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Rianimazione: insegnarla anche a chi non è medico significa salvare il doppio delle persone

L’improvviso stop all’attività cardiopolmonare è causa di 60mila decessi ogni anno in Italia

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Saper usare il defibrillatore è il primo passo che ognuno di noi può compiere per intervenire in maniera risolutiva, se nelle vicinanze una persona dovesse subire un arresto cardiaco. L’improvviso stop all’attività del cuore è causa di sessantamila decessi ogni anno in Italia: all’incirca uno su sette, rispetto al dato europeo (quattrocentomila morti).  

Molti di questi potrebbero essere evitati, come dimostrano i dati relativi all’intervento tempestivo con un defibrillatore, nell’attesa dell’arrivo dei soccorsi. Ma se da una parte il loro utilizzo è sempre più semplice, dall’altra in Italia c’è una legge che consente l’uso del defibrillatore anche al personale sanitario non medico, ma soltanto a fronte di un’adeguata formazione specifica nelle attività di rianimazione cardiopolmonare. Dunque occorre essere adeguatamente formati, per ritrovarsi nelle condizioni di poter salvare una vita. 

Il defibrillatore può salvare la vita  

È su questo punto che insiste l’«Italian Resuscitation Council» (https://www.ircouncil.it/) nel corso di «Viva! La settimana della rianimazione cardiopolmonare», in programma dal 15 al 21 ottobre, con incontri e dimostrazioni pratiche in tutta Italia .  

Oggi, nel nostro Paese, soltanto nel 15 per cento dei casi (a fronte di percentuali intorno al 50 per cento nei Paesi scandinavi) viene eseguita una rianimazione prima dell’arrivo dei soccorsi. Ma se chi si ritrova nei paraggi di una persona colpita da un arresto cardiaco iniziasse la rianimazione cardiopolmonare prima dell’arrivo dell’ambulanza, è il messaggio che porteranno in giro gli esperti, le possibilità di sopravvivenza aumenterebbero di 2-3 volte.  

Percentuali che, tradotte in numeri, determinerebbero una riduzione di 12-15mila decessi, soltanto nel nostro Paese. «L’uso del defibrillatore prima dell’arrivo dei soccorsi svolge un ruolo chiave nel migliorare la sopravvivenza delle persone colpite da un arresto cardiaco al di fuori di un ospedale», afferma Enrico Baldi, presidente dell’associazione «Pavia nel Cuore», che svolge regolarmente corsi (gratuiti) per insegnare alla cittadinanza a utilizzare correttamente un defibrillatore automatico esterno: oggi obbligatorio nelle sedi delle società sportive amatoriali.  

Il training è fondamentale, dal momento che la legge 120 del 2001 parla chiaro: per poter utilizzare un defibrillatore se non si è medici, occorre l’autorizzazione rilasciata dal 118, previo un corso di formazione in rianimazione cardiopolmonare effettuato da un’agenzia accreditata in Regione. Eppure, come dimostrato in uno studio presentato nel corso dell’ultimo congresso sulle terapie acute cardiovascolari, organizzato dalla Società Europea di Cardiologia, anche l’utilizzo da parte di una persona non adeguatamente formata è in grado di fare la differenza

L’importanza della formazione (fin dai banchi di scuola)  

In ragione dell’obbligo sopracitato, negli ultimi anni è cresciuta l’attività di formazione a partire dalle scuole. «Se facciamo capire ai ragazzi che possono salvare una vita grazie a pochi semplici gesti, avremo degli ambasciatori delle manovre di rianimazione nelle loro famiglie - afferma Francesco Bovenzi, direttore dell’unità operativa di cardiologia ed emodinamica all’Ospedale San Luca di Lucca e Santa Croce di Castelnuovo di Garfagnana -. Questo non può che aumentare il numero di chi sa come affrontare un attacco cardiaco e contribuendo alla riduzione del numero delle vittime». A dimostrazione dell’efficacia di un intervento formativo sui più giovani, ci sono anche i dati pubblicati sulla rivista «Internal and Emergency Medicine» e relativi al progetto «ScuolaSalvaVita»: condotto a Pavia, è stato il primo con cui sono stati formati gli alunni delle scuole secondarie di secondo grado di un’intera provincia, potendo contare sul contributo degli insegnanti (a loro volta precedentemente formati).  

A distanza di tre e sei mesi dal corso, nove ragazzi su dieci ricordavano la teoria della rianimazione cardiopolmonare. Anche l’esito della verifica pratica è stato soddisfacente. «I risultati del test sul manichino hanno dimostrato come i ragazzi, dopo diversi mesi dalla formazione di un’ora fornita dai loro insegnanti nell’ambito del progetto, sappiano eseguire un massaggio cardiaco sovrapponibile a quello degli adulti che hanno frequentato un corso tradizionale di cinque ore», afferma Enrico Contri, responsabile della formazione della onlus «Pavia nel Cuore». «I ragazzi vanno formati nelle manovre salvavita fin dalla scuola, vista anche la maggiore capacità di apprendimento rispetto agli adulti». 

Articolo e foto tratta dal quotidiano La Stampa - Twitter @fabioditodaro  

La Stampa
© Riproduzione riservata
12/10/2018 11:22:07


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