Opinionisti Claudio Cherubini

Quando San Puccio era San Puzzo

Storie di Sansepolcro

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Agli inizi del Novecento precarie ed inadeguate dal punto di vista igienico-sanitario erano le sistemazioni abitative nei centri urbani. Anche a Sansepolcro, dove maggiore era la concentrazione degli operai e dei braccianti, i quattro quinti dei cittadini che abitavano dentro le mura vivevano in «fabbricati meschini, sudici e bassi», soprattutto nei quartieri di Porta Romana, San Puccio e Santa Caterina, così descritti nel periodico dei socialisti nel 1905: «La casa tipica dell’operaio e del bracciante di Sansepolcro è composta d’una stalla ad uso di fabbrica di concime naturale e fumante, con una cucina ed una camera ed un solaio per depositi di fieno. La stalla diffonde infezioni d’ogni genere ed il fienile è permanente minaccia d’incendio. L’acqua potabile, la latrina e ogni altra comodità di abitazione decente, mancano del tutto; le scale sono spesso di legno, i tetti pericolanti senza docce, i pavimenti consunti e sconnessi, le finestre meschine e rotte, con le porte da capanne abissine con gli intonachi cadenti mantengono l’eterno aspetto di miseria e di sporcizia garantito di fuori e di dentro dai regolamenti municipali di edilizia e d’igiene». La situazione peggiore era quella rilevata in via San Puccio, «che meglio sarebbe designata con il nome di San Puzzo», dove gli scarichi avvenivano lungo la strada, dove nei fondi delle abitazioni si produceva concime e lo si innaffiava, mantenendolo maturo, per attrarre gli acquirenti e dove mancava l’aereazione perché la strada era chiusa a nord dalle mura cittadine.

Nonostante ciò ormai da qualche anno si stavano costruendo chiaviche, si stavano erigendo vespasiani per evitare deiezioni direttamente sui muri delle case, si stavano bonificando gli ambienti delle abitazioni impregnate dall’umidità proveniente dalle pubbliche strade e anche l’amministrazione pubblica emetteva ordinanze per migliorare le condizioni igienico-sanitarie del Borgo. Le osservazioni di un gruppo di cittadini ad uno di questi provvedimenti, ci dà l’immagine di un Borgo che un secolo più tardi facciamo difficoltà ad immaginare: «Illmo Sig.re Sindaco, e illmi Sig.ri componenti la Giunta Comunale di Sansepolcro. In seguito ad ordine emanato da cotesta Autorità Comunale è vietato, pena una contravvenzione, di attraversare con carri di stabbio la via maestra, ora XX Settembre. Noi non intendiamo di criticare i provvedimenti presi dalla Autorità Municipale, ma domandiamo soltanto: impedita al transito la via maestra per quale altra strada noi dobbiamo passare coi nostri carri pieni di stabbio allorquando veniamo a vuotare le stalle situate entro la città? E’ certo che all’infuori della via maestra nessun’altra, per la pessima manutenzione, si presta al transito di veicoli pesanti come i nostri carri, tirati da bestie vaccine alle quali riesce difficile e pericoloso il camminare per vie mal selciate e strette. Quindi facciamo rispettosa domanda alle S.S.L.L. affinché ci venga nuovamente permesso il transito per la via maestra con i nostri carri; e siccome anche a noi abitanti della campagna preme la igiene della città, domandiamo che questo permesso sia limitato alle prime ore del mattino Nella speranza che questa nostra domanda venga benignamente accolta dalle S.S.L.L. con tutta stima ci sottoscriviamo. Sansepolcro 10 Gennaio 1904».

Seguono 62 firme e poi in fondo si annota «N.B. Per mancanza di spazio si omettono le firme di moltissimi altri aderenti». Sempre come annotazione sullo stesso documento, è scritta la soluzione del problema che accoglie la richiesta «purché in carri chiusi».

Claudio Cherubini
© Riproduzione riservata
07/03/2018 12:42:07

Claudio Cherubini

Imprenditore e storico locale dell’economia del XIX e XX secolo - Fin dal 1978 collabora con vari periodici locali. Ha tenuto diverse conferenze su temi di storia locale e lezioni all’Università dell’Età Libera di Sansepolcro. Ha pubblicato due libri: nel 2003 “Terra d’imprenditori. Appunti di storia economica della Valtiberina toscana preindustriale” e nel 2016 “Una storia in disparte. Il lavoro delle donne e la prima industrializzazione a Sansepolcro e in Valtiberina toscana (1861-1940)”. Nel 2017 ha curato la mostra e il catalogo “190 anni di Buitoni. 1827-2017” e ha organizzato un ciclo di conferenza con i più autorevoli studiosi universitari della Buitoni di cui ha curato gli atti che sono usciti nel 2021 con il titolo “Il pastificio Buitoni. Sviluppo e declino di un’industria italiana (1827-2017)”. Ha pubblicato oltre cinquanta saggi storici in opere collettive come “Arezzo e la Toscana nel Regno d’Italia (1861-1946)” nel 2011, “La Nostra Storia. Lezioni sulla Storia di Sansepolcro. Età Moderna e Contemporanea” nel 2012, “Ritratti di donne aretine” nel 2015, “190 anni di Buitoni. 1827-2017” nel 2017, “Appunti per la storia della Valcerfone. Vol. II” nel 2017 e in riviste scientifiche come «Pagine Altotiberine», quadrimestrale dell'Associazione storica dell'Alta Valle del Tevere, su «Notizie di Storia», periodico della Società Storica Aretina, su «Annali aretini», rivista della Fraternita del Laici di Arezzo, su «Rassegna Storica Toscana», organo della Società toscana per la storia del Risorgimento, su «Proposte e Ricerche. Economia e società nella storia dell’Italia centrale», rivista delle Università Politecnica delle Marche (Ancona), Università degli Studi di Camerino, Università degli Studi “G. d’Annunzio” (Chieti-Pescara), Università degli Studi di Macerata, Università degli Studi di Perugia, Università degli Studi della Repubblica di San Marino.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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