampa di allora, per quanto non ai livelli di oggi, aveva piena consapevolezza di quanto determinati eventi rivestissero un peso mediatico particolare e il fatto che vi fosse un balestriere in gonnella in un contesto prettamente maschile, anche perché comunque la balestra aveva avuto un passato da arma da guerra, venne colto appieno dal quotidiano “La Nazione”, che si “sbizzarrisce” letteralmente sul versante toscano. L’articolo dell’8 settembre 1954 è accompagnato da una foto che ritrae in primo piano la 21enne Annamaria (era nata l’11marzo 1933), attribuendole il titolo di “campionessa del mondo di tiro con la balestra”. Si passa poi alla primavera successiva: 29 maggio 1955. Annamaria esordisce a soli 22 anni (era nata l’11 marzo 1933) in piazza Grande a Gubbio in una edizione del Palio vinta dai tiratori umbri, ma dopo un mese ecco la sorpresa: un settimanale a diffusione nazionale, “Settimo Giorno”, pubblica un altro articolo con un primo piano di Annamaria Ferrandu, in costume e in piedi con la balestra in verticale tenuta con le mani che stringono l’arco; fin qui tutto bene: il problema è che se “La Nazione” l’aveva definita campionessa del mondo della… specialità, “Settimo Giorno” la dà per vincitrice della tenzone svoltasi a Gubbio, il che non è vero. Ma soltanto una storia riveduta e corretta con l’attribuzione di un simile risultato avrebbe potuto cogliere nel segno. Non solo: nel numero 20 del giugno 1955, “Settimo Giorno” supera l’aspetto puramente agonistico, delineando i tratti di una donna in piena emancipazione che, dopo aver tirato e vinto, era tornata a casa guidando la propria automobile. Riportiamo testualmente il passo: “(…) Quest’anno la gara di balestra di Gubbio è stata vinta per la prima volta da una donna, dall’unica donna che in Italia pratichi questo sport e il fatto ha dato all’avvenimento un sapore particolare. Annamaria Ferrandu, dopo la solenne proclamazione nella piazza della Signoria di Gubbio (…) è salita in automobile e l’ha pilotata lei stessa per ritornare a Sansepolcro”. Ne scaturisce una sorta di “incidente diplomatico” con i balestrieri di Gubbio, perché a vincere quel Palio erano stati loro: agli amici eugubini non va giù il fatto che il giornale abbia assegnato questa vittoria (che senza dubbio era “morale”, ma non effettiva) ad Annamaria Ferrandu, tanto più che il Palio se lo aggiudica soprattutto la città e che quindi questo successo sia stato di conseguenza “regalato” ai rivali di Sansepolcro. Erano tempi nei quali la carta stampata era considerata la depositaria della verità: la lettura del quotidiano o del periodico era un rito pressochè doveroso. La gente faceva insomma fede su quanto leggeva e non aveva la concezione del “gossip” oramai entrata a pieno titolo nel mondo di oggi.

“NO, GRAZIE!”: LA RISPOSTA AGLI EMISSARI DI CARLO PONTI E DINO DE LAURENTIIS

Annamaria Ferrandu non era certo tipa da “gossip”, ma è altrettanto chiaro che quella della donna balestriere fosse una notizia così talmente interessante sulla quale sarebbe valsa la pena di approfondire ed evidentemente elaborare l’argomento in chiave giornalistica. È successo in tempi più recenti con le donne arbitro, con le donne carabiniere e con le donne sindaco, tanto per citare casi che oggi non fanno più notizia perché rientranti nella normalità, ma che all’inizio convogliano in esclusiva le luci della ribalta. In che modo si risolve il problema venutosi a creare con Gubbio? Semplice: per evitare un’altra uscita di visibilità (sempre ammesso che la seconda volta avesse avuto lo stesso impatto mediatico della prima), i balestrieri della città di Sant’Ubaldo pretendono che Annamaria al Palio del maggio 1956 possa partecipare, ma soltanto nelle vesti di madonna e non di concorrente. La bellezza della giovane Ferrandu viene così ulteriormente esaltata dal sontuoso costume di madonna, che ora assiste al tiro e non sale più sul banco. Dalla finta vittoria decantata nel Palio del 1955 a una porta della celebrità che per lei avrebbe potuto aprirsi: la giovane balestriera passata nel ruolo di madonna viene contattata da due emissari dei produttori cinematografici Carlo Ponti, noto anche per essere stato il marito di Sophia Loren e Dino De Laurentiis, zio dell’attuale presidente del Napoli Calcio, Aurelio, ma a un futuro di attrice in carriera Annamaria antepone quello di donna di casa.

IL FIGLIO PIERO: “UNA REALTA’ DEI FATTI CARICATA, MA OTTIMA IN CHIAVE GIORNALISTICA”

“Articoli caricati e soltanto una piccola percentuale di quanto scritto corrispondente a verità”. Piero Fiordelli, secondo figlio di Annamaria Ferrandu e Athos Fiordelli, nato dopo Luisanna e prima di Stefano (il più giovane), “smonta” a distanza di anni quanto pubblicato a quei tempi, anche se – ragionando con le logiche di oggi – si rende conto benissimo di quanto scalpore fece la notizia della madre balestriera. E allora, prosegue il commento con il sorriso e con l’atteggiamento di un figlio orgoglioso di aver visto la madre protagonista di una bella storia. “Per lei, la partecipazione al Palio era motivo di divertimento – prosegue il figlio Piero – ma il taglio che giornali e periodici vollero dare fu quello di una donna presa come esempio di emancipazione, quando invece non lo era sotto quel profilo. Così, si sono inventati una vittoria inesistente al Palio e un incredibile ritorno in auto da Gubbio, quando mia mamma non aveva nemmeno la patente”. A ben vedere, la costruzione del personaggio con pochi indizi in mano era un’abitudine giornalistica consolidata anche allora, specie per chi lavorava sul versante del costume e del pettegolezzo. Ed è noto che in casi del genere – come si dice a Sansepolcro – spesso da una virgola si tira fuori un’intera frase. Se questa frase altera la realtà, ma lo fa in una chiave positiva, nessuno si offende. E così è andata per Annamaria Ferrandu, che ovviamente frequentava la Società dei Balestrieri di Sansepolcro per un motivo ben preciso: “Era giovanissima, poco più che adolescente – parla sempre il figlio Piero – quando iniziò ad accompagnare i tiratori, grazie anche a suo zio, Andrea Pasquini, che a Sansepolcro tutti ricordano bene: titolare di una affermata impresa edile, probabilmente la più grande fra quelle presenti in città, era uno che sponsorizzava iniziative del genere, anche perché i balestrieri rimangono comunque un qualcosa di istituzionale nel contesto cittadino e il Palio a quei tempi era più sentito. Mia madre si trovava a suo agio assieme ai balestrieri, anche se penso che mio padre fosse un tantino geloso; sommiamo questo particolare al tourbillon che crearono quegli articoli di giornale e poi è spiegato il perché l’esperienza della mamma fu sostanzialmente fugace, anche se piacevole, almeno per quel poco di cui ho sentito parlare. Di carattere, mia madre era molto dolce, ma allo stesso tempo anche molto decisa e penso che questa particolarità derivasse dalle origini sarde di suo padre. Gente, insomma, che al momento giusto si faceva sentire”. E nel periodo del Palio c’era sempre movimento? Sì, mia nonna vendeva i biglietti e in casa c’era fermento. Vedere una donna tirare con la balestra era tutt’altro che convenzionale: se poi la stampa rincarava la dose… ”. Ma perché rifiutò le proposte di Ponti e De Laurentiis? “Quando le venne inviata la lettera nella quale si leggeva che Carlo Ponti l’aveva scritturata per un provino – ricorda il figlio Piero - lei rispose che non era minimamente interessata, anche se ovviamente rimase compiaciuta del fatto che l’avevano notata non soltanto come balestriera, ma anche come bella donna. Aveva fatto la sua scelta di vita ben precisa, optando per il ruolo della madre di famiglia. Ed è stata in effetti il fulcro della nostra famiglia, considerando il fatto che mio padre era impegnato su più fronti, ma che proprio per questo motivo entrambi avevano un carattere forte. Vista l’impostazione di allora, mia madre era così mentalmente calata nel ruolo di donna di famiglia, fin da ragazza, che il problema nemmeno si pose. Il suo “no” fu pertanto naturale e non sofferto”. La combinazione fra una donna protagonista al Palio della Balestra (evento tipicamente maschile) e l’avvenenza tipicamente femminile di Annamaria Ferrandu furono gli ingredienti ottimali per dar vita a uno straordinario evento mediatico per quell’epoca, che comunque rimase alquanto circoscritto, perché la storica balestriera dedicò anima e corpo alla scopo della sua vita, trasformandosi da figura eccezionale nella più normale delle donne di casa. A precisa domanda (fu un atto di coraggio oppure la voglia di divertirsi a spingerla a tirare con la balestra?), la risposta del figlio Piero imbocca una direzione ben precisa: “Credo che per lei fosse soprattutto una liberazione. Si appassionò a quel mondo e vederla giovanissima con quel sorriso è sempre un qualcosa di piacevole”. Annamaria Ferrandu è morta nel 2013, all’età di 80 anni. Uno fra i ricordi più belli che conserva della madre? “Sarebbero tanti, dal modo che ha avuto di educarci ai tanti principi e valori che ci ha trasmesso, ovviamente insieme al babbo. Certamente, sono particolari i ricordi che si conservano di quando siamo ancora piccoli, ma se c’è una dote che distingueva la mamma questa era l’eleganza che aveva”.                            

PARTIGIANO, SINDACO, INSEGNANTE E CONSIGLIERE REGIONALE: IL PROFILO DEL MARITO ATHOS FIORDELLI

Il marito di Annamaria Ferrandu, Athos Fiordelli, nato il 7 maggio 1925 e morto il 7 marzo 1988, è stato dapprima un partigiano e poi impegnato in politica. Seppure giovanissimo, era stato al comando di uno dei gruppi partigiani operanti nell’Aretino e facenti capo alla 23esima Brigata Garibaldi “Pio Borri”. Per lui, anche una ferita al torace e al braccio sinistro nella sparatoria durante la quale rimase ucciso il partigiano “Cinque”, al secolo Ermete Nannei, che era stato sospettato di tradimento dopo l’eccidio di Villa Santinelli del 27 marzo 1944. Nannei era uno dei sopravvissuti di Villa Santinelli, assieme a Sergio Lazzerini detto “Trentasette”. Terminata la guerra, Athos Fiordelli esercitò la professione di insegnante, anche se interessante fu il suo percorso politico con militanza nelle file del Partito Comunista Italiano: quarto sindaco di Sansepolcro dal dopoguerra, con mandato esercitato nel biennio 1963-64, subito dopo il periodo di commissariamento del Comune con il dottor Francesco Voria; poi, consigliere provinciale ad Arezzo dal 1965 al 1970 e consigliere regionale toscano dal 1972 al 1975, chiamato a sostituire il defunto Avio Betas. Le Regioni, intese come ente, erano state appena istituite nel 1970 e Fiordelli entrò quasi a metà della prima legislatura; fino al 2010, quindi per 38 anni, sarebbe rimasto l’unico esponente di Sansepolcro a sedere sugli scranni fiorentini dell’assemblea regionale. Il secondo fu poi Dario Locci dell’allora Lega Nord, entrato nel 2010 e deceduto nel 2013.          

Eco del Tevere
© Riproduzione riservata
18/10/2018 17:14:38


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