Quando i "social" generano follia...
I "social" ultima conquista del progresso, sinonimo di libertà e democrazia universale e la preoccupante dilagante moda dei "selfies" estremi. Centinaia di adolescenti di tutto il mondo si fanno fotografare in posti impensabili, pericolosi, sfidando la morte a caccia di un "like" virtuale sui propri profili. Video fatti sulle rotaie un attimo prima che passi il treno, baci in cima ad una gru sospesa nel vuoto, foto immortalate sui cornicioni a 200 metri di altezza. I cosiddetti "Estreme selfies" sono un reale mondo di follia. Diciotto le persone decedute nei primi quattro mesi di quest'anno a seguito di autoscatti estremi. Ma cosa spinge ragazzi comuni a farlo? Forse la noia, la spavalderia della giovinezza? la ricerca della celebrità anche se solo per un momento, l'inconsapevolezza di ciò che si fa? la sfida con se stessi? Oppure cos'altro? I social sono i principali responsabili di tutto questo. Sono loro a spingere i ragazzi a cercare la celebrità virtuale, l'essere famosi per il tempo di un click. Imprese impossibili solo per essere al centro dell'attenzione. Ma la caccia disperata di un like diventa spesso il loro ultimo gesto. A ciò si associa il pericolo dell'emulazione. Gesti che diventano un esempio (cattivo) da emulare, da seguire. E' ancora Possibile evitarlo? Parlare di più con i ragazzi, riportare il dialogo nelle case, nelle scuole. Partecipazione e non alienazione. Una stretta di mano o un abbraccio invece che un freddo "like". Condividiamo emozioni vis-a-vis e non solo dietro uno schermo muto. Un piccolo passo indietro (ma in avanti) in un mondo dove non si parla più ma si condivide invece tutto delle nostre quotidianità nel confuso universo dei "social" dove invece si trova spesso solo solitudine e vuoto di valori.
Monia Mariani
Appassionata di scrittura e narrativa e, da sempre, interessata a tematiche sociali. Ha finora pubblicato tre romanzi biografici. Il Maestro (2008), ispirato alla vita del biturgense Gino Tarducci, La Leggenda di Zillone (2010) autobiografia dell’ex pugile professionista Pietro Besi, e La Tortuga (2013) ispirato alla vita del fiorentino Giacomo Papini, cercatore di diamanti in Venezuela. Sta lavorando ad altre storie da raccontare.
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