Opinionisti Giorgio Ciofini

I camini di Maccagnolo...

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Maccagnolo, per me, è 'n luogo fuori del tempo, che ha qualcosa di mistico. Non per niente qui passò la notte anche San Francesco nel suo peregrinare da Assisi alla Verna, nel convento dei suoi fraticelli, che era poco più d'una capanna. Basterebbe questo episodio a farne un luogo speciale. Per secoli è stato l'ultima propaggine d'Arezzo verso la Val di Chiana, il primo asilo che il viandante incontrava arrivando in città da sud, dalla Cassia Vetus. Poco più in là, verso il monastero di Torrita c'era il Lazzaretto, un lungo edificio a due piani, che giace dimenticato lungo via Romana. Per me, se Manzoni invece che 'n Arno fosse venuto a risciacquare i panni nel Vingone, anche Renzo e Lucia sarebbero nati qui e la strada di Maccagnolo 'n do' non passa mai nessuno, sarebbe stata l'ideale per le passeggiate serali di don Abbondio e per i bravi. In cima al colle c'è anche il castello dell'Innominato, che una volta era del Caldelli, uno ch'ha fatto la fine di don Rodrigo. Maccagnolo è la più bassa tra le colline d'Arezzo e anche la meno ricca della storia che si fa ne l'archivi. Del resto è poco più d'un dosso, che se lo prendi in machina un po' veloce, il cuore sale in gola. Ma questo non è possibile, perché ci si va solo a piedi. Il Pionta, a un tiro di schioppo, lo guarda dall'alto com'un babbo, che si prende cura d'una citto troppo vivace e non cessa 'n istante di tenerlo d'occhio. Nel periodo dell'inurbamento dalla campagna e del boom edilizio, nei primi anni sessanta, Maccagnolo è stato l'ultimo baluardo della civiltà contadina. Quelle casine dai camini alti quanto loro, tutte apiccicate in cima al dosso com'a volersi sostenere l'una con l'altra, resistettero all'assalto delle ruspe. Ma com'avranno fatto, dico io? Fu inghiottito dal cemento dell'asilo nido invece, il campino in discesa sotto l'abitato dove ho passato mezza gioventù, coi fratelli Fabbroni, i Trojanis, Luciano del Gelli, Roberto del Borri, il Bichi, il Cini, i fratelli Fabbroni, il Pancini detto Pancho Villa e il "Lupino" Squarcialupi che, con l'Arezzo di Meucci, ebbe l'onore di portare per la prima volta il glorioso Cavallino in serie B. E qui mi fermo, sennò non mi basta le pagine. Quel campino ha rallevato a pane e calcio tutt'i ragazzi della mia generazione nati tra via del Trionfo, via Montanara, via Curtatone e le case dei Ferrovieri. In quel triangolo d'asfalto fu fatto il Risorgimento prima della scoperta dell'America, quando si pensava che la terra era piatta Via Cristoforo Colombo e Vasco de Gama non c'erano neanche, figurarsi via Kennedy. Arezzo ancora doveva scoprire le Indie e sognava il futuro a'occhi aperti. Oggi Maccagnolo è l'isola che non c'è di De Gregori, la nostra Fortezza da basso sempre sotto assedio, la nostra Manhattan col ponte sul Vingone al posto di quello di Brooklyn.  Una volta fu il boom edilizio. Ora è la crisi che porta qui cinesi e magrebini, russi e tibetani, romeni e brasiliane, indiani e bantu, ma per me è rimasta l'ultima tule dell'aretinità. Se t'afacci dalla piccionaia del castello dell'Innominato vedi ai tuoi piedi la nuova torre di Babele, col residenziale del Ducci che spicca alto sulla moschea del Luzi e San Donato al dancing a ballare co'le matriosche russe, tra le scatoline cinesi dell'edilizia popolare e la foresta vergine rigogliosa lungo il Vingone, ch'è il nostro Rio delle Amazzoni. Certe sere ch'ha piovuto e l'aria è chiara in lontananza, di là dal Tortaia, s'avvistano anche Sodoma e Gomorra. Ma basta scendere dalla piccionaia del Mancini per aterrare a casa mia, quella di quando ero citto, nell'isola che non c'è. Se ci passi d'inverno, da Maccagnolo, i suoi camini alti come le casine fumano antiche storie, che il vento s'è portato chissandò e un buon profumo di legna arsa t'entra dal naso e va dritto al cuore.

Redazione
© Riproduzione riservata
15/10/2017 12:52:19

Giorgio Ciofini

Giorgio Ciofini è un giornalista laureato in lettere e filosofia, ha collaborato con Teletruria, la Nazione e il Corriere di Arezzo, è stato direttore della Biblioteca e del Museo dell'Accademia Etrusca di Cortona e della Biblioteca Città di Arezzo. E' stato direttore responsabile di varie riviste con carattere culturale, politico e sportivo. Ha pubblicato il Can da l'Agli, il Can di Betto e il Can de’ Svizzeri, in collaborazione con Vittorio Beoni, la Nostra Giostra e il Palio dell'Assunto.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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